Si vive alla giornata.
“Esiste un grande progetto di vita per la montagna da parte di Regione, Provincia, Comunità montana, comuni? Un sogno per cui vivere in montagna? In giornate di studio promosse da enti vari è stato proclamato il progresso e il successo della montagna. Si assommano i numeri di Canossa, Casina, Viano… fino a Castelnovo. Il crinale è la montagna povera che muore”.
Già diverse volte il bollettino parrocchiale della zona che comprende i comuni di Busana, Collagna, Ligonchio e Ramiseto Oltre la Sparavalle è intervenuto su questo tema. Accade anche nell’ultimo numero, appena distribuito. Il passo riportato è uno dei più significativi.
“Si persiste nell’equivoco”, prosegue la nota firmata d.P.L., “Ormai è stata cancellata la possibilità della fondovalle Secchia. I nostri sindaci hanno firmato. Mi dispiace e non credo di essere il solo. Sulla statale 63 si è fatta la scelta di interventi a toppe e rammendi, cominciando da Reggio città. Ultimamente, in un inverno che ci ha regalato il terremoto e tante frane, è uscito il grido di salvezza: il traforo del Cerreto! E’ cosa seria, è fattibile? O è per raccogliere voti?”.
Altri punti critici toccati dall’organo delle parrocchie del nostro alto Appennino sono la crisi economica, il rapporto animali-uomo, il Parco nazionale.
“La crisi economica quali conseguenze porterà alla nostra montagna? Non so dirlo, né immaginarlo. Quello che è certo è che anche attraverso le banche della montagna si è tentato il guadagno facile con le borse. Può darsi che avvenga una diminuzione del capitale che mostrerà conseguenze concrete”.
“La convivenza tra animali e uomo sta diventando sempre più difficile: caprioli, cinghiali, cervi, lupi… zecche e incidenti stradali. Gli animali si stanno moltiplicando, impadronendosi del territorio. I boschi non si rigenerano, le attività agricole sono danneggiate, in diminuzione il numero delle persone che percorrono i sentieri della montagna… “.
“Da tre anni il Parco nazionale vive con la sua organizzazione al completo. Se ne sa e se ne parla poco. Ha prodotto e produce qualcosa per la vita della montagna?”.
Montagna che muore, si affermava. Ecco che l’estensore fa qualche calcolo (dato che “i numeri in politica contano”): “Solitamente si calcola la popolazione del crinale sui 4500 abitanti. Il 20% (900) non passa più di un mese sul territorio, nel periodo estivo. La popolazione effettiva è circa 3600. Il 40% è di pensionati (720), il 10% di bambini e studenti (360). La popolazione attiva nei quattro comuni (Busana, Collagna, Ligonchio e Ramiseto) potrà essere di 1800 persone”.
Da cui se ne trae questa riflessione: “Politicamente siamo poveri, i numeri in politica contano. Anche uniti in un blocco unico non riusciremmo ad eleggere neppure il sindaco di Castelnovo ne’ Monti. Anche i nostri sindaci sono deboli, costretti ad elemosinare bussando di ufficio in ufficio, chiedendo a persone, considerate amiche, e garantendo loro appoggio politico. In questi giorni i nostri sindaci si stanno presentando alla popolazione, spesso distratta e pigra, per dare relazione di ciò che hanno realizzato e ciò che pretendono realizzare. Sono un numero grande di interventi: piazze, strade, cimiteri, scuole, assistenza domiciliare, sostegno alle associazioni… Qualche battibecco con le opposizioni. Si ha l’impressione che siano spesso litigi tra poveri. Tante piccole cose, belle, importanti. Si vive alla giornata”.
* * *
Una risposta dal Presidente del Parco nazionale Fausto Giovanelli
Si fa una valutazione costi benefici delle sue [del Parco] attività. Sarebbe molto opportuno che si procedesse a farla in modo rigoroso discusso e partecipato.
Possiamo iniziare?
A) In termini di PIL locale: col Parco è arrivato sul territorio un supplemento di risorse. I 10 milioni spesi dal Parco a partire dal 2002. Per lo più si sono finanziate opere e progetti degli enti locali. A volte neppure le imprese appaltatrici (es. Fonti di Poiano) sono state informate che era il Parco la fonte dei finanziamenti delle opere. Dunque la spesa locale è aumentata senza che sia aumentata di 1 euro la pressione fiscale locale.
B) In termini di occupazione diretta o stabile, il Parco ha portato solo alcune unità di lavoro in più. In termini di lavoro indiretto e indotto, però, queste unità possono valutarsi in alcune decine. Non è molto, ma mentre l’occupazione nell’industria e nell’agricoltura si contraggono è un chiaro segno positivo.
C) In termini di generazione d’imprese il Parco (per il solo fatto di esistere) ha stimolato la scelta di investire in bed & breakfast, agriturismo e strutture ricettive, piccole produzioni tipiche e nuove forme di commercializzazione di prodotti tipici.
D) In termini culturali: il Parco ha portato un recupero di orgoglio e autostima del territorio e una forte spinta all’innovazione rispetto modelli di imprese ormai obsolete o al tramonto. Ciò è avvenuto in forme di conflitto di idee. Un conflitto utile e vitale, in un territorio che rischia lo spegnimento. Le identità e le tradizioni agro-silvo-pastorali del territorio (al tramonto di per sè e non per l’avvento del Parco) sono chiamate a ridefinirsi e reinterpretarsi aprendosi al turismo e ai valori di una moderna ruralità. Le attività turistiche tradizionali, anch’esse in via di obsolescenza, hanno ricevuto lo stimolo ad arricchire e innovare l’offerta. NeveNatura e Autunno d’Appennino per esempio sono nuovi prodotti turistici già in campo.
E) In termini territoriali: col Parco nazionale, l’Appennino ha recuperato la sua fisicità intera il ruolo di spina dorsale capace di connettere i due versanti emiliano e toscano, prima vissuti come periferie delle rispettive pianure o coste. Inoltre il progetto di area vasta ha aperto a nuove alleanze tra territori e nuove unità economiche e di mercato, col mare, la Lunigiana, la Versilia, superando un’anacronistica chiusura dentro i singoli versanti.
Su tutto ciò non vi possono essere molti dubbi. Così come molti dubbi non vi possono essere sul fatto che i tanto paventati nuovi vincoli in realtà non si sono visti. Vincolismo e burocrazia sono mali equamente diffusi in montagna dentro e fuori il Parco. E a torto il Parco viene individuato come emblema di un vincolismo (es. regole per il taglio del bosco) che a volte pre-esisteva da tempo e comunque.
C’è un punto caldo di discussione e contrasto politico e culturale che riguarda invece la manutenzione del territorio. C’era e c’è un’attesa più che legittima e giustificata che il Parco nazionale integrasse o addirittura sostituisse quelle agenzie pubbliche, Regione, Comunità montana, consorzi di bonifica , Autorità di Bacino ecc., che, svolgendo lavori di manutenzione idraulico forestale sul territorio, costituiva di fatto una fonte di commesse, di reddito e di sopravvivenza per piccole imprese locali del settore. Questa attesa non poteva essere soddisfatta.
La scelta, netta e prioritaria, è stata quella di fare del Parco un’agenzia di innovazione culturale, marketing territoriale, ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e forme imprenditoriali basate sul valore della natura del paesaggio e del patrimonio culturale umano dell’Appennino, residenti e non.
Aveva alternative questa scelta? Poteva quanto meno essere accompagnata da altre eguali priorità come la manutenzione fisica del territorio? No, non poteva esserlo.
Lo dicono la ripartizione delle competenze e la ripartizione delle risorse prevista dalle leggi e dagli ordinamenti.
Lo dicono i numeri del bilancio. Il Parco muove 2-3 milioni di euro l’anno, per una efficacia e una visibilità minima, i costi della manutenzione ordinaria e straordinaria di boschi, carraie, sentieri, strade, torrenti, briglie sui comuni del Parco sono stimabili sui 200–300 milioni di euro l’anno.
I fondi nazionali destinati per queste attività (per es. difesa del suolo) sono 1000 volte superiori a quelli destinati ai parchi ed affluiscono ad autorità di bacino, regione, provincia, comuni e non passano attraverso il bilancio dei Parchi.
I 2–3 milioni di euro all’anno del bilancio consentono di mettere e tenere in piedi l’Ente e svolgere la sua più specifica missione, questa sì insostituibile, di tutela da un lato e di ricerca e di sviluppo di una nuova valorizzazione territoriale dall’altro.
Sono funzioni, dal punto di vista dei costi, molto inferiori agli interventi strutturali. Ma sono altrettanto preziose per il futuro. Specie nei momenti di crisi che richiedono di rinnovare modelli di vita e accrescere la competitività. Tre milioni di euro spesi per la manutenzione, ripartita su 16 comuni, neppure si vedono. Un Parco nazionale vivo vale di più di 2 milioni di lavori pubblici che sono l’equivalente di un nuovo edificio o di due chilometri di strada ogni anno. Un territorio che invecchia ha bisogno diretto di attenzione cura e assistenza, ma muore comunque se non c’è attività di innovazione, rigenerazione e creazione di futuro. Progetti come l’Atelier dell’acqua e dell’energia a Ligonchio, un luogo e un’area di osservazione della fauna e della natura al Parco Flora a Cervarezza, un luogo per turismo sportivo di gruppo nelle quattro stagioni nell’ex vivaio di Febbio sono progetti innovativi già finanziati che prendono avvio in questo 2009. Il fatto che Succiso d’inverno sia diventato in soli due anni un luogo turistico frequentato e pieno di giovani è un segno molto forte che il Parco nazionale ha lasciato sul territorio.
Fusione
Credo che davvero ormai lo spazio di intervento per i piccoli comuni del crinale sia troppo limitato: a questo punto varrebbe davvero la pena di pensare seriamente alla “fusione” tra alcuni di questi comuni per una migliore gestione delle risposte da dare ai residenti.
(Commento firmato)
Bisogna tornare alle prediche sociali!!!
Cosa impedisce a d.P.L. l’apertura di una fase di prediche sociali sui temi della nostra montagna, sulle sue criticità, sulla mancanza di futuro, sulla centralità dell’uomo nella vita sociale? La Chiesa del crinale riprenda questi temi e ne faccia ragione di confronto domenicale. Non sempre si è obbligati a sentire che i problemi del terzo mondo sono gli unici del pianeta. Ad ognuno la sua parte. In qualita di amministratore non ho mai dimenticato, e gli atti del Consiglio comunale di Busana lo dimostrano, quanto sia importante risolvere le vere criticità della nostra montagna.
(Marino Friggeri, Udc Comunità montana)
Oramai nessuna speranza
Non solo nessuna speranza per la fondovalle Secchia, ma anche per la 63 siamo sicuri? Non sentite un silenzio assordante? In autunno si parlava di picchetti imminenti al Ponte Rosso: non li vedo. E la Bocco-Canala? I tratti tra Felina e Ca’ del Merlo? La bretella di Rivalta? Onestamente sperare oramai è impossibile e quindi anche per i pochi valorosi che ancora vivono in montagna e viaggiano per lavoro la vita è dura. C’è stata una esplicita volontà di ridurre la montagna così. Grande amarezza.
(Massimo Romei)
Ottima salute per il crinale
Da vari pulpiti escono ormai quotidianamente le solite valutazioni di crisi, abbandono, stato di coma del crinale, ma prontamente gli addetti ai lavori smentiscono, anzi evidenziano quanto hanno fatto e quanto stanno facendo per il crinale. Propongono la solita ricetta che ha contribuito a portare il crinale alla situazione di oggi. Sarebbe troppo o è soltanto una mia fantasia sentire almeno qualche amministratore o responsabile di ente pubblico che umilmente ha il coraggio di dire “stiamo cercando in tutti i modi di sviluppare e valorizzare… ma accettiamo consigli, pareri, siamo disposti a rivedere i nostri piani e le nostre certezze… “. Se le azioni A), B), C), D) hanno contribuito ad ottenere i risultati evidenziati sul bollettino @COltre la Sparavalle#C forse è il caso di riflettere.
(Fabio Leoncelli)
Vi racconto qual è il mio sogno…
Io sogno un Appennino coltivato, là dove sia possibile, così da avere anche un maggiore controllo sul territorio.
Sogno allevamenti di mucche e pecore, rigorosamente biologici.
Sogno un’economia locale a chilometro zero, per cui qui si consumano i prodotti di qui prima che di altre zone d’Italia.
Sogno che vengano rimessi in produzione i castagneti, che si vendano castagne e farina e che i boschi possano essere facilmente percorsi per passeggiate e gite.
Sogno che con i resti della pulizia dei boschi vengano alimentate centrali a biomassa che possono, per esempio, scaldare gli edifici pubblici di qualcuno dei nostri paesi.
Sogno investimenti seri nelle energie rinnovabili, fotovoltaico ed eolico. Sogno lo sviluppo di forme di artigianato tipico, come la lavorazione del legno o del sasso.
Sogno un turismo rispettoso degli equilibri del nostro territorio.
In un momento come questo in cui il sistema produttivo che abbiamo conosciuto fino ad ora mostra tutte le sue debolezze e i suoi limiti mi sembra sbagliato continuare a inseguire quel modello di sviluppo. Mi pare invece che siamo in un momento favorevolissimo per osare, per sperimentare nuove strade che, rispettando la nostra identità di montagna, ci portino comunque a immaginare un futuro. Ci sono realtà che hanno fatto da tempo questo passo coraggioso e sono state premiate. In altre condizioni, certamente, come può essere l’esempio di Varese Ligure. Però da queste esperienze si possono trarre spunti da declinare secondo la nostra specifica condizione.
Chissà che in questo momento di crisi orientarsi in questa direzione non possa significare diventare attrattivi per chi nelle città fa fatica a vivere, tra lavori precari e mutui/affitti alle stelle, ed offrire una speranza e una prospettiva al territorio e non solo…
(Claudia Vago)
Concordo
Brava Claudia, concordo su tutto.
(Fabio Leoncelli)
Niente sogni ma progetti concreti per il futuro della montagna
Vorremmo inserirci portando il nostro modesto contributo ai problemi sollevati dal bollettino delle parrocchie del crinale. Vi sono paesi e persone che non si sono fermati a sognare le cose elencate dalla Signora Claudia, ma hanno iniziato a farle, e hanno iniziato nel 2003 quindi prima che il Parco nazionale le proponesse. A Cerreto Alpi esiste un progetto che ha saputo ricavare dalla valorizzazione del nostro territorio dei posti di lavoro e ha creato un indotto economico estremamente legato alla @Csoft economy#C, che ha portato e tuttora porta a Cerreto Alpi migliaia di persone, attratte dalle iniziative denominate TURISMO DI COMUNITA’, che traggono linfa dalla storia, dalla cultura e dai prodotti che le genti dell’Appennino sono in grado di offrire.
Solo a titolo esemplificativo vorrei elencare alcune di queste azioni mirate a creare proposte di ospitalità turistica o alla produzione di prodotti tradizionali:
– la farina di castagne prodotta nel rispetto delle metodologie storiche, raccolta delle castagne, essiccazione a legna nel “metato”, macinatura ad acqua con macine in pietra;
– le patate seminate a 1200 mt. esclusivamente biologiche (e quando non piove in estate non ne nasce neanche una, come lo scorso anno);
– i salumi ricavati dalle carni degli ungulati, che hanno occupato lo spazio lasciato dagli animali domestici (pecore, capre, mucche, ecc.) che vengono cacciati sul nostro territorio;
– portare persone provenienti da città lontane in novembre ad ascoltare le “fole”, favole raccontate dagli anziani nel “metato” attorno al fuoco acceso: 100 partecipanti nei 4 fine settimana del mese di novembre;
– portare a Cerreto Alpi decine di turisti in ogni week end nei mesi di gennaio e di febbraio a conoscere di notte o di giorno la natura e la cultura dell’inverno;
– creare un piccolo miracolo economico che ci permette di pagare ogni mese lo stipendio a 5 ragazzi, soci-lavoratori.
Questo progetto ha potuto contare su di un modesto contributo per le attività immateriali dal Gal, è ritenuto un esempio positivo a livello nazionale e internazionale; viene, quando va bene, a livello locale ignorato, perché in altri casi si è lavorato per ostacolarne l’iter in ogni modo! I risultati derivano dalla forza e la determinazione di tante persone che si rendono disponibili per la propria comunità.
Sappiate che è molto difficile portare avanti concretamente queste cose, soprattutto quando le azioni concrete di chi muove le leve del potere come al solito vanno in altre direzioni!!!!!!
Noi condividiamo l’estrema necessità di progetti e azioni concrete che vedano le comunità e le imprese del crinale coinvolte in prima persona.
(I soci della Cooperativa I Briganti di Cerreto)
Periodicamente, con una cadenza quasi regolare, soprattutto vicino alle competizioni elettorali, ritorna la discussione sulla vita in montagna. E seguendo un copione ormai consunto e logoro la discussione si dipana fra chi si schiera su una posizione catastrofica e chi cerca di mettere in evidenza gli aspetti positivi. La discussione può essere più o meno intensa ma inevitabilmente si esaurisce quasi sempre con le due fazioni che restano ognuna sulla propria posizione! Se si arriva poi a concordare su qualche possibile colpevole, questi sono sicuramente gli amministratori che la governano da tanti anni!
Evidenziare i problemi e le criticità del nostro crinale, e stimolare su di essi una discussione, è sicuramente un aspetto positivo! Mettere sul piatto della discussione anche qualche soluzione sarebbe ancora meglio!
Nei commenti che precedono qualcuno ha già ricordato che qualche progetto concreto per il futuro della montagna è già stato avviato. Il Parco ! Il turismo di Comunità ! Ci sono altri esempi che possono essere citati, a dimostrare come idee innovative, qualche aiuto pubblico e tanto impegno creano risultati positivi. A Cervarezza per esempio c’è un campeggio di proprietà pubblica, a gestione privata, che registra ogni anno oltre 50.000 presenze! E ancora ……Cerwood , un parco avventura innovativo, il primo di questo genere nell’intero territorio regionale.
E cosa dire dell’Unione dei Comuni ? Da circa 10 anni l’Unione attraverso le gestione associate garantisce il mantenimento del livello dei servizi nei quattro comuni del crinale! E non solo! Il sistema del welfare locale si è arricchito con i micronidi e la scuola di musica ! E le maggiori risorse a disposizione hanno consentito anche qualche investimento per migliorare il territorio! Come sarebbe stato oggi il nostro crinale senza l’Unione dei Comuni?
Quando si resta in attesa orfani della speranza nascono la depressione, la fuga, il disimpegno e l’abbandono. Se valutiamo la nostra montagna solo in termini di numeri difficilmente ne potremo uscire vincenti! Se invece facciamo uno sforzo, amministratori e cittadini, ognuno per quanto ci compete, per recuperare orgoglio e autostima, per ri-conoscere il nostro territorio, per ri-trovare quel senso di “connessione emotiva condivisa” che è fondamentale per veicolare un’ immagine unitaria anche all’esterno e per esprimere volontà e progettualità indirizzata al futuro, …. forse abbiamo trovato il nuovo grande progetto di vita per la montagna!
(Daniela Pedrini)
Io non credo che la colpa sia di chi ha amministrato. Non sono nemmeno d’accordo che si debba parlare di colpa. Credo invece che quello che manca in questo territorio a tutti i livelli (partiti politici, di maggioranza e opposizione), ambienti intellettuali, associazionismo, per andare fino ai semplici cittadini, sia l’elaborazione di un progetto di medio-lungo termine che parta da un’analisi di quello che succede anche fuori dal territorio. Un’analisi che deve tenere conto delle dinamiche economiche e sociali mondiali e nazionali e che arrivi poi a descrivere la nostra realtà locale. Su questa base si potrebbe poi costruire un progetto organico per il futuro della montagna, che vada oltre gli esempi positivi citati. Perché gli esempi che portate sono importanti, ma finché sono slegati tra loro e non sono inclusi un una visione globale e di prospettiva non hanno valore. Rimangono episodi che possono avere vita più o meno breve ma che non hanno la forza di indicare una via. Economia solidale e a chilometro zero, energie alternative, potenziamento delle reti sociali sono alcune delle direzioni in cui, a mio avviso, bisogna incamminarsi. E poi da qui discendono, sempre per esempio, ecoturismo e turismo di comunità.
I comuni virtuosi (@Lhttp://www.comunivirtuosi.org@=www.comunivirtuosi.org#L) e i progetti da loro realizzati hanno tantissimo da insegnarci.
(Claudia Vago)
Amministrare bene ha certamente a che fare con i valori e con una idea di ciò che il nostro territorio dovrebbe essere, ma è soprattutto espressione di ciò che le persone fanno: per costruire una montagna vivibile, più che l’appartenenza politica conta l’esserne capaci. Le difficoltà, però, non credo sia solo per le amministrazioni locali: in Italia le zone montuose occupano circa il 50% di territorio – dato che si tende a eludere – ma per troppi anni sono state lasciate colpevolmente ai margini delle politiche sociali ed economiche del nostro paese. Si è pensato prima ad una montagna/mercato, addirittura immaginando di portarvi l’industria, quasi a volerla valutare solo con parametri economici e di profitto e non per le tante ricchezze di storia, di cultura, di bellezza. Gli stessi parametri che hanno indotto a privatizzare alcuni servizi pubblici essenziali, con l’effetto immediato di creare ancor più problemi ai territori geograficamente più penalizzati. Poi si è pensato alla montagna/riserva, un modello che può forse funzionare per l’America dei grandi spazi naturali e montani disabitati, ma che mal si adatta al nostro Paese, storicamente caratterizzato da una popolazione ampiamente diffusa, anche nelle zone più impervie. Credo che ora, con buona volontà, si debbano trovare in quel che già c’è, Parco compreso, le potenzialità per una vera ripresa economica e umana di quella parte della montagna, il crinale, più in sofferenza. Comunque, ho riletto l’articolo citato da @CRedacon#C e penso che fosse importante riportarlo per intero, perché la prima parte offre dati molto interessanti e utili a tutti, amministratori e cittadini. Non mi pare un articolo di accusa, ma un invito alla riflessione per chi dovrà poi prendere delle decisioni. Ce ne fossero.
(Normanna Albertini)
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@CCrediamo il succo ci fosse. In ogni caso di seguito riportiamo quanto la stessa lettrice, che ringraziamo, ci ha inviato.#C
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“La nostra democrazia mostra di avere delle pieghe oscure e non belle: nonostante questo dobbiamo riaffermare il valore del voto e l’importanza del diritto al voto. Chi non ha questo diritto ce lo invidia: con il voto si può anche sperare di cambiare, di avere dei rappresentanti che si facciano carico dei problemi della gente, li portino nei palazzi e negli uffici dove si prendono le decisioni. Abbiamo bisogno di donne e uomini onesti, trasparenti, capaci di vivere l’incarico politico come servizio e come amore alla gente del proprio comune, regione e nazione.
I rappresentanti che andranno a Bruxelles, al Parlamento Europeo, li possiamo anche sentire lontani. Fino a 60 anni fa i paesi dell’Europa si sono scannati in guerre orribili. Ora si tenta di mettersi assieme, collaborare, ricercare un modo di vivere comune… E’ una meraviglia. Non abbiamo ancora raggiunto il meglio, ma questa ricerca è garanzia di giustizia e pace nel futuro. Senza vederlo chiaramente, ne abbiamo già ricevuto benefici.
La Provincia è già più vicina a noi e può entrare in tanti aspetti della nostra vita. Molte delle nostre strade sono provinciali.
Il fatto è che i diritti e i doveri passano attraverso una mole tale di leggi e leggine e burocrazia, che facciamo fatica a vedere ciò che di bene viene a noi.
Il comune e il sindaco è già qualcosa e “qualcuno” più vicino.
Nel 2004 – il sindaco di Busana è stato eletto con 521 voti, essendo 1.069 i votanti e 1.259 gli iscritti; – il sindaco di Ligonchio è stato eletto con 308 voti, essendo 797 i votanti e 960 gli iscritti; – il sindaco di Ramiseto è stato eletto con 625 voti, essendo 1.017 i votanti e 1.321 gli iscritti; – nel 2006 il sindaco di Collagna è stato eletto con 574 voti, essendo 796 i votanti e 959 gli iscritti alle liste elettorali.
Voglio riportare altre cifre, non scientifiche, ma credo prossime alla realtà. Solitamente si calcola la popolazione del crinale sui 4.500 abitanti. Il 20% (900) non passa più di un mese sul territorio, nel periodo estivo. La popolazione effettiva è circa 3.600: il 40% è di pensionati (720), 10% bambini e studenti (360). La popolazione attiva nei quattro comuni (Busana, Collagna, Ligonchio, Ramiseto) potrà essere di 1.800 persone.
Politicamente siamo poveri, i numeri in politica contano. Anche uniti in un blocco unico non riusciremmo ad eleggere neppure il sindaco di Castelnovo ne’ Monti. Anche i nostri sindaci sono deboli, costretti ad elemosinare bussando di ufficio in ufficio, chiedendo a persone, considerate amiche, e garantendo loro appoggio politico.
In questi giorni i nostri sindaci si stanno presentando alla popolazione, spesso distratta e pigra, per dare relazione di ciò che hanno realizzato e ciò che pretendono realizzare. Sono un numero grande di interventi: piazze, strade, cimiteri, scuole, assistenza domiciliare, sostegno alle associazioni… Qualche battibecco con le opposizioni. Si ha l’impressione che siano spesso litigi tra poveri. Tante piccole cose, belle, importanti. Si vive alla giornata”.
Fatti e non parole
Cara Daniela Pedrini (assessore del comune di Busana), condivido il tuo spirito positivo nel valutare fatti e decisioni “politiche” in campo, ma è tutta “roba vecchia” che in questi anni doveva dare i frutti. Le amministrazioni uscenti non hanno proposto nulla in merito, se non tolto qualcosa che poteva essere in parte realizzato, qualcosa di grande e di rilancio del crinale. La scelta di costituire l’Unione dei comuni è roba passata, il Parco nazionale è roba passata, quest’ultimo tenuto fermo e sappiamo bene da chi e perchè. La scelta dei micronidi, della metanizzazione dell’intero comune di Busana e parte del ramisetano sono “roba vecchia”. Il campeggio di Cervarezza e la sua valenza sono consolidati da tempo. Ottima iniziativa Cerwood, ma anche qui si parte da vecchie date. Il nuovo Psc è la fotocopia del vecchio Prg, nessuna innovazione, nessun incentivo, i fatti e le concessioni edilizie parlano chiaro. Questa mia breve considerazione sui cinque anni di amministrazioni locali è la semplice valutazione dei fatti e della realtà del crinale; nonostante le amministrazioni, tranne Ligonchio, siano in linea con il sistema provinciale, non è stato messo in campo nulla di grande e nulla che desse rilancio al crinale. Positivo comunque il tuo spirito costruttivo, forse tutti ne abbiamo bisogno, ma, noi semplici cittadini, chiediamo qualcosa di più ai nostri amministratori, si sono proposti per questo.
Cordiali saluti e buon lavoro.
(Fabio Leoncelli)