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Gatta-Pianello / Piero Ferrari: “Parco nazionale, scegli che fare di fronte all’innalzamento del fiume”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Dopo dieci settimane dalla sua chiusura, nonostante le notizie di esposti e il blocco dei lavori, riapre la strada Gatta-Pianello, e questa è una buona notizia.

È positiva, anche se non vi è niente di nuovo, la proposta del Parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano di un protocollo operativo fra tutti gli enti interessati per definire criteri e procedure per la tutela di detto tratto di strada.

Ciò mi fa particolarmente piacere perché, già nell'anno 2007, a seguito di verifiche fatte in loco che evidenziavano un innalzamento dell'alveo del fiume, come Amministrazione comunale di Villa Minozzo con sindaco Fiocchi, ponemmo con forza la necessità, attraverso un coinvolgimento di tutti gli enti interessati, di avviare una manutenzione programmata in quel tratto di fiume.

La cosa allora non fu presa in considerazione, così come le nostre preoccupazioni per la tenuta della strada; e sappiamo tutti cosa poi è successo.

Sono però sconcertato dalle metodologie operative che il Parco propone: niente prelievo di inerti, solo spostamenti in loco e secondo un ipotetico "modello flessibile a minimo impatto".

Personalmente penso che a seguito dell'innalzamento dell'alveo del fiume di circa un metro, le strade possibili per porre in sicurezza la strada Gatta-Pianello sono solo due: o si sopralza di una quota equivalente la strada e le relative difese spondali o si ripristina alla quota preesistente l'alveo del fiume asportando la ghiaia in eccesso.

Mentre la prima ipotesi comporterebbe notevoli costi economici che difficilmente sarebbero sostenibili dagli enti interessati, la seconda ritengo consentirebbe di affrontare in modo adeguato quanto emerso in questi mesi senza alcun onere per gli enti e con benefici economici e ambientali per la nostra montagna che di seguito elenco:
1. una manutenzione programmata, con rimozione controllata di ghiaia, oltre al ripristino del franco progettuale, consentirebbe un introito di risorse utilizzabile nel tempo per una adeguata manutenzione della strada, per migliorarne le difese spondali e per interventi ambientali nella zona;
2. questi interventi consentirebbero di dare lavoro a imprese locali con riscontri positivi sull'economia della nostra montagna;
3. si ridurrebbe drasticamente il traffico di camion che vanno e vengono dalla nostra montagna fino alle cave della pianura con sicuri benefici ambientali;
4. per eseguire questi lavori si eviterebbe di utilizzare risorse provenienti dai bilanci degli enti locali, di fatto soldi nostri.

Le ipotesi metodologie proposte dal parco, oltre che rischiose per la tenuta della strada, mi sembrano fatte senza porsi alcuni dei temi sopra citati ma volte solo a ricercare di non scontentare nessuno, per cui occorre tenere aperta la strada per far contenti i residenti, ma nel contempo non bisogna scavare, ma solo movimentare la ghiaia, per non scontentare gli ambientalisti.

Personalmente penso che il Parco, pur ricercando le giuste mediazioni, debba scegliere; non sempre si può avere sia l'uovo che la gallina, specie se a pagare in modo salato le scelte che esso farà saranno i cittadini con le proprie tasche.

(Piero Ferrari)