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“Ho sempre gustato il minestrone”

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Ho sempre gustato il minestrone. Anche da ragazzo. Mia mamma lo preparava dal mattino: scegliendo le verdure, curando la cottura. Quando tornavo da scuola, il profumo lo sentivo sulle scale, era un sapore di casa, mi sentivo atteso. Oggi il minestrone è preparato in scatola o liofilizzato: non ha lo stesso sapore di casa, anche se chi lo ha pensato lo ha fatto con cura.

Di minestroni poi ce ne sono tanti altri, con altri significati. Sanno di pepe (ed è un’eresia per chi ne è appassionato) o di sale. E’ il meno peggio! Scipito, lo puoi sempre salare al punto giusto.

Ma i minestroni di cui intendo parlare sono quelli delle varie tv nazionali o locali: quelle notizie date, senza cura o senza rispettare “una gerarchia” di importanza; certe fiction dove i grandi amori sono appesi ad un filo, le separazioni e gli “aggiustamenti” passano da una puntata all’altra; certe isole e fratelli che fanno scuola ma non riempiono il cuore né indicano un itinerario per un amore che vada oltre il tempo, quello, per dirla con tanti giovani, che sa di beghine e di bigotti, convinti che simili rapporti resistano ancora nel tempo.

Senza cura, si fa pure un minestrone con le parole che perdono senso, almeno, il vero senso: i due ragazzini, vittime di un tragico dramma di violenza, sono fidanzatini, banalizzando il termine “fidanzamento” che richiama responsabilità, promessa, maturità.

Non parliamo poi di sessualità: allora il minestrone diventa più spesso, le verdure sono messe a caso, i sapori o troppo amari o troppo dolci o troppo contrastanti. Manca non solo un’educazione alla sessualità (per i credenti è un’invenzione di Dio, fin dalle origini), ma esistono un numero infiniti di cuochi, abili nel giustificare le proprie ricette, ma non sempre in grado di mettere in tavola un buon piatto di minestra calda, nutriente, appetibile. Chi può essere un vero maestro in questo campo così delicato e affascinante? Come nell’educazione ai valori, i primi dovrebbero essere i genitori! Il delegare ad altri nasconde spesso l’incapacità (o la vergogna?) di parlarne ai figli, a volte copre le difficoltà della coppia a viverla serenamente, quando non esiste un tale conflitto, che impedisce di dialogare con i figli, sapendosi divisi, staccati, lontani da loro.