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Fusione Enìa-Iride / “Allora, il progetto è valido o no?”

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Riceviamo e pubblichiamo.

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Dalle notizie di stampa apprendiamo che nella mattinata dell'ultimo sabato di gennaio, tre sindaci della montagna e un loro vice hanno illustrato un documento riguardante la fusione Enìa-Iride (e già condiviso da tutti i sindaci di centrosinistra della Comunità montana), il cui significato può riassumersi nelle conclusioni di uno di tali amministratori. Che da un lato dichiara il pieno sostegno a questo progetto industriale, cioè la fusione, giacché lo ritiene “ben definito” - il che sta a dire chiaro e preciso - ma nel contempo vuole mantenere una via d’uscita, prospettando di riaprire la discussione qualora lo stesso dovesse cambiare.

Sono parole che, lette così, hanno un po’ dell’inverosimile e del paradossale, perché se il progetto in questione figurava essere valido ed ineccepibile - a detta appunto della maggioranza che sta governando i comuni montani, e che fino a ieri lo ha condiviso ed appoggiato senza riserve - non vi sarebbero ragioni per indurre i suoi ideatori a mutarne indirizzo e impostazione, e dunque i sostenitori del progetto non avrebbero motivo di impensierirsi e nemmeno di prepararsi a ridiscuterlo.

Ma da quelle frasi potremmo anche dedurre che tra i fautori della fusione cominciano ad affiorare dubbi e preoccupazioni, e noi siamo portati a crederlo; ce lo fa pensare anche il contenuto stesso del documento presentato dai quattro suddetti amministratori, posto che vi troviamo una lunga serie di istanze; e tra queste quelle rivolte ai “vertici aziendali” tendono ad avere precise garanzie, in primo luogo riguardo il futuro delle prestazioni, degli investimenti e delle tariffe; nel senso che vengono chiamati in causa aspetti basilari dell’attività che andrà a svolgere il nuovo ente.

Qui il ragionamento si fa abbastanza semplice: se tuttora sussistono perplessità ed incertezze sul destino dell’organismo in formazione, al punto che occorre esserne rassicurati a posteriori - dopo cioè che i consigli municipali hanno deliberato relativamente alla fusione - vuol dire che negli atti adottati dai comuni risultano mancanti talune importanti garanzie, anche a tutela sociale dell’utenza, o non sono sufficientemente espresse. Avevano quindi visto giusto coloro che, pur non essendo pregiudizialmente contrari ad operazioni di accorpamento strategico, reputavano quantomeno prematuro chiamare a decidere i consigli in presenza di incognite ancora aperte ed irrisolte e di portata affatto secondaria.

Un'interpretazione più severa degli eventi porterebbe a dire che il documento prodotto adesso dalla maggioranza suona come una sorta di ripensamento o di un robusto calo di fiducia nell’operazione e va di fatto a sconfessare la linea che la stessa ha finora tenuto al riguardo nei consigli comunali; non a caso proprio in questi giorni un ex-sindaco dell’ambito montano ha rimarcato la troppa fretta con cui ci si è mossi, invitando a far sì che ogni determinazione in merito venga rinviata al dopo voto di giugno, perché siamo ormai entrati in campagna elettorale e c’è il rischio di strumentalizzazioni.

La platea dei dubbiosi e dei dissenzienti non si ferma peraltro all’ambito politico e c’è chi non da ora si interroga sulle forme di rappresentanza e di controllo pubblico e sulle politiche di sviluppo. Vi era dunque una pluralità di elementi, e di voci, a suggerire al centrosinistra locale di decelerare il processo di accorpamento, in modo da poter poi giungere a valutazioni più meditate, ma ciononostante si è voluto forzare ostinatamente i tempi e i nostri sindaci hanno fatto pronunciare i rispettivi consigli comunali; incontrandovi la contrarietà delle forze di minoranza ma non solo, visto che anche tra le fila opposte non sono mancati i distinguo e le defezioni, come sta a dirci il voto contrario di due membri di giunta municipale, a Castelnovo ne' Monti e Busana.

Tornando al documento, e segnatamente alla sua presentazione del 31 gennaio, ci pare che lo si sia esposto con un’enfasi eccessiva per un testo che era da poco incappato in un “incidente di percorso” proprio in sede di Comunità montana.

Infatti, dopo averne ottenuto l’inserimento in via d’urgenza all’ordine del giorno del Consiglio comunitario svoltosi il 30 gennaio scorso - inserimento avvenuto nella giornata immediatamente antecedente tale seduta - il Pd non è poi riuscito (per l’ennesima volta) ad assicurarsi la presenza numerica dei consiglieri per far passare tale sua risoluzione, il che contrasta oggettivamente con l’immagine che si vuole accreditare di una maggioranza sempre unita e compatta e all’unisono con la propria giunta quando si tratta di rappresentare la nostra montagna.

Il realismo avrebbe voluto che, almeno in questa circostanza visti gli esiti, la maggioranza si astenesse dall’usare toni che sanno di autocelebrazione, salvo che il loro impiego non sia avvenuto proprio allo scopo di puntellare “l’inciampo politico-istituzionale” in cui era incorsa la sera innanzi, ma non ci sembra comunque questa la strada da seguire in simili fattispecie.

Vale infine la pena di ricordare che sino ad allora, cioè fino alla seduta del 30 gennaio, la tematica non era mai stata sottoposta al Consiglio comunitario, nonostante fosse da mesi sul tappeto (e neppure nella conferenza dei capigruppo del 26 gennaio se ne fece cenno).

Era semmai questo il compito e il cammino che doveva ritagliarsi la Comunità montana, quale soggetto comprensoriale, così che vi fosse tempo e modo per confrontare più compiutamente i reciproci punti di vista, prima di dibattere l’argomento nei consigli comunali, anche per poter individuare le eventuali convergenze tra le diverse componenti consiliari.

Si è invece scelto di intervenire all’ultimo momento, verrebbe da dire a cose fatte, percorrendo la via dell’urgenza, il che autorizza giust’appunto a supporre che le monolitiche certezze della maggioranza siano andate incrinandosi.

In ogni caso, indipendentemente da chi ha condiviso il documento, riesce difficile intravvedere quali effetti il medesimo potrà avere sugli atti deliberativi già assunti.

(Riccardo Bigoi, Paolo Bolognesi e Marino Friggeri, consiglieri comunali e comunitari di minoranza)