“Con l’Appennino tutto il territorio si assicura una leva innovativa e determinante per lo sviluppo; senza l’Appennino tutto il territorio si assicura un problema naturale e sociale che rende insostenibile lo sviluppo regionale”.
Le 12 organizzazioni imprenditoriali reggiane componenti il TAI (Tavolo delle Associazioni d’Impresa) non hanno dubbi sui problemi, sulle opportunità, sul futuro dell’Appennino e si danno un obiettivo comune: lavorare per favorire nuovo sviluppo nella montagna reggiana.
In un documento sottoscritto da Assindustria, Api, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato Federimpresa, Confartigianato Reggio Imprese, Cna, Cia, Confagricoltura, Coldiretti, Confcooperative e Legacoop, se da una parte emerge forte preoccupazione per un territorio in cui la crisi attuale giunge in una fase già difficile per la perdurante asfissia dell’agricoltura, per le difficoltà del turismo, del commercio, dell’artigianato manifatturiero e di servizio, dell’industria ceramica, dall’altra si evidenzia la comune volontà delle associazioni d’impresa di lavorare per una serie di obiettivi specifici e per un grande obiettivo generale, ovvero la creazione di uno statuto speciale per l’Appennino.
“Al pari di quanto avviene per altre aree che presentano caratteristiche del tutto peculiari e una forte identità legata ad ambiente, cultura, tradizioni, storia e sviluppo economico – sottolinea il portavoce del TAI, Giovanni Teneggi – c’è innanzitutto bisogno di una forte affermazione di principio, ovvero del riconoscimento che la salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane riveste carattere di preminente interesse provinciale, regionale e nazionale, perché da qui possono discendere azioni che abbiamo individuato nella permanenza di servizi essenziali (la scuola, l’assistenza sociosanitaria, ad esempio), in misure di compensazione fiscali, di riduzione del costo del lavoro, di sostegno alle attività agricole, artigianali e manifatturiere, di decentramento proprio in montagna di attività e servizi per le quali non è vincolante la permanenza in area metropolitana, di investimenti per la manutenzione del territorio”.
E dalla rivendicazione di uno statuto speciale, le associazioni del TAI passano poi all’individuazione di 10 “punti caldi” sui quali si gioca il futuro dell’Appennino reggiano.
“Il dettaglio delle azioni richieste alle amministrazioni locali – spiega Teneggi - sarà presentato agli amministratori che usciranno dalle ormai imminenti consultazioni elettorali, ma lo sforzo delle associazioni imprenditoriali reggiane non si è orientato alla ormai sin troppo abitudinaria elencazione di problemi: per ciascun titolo, infatti, vi sono indicazioni e proposte specifiche, idee e progetti realizzabili e, alcuni di questi, segnati da un carattere d’emergenza”.
Vale questo discorso, ad esempio, per il tema della connettività e delle comunicazioni (banda larga, telefonia mobile, ecc.), “perché se non si interviene immediatamente – come è scritto nel documento del TAI – qualsiasi investimento rischia di essere obsoleto in partenza e quindi reso inutile dalla velocità di questo settore chiave per le imprese, le famiglie e i giovani”.
Analogo discorso vale per l’incentivazione dell’attrezzatura di aree artigianali e industriali sulle quali concentrare investimenti per creare presidi a più forte capacità occupazionale, per il marketing e la promozione del territorio, per la difesa del sistema agroalimentare, per i rapporti tra piccole e medie e imprese e mondo del credito, per i freni da porre alla concorrenza sleale e la valorizzazione delle imprese locali nel campo dei lavori pubblici, per il varo di uno specifico piano energetico per il territorio montano.
Temi ai quali si affiancano altre questioni attinenti la formazione, il Piano delle acque, il controllo della fauna selvatica, la manutenzione del territorio e, non ultima, la grande questione della viabilità e delle infrastrutture.
“Oggi – sottolineano gli esponenti del TAI – ogni indugio venuto sia dal Governo e dalla Regione in tema di fiscalità e investimenti, rischia di compromettere non solo lo sviluppo montano, ma, con esso, quello di tutto il territorio provinciale: da qui un’assunzione comune di responsabilità da parte delle associazioni imprenditoriali reggiane, convinte non semplicemente della necessità di un riequilibrio di opportunità tra montagna e resto del territorio, ma del bisogno di nuovi investimenti in aree che presentano possibilità peculiari di crescita che possono favorire anche un incremento della popolazione in un territorio vastissimo, all’interno del quale risiede però solo il 10% della popolazione reggiana”.
Con tutto il rispetto, quando si leggono questi articoli, ove compaiono fior fiori di nomi di associazioni varie che si propongono di fare chissà cosa viene un po’ da ridere e si pensa sempre “è la solita aria fritta”!!! Poi “noi”, la gente comune, facciamo ormai fatica ad arrivare a Reggio perchè la statale fra un po’ crolla!!! Se partissimo dall’inizio… come facevano i romani a questo punto… e costruissimo strade e collegamenti???????
(Commento firmato)
Fora di Cavola
Come mai l’area di Fora di Cavola non è mai diventata un vero polo produttivo come lo è ad esempio l’area industriale e artigianale di Sant’Antonio a Pavullo nel Frignano sull’Appennino modenese?
(Massimo Romei)