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Quel generale che riportò a casa i montanari…

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Accostarsi alla figura del generale Luigi Reverberi, anche solo per tratteggiarne un semplice profilo, richiede tutto il rispetto e l’attenzione necessari che si devono a una delle Icone più fulgide che hanno indelebilmente caratterizzato e ancora caratterizzano la vita del Corpo degli Alpini.

Preferiamo affidare ai documenti da noi consultati il compito di farlo conoscere per chi ancora non lo conoscesse o di conoscerlo meglio a chi già ne ha sentito parlare.

Luigi Reverberi nasce a Cavriago il 10 settembre 1892.
Quella delle armi è stata una tradizione antica per la famiglia Reverberi.
Figlio di farmacista, studia per diventare ufficiale all’accademia di Modena dalla quale esce nel 1912 per prendere parte alla campagna di Libia come ufficiale subalterno. Negli anni del primo conflitto mondiale, con il grado di capitano, Luigi Reverberi fornisce ripetute prove di valore guadagnandosi l’ordine militare di Savoia, tre medaglie d’argento e una croce di guerra al valor militare, oltre alla promozione al grado di maggiore per merito di guerra. In particolare, si distingue in un’azione ardimentosa quando, al comando di un battaglione di Alpini, si apre una breccia sul Monte Grappa penetrando in profondità nel dispositivo avversario, facendo prigioniere tutte le truppe nemiche che resistevano in Val Cismon.

Nel 1940 viene promosso generale e il 4 agosto assume il comando della divisione Tridentina, partecipando, poco tempo dopo, alla guerra sul fronte greco-albanese.
Nel luglio del 1942 parte per la campagna di Russia. Sul fronte russo il 26 gennaio 1943 si distingue nel corso della battaglia di Nikolajewka, mettendo in salvo 30.000 alpini male armati e altre migliaia di sbandati di varie nazionalità.

Ed è per la conoscenza avuta su questo episodio di Nikolajewka, che qui vorremmo soffermarci per restituirne la figura di uomo e di soldato in tutta la sua grandezza. E grande lo fu veramente. Tanto grande che il 21 gennaio 1951 a Brescia, nella ricorrenza di quell’epica battaglia, il generale Umberto Utili, comandante territoriale di Milano, gli consegna, in forma solenne, la medaglia d’oro al valor militare concessagli per le operazioni sul fronte Russo. Luigi Reverberi muore a Milano il 22 giugno 1954. Ora riposa nel cimitero di Montecchio Emilia e la sua tomba è meta di pellegrinaggio di alpini di tutte le generazioni.

Così recita la motivazione della medaglia d’oro conferitagli:

“Comandante della Tridentina, ha preparato, forgiato e guidato sagaciamente in Russia con la mente e con l’esempio i suoi reggimenti che vi guadagnarono a riconoscimento del comune eroismo medaglia d’oro al Valor Militare. Nel tragico ripiegamento del Don, dopo tredici combattimenti vittoriosi, a Nikolajewka il nemico notevolmente superiore in uomini e mezzi, fortemente sistemato su posizione vantaggiosa, deciso a non lasciar passare, resisteva ai numerosi, nostri cruenti tentativi. Intuito essere questione di vita o di morte per tutti, il Comandante nel momento critico, decisivo, si offre al gesto risolutivo. Alla testa di un manipolo di animosi, balza su un carro armato e si lancia leoninamente, nella furia della rabbiosa reazione nemica, sull’ostacolo, incitando con la voce e il gesto la colonna che, elettrizzata dall’esempio eroico, lo segue entusiasticamente a valanga coronando con una fulgida vittoria il successo della giornata ed il felice compimento del movimento. Esempio luminoso di generosa offerta, eletta coscienza di capo, eroico valore di soldato”.
Nikolajewka (fronte russo), agosto 1942 - gennaio 1943

Ma lasciamo ora alle dirette parole del “nostro” generale il compito di ricordare quel giorno, nel suo discorso pronunciato in occasione del suo collocamento a riposo dall’esercito.

“ …E qui consentite a questo vecchio soldato, giunto ormai al fine della sua vita militare, di dirvi come mai egli abbia tanto amato come in quel giorno; come mai egli abbia tanto ringraziato il destino, come in quel giorno, nel quale ha potuto darvi prova della sua grande passione alpina…
Allora il vostro generale, divenuto solo e semplicemente il Padre dei Suoi Alpini, vi ha guardato negli occhi; ha visto il vostro scoramento davanti all’impossibile ed ha offerto a Dio la sua vita, perché voi foste salvi; e nel preciso intendimento di compiere il suo ultimo dovere verso di voi, che già tante prove di affetto gli avevate dato, partì solo, avanti a tutti, fidente che Iddio avrebbe accolto il suo sacrificio per la vostra salvezza: e la lotta fu rinnovata energia e la vittoria fu nostra e davanti a noi fu aperta finalmente la via del ritorno…”

Guardò attorno a se gli alpini fermi in attesa di ordini, salì su un semicingolato tedesco e in piedi, col braccio, la mano e il dito indice puntato in avanti, come un cavaliere antico che indica il nemico con la lancia, gridò <>

Un reduce della campagna di Russia, ancora in vita, e che era in quel supremo momento poco distante ha riferito che abbia anche aggiunto: “Di là c’è l’Italia!”.
In tutta onestà non so se è proprio l’Italia di oggi quella che il nostro eroico generale aveva negli occhi e soprattutto nel cuore. Poco importa, nonostante quella guerra sbagliata e sicuramente non voluta dagli Alpini, in una terra lontana che non era la loro, ora continua a rappresentarne sempre e comunque lui, insieme a innumerevoli altri, di ieri, di oggi e di sempre, l’immagine migliore, lassù… nel paradiso di Cantore.

* * *

L'APPUNTAMENTO DI CAVRIAGO DOMENICA 25 GENNAIO 2009

INAUGURAZIONE DEL MONUMENTO AL Gen. LUIGI REVERBERI a ricordo anche dei CADUTI di tutte le guerre

Alla presenza del Vice Presidente Nazionale Vicario Marco Valditara

PROGRAMMA:
- ore 9,30: le delegazioni delle Sezioni di Brescia e di Reggio Emilia si ritrovano nel piazzale della chiesa “Madonna dell’Olmo” a Montecchio per una visita al Generale nel vicino cimitero
- ore 10,00: ammassamento in piazza Zanti a Cavriago e deposizione di un mazzo di fiori davanti alla casa natale di Reverberi
- a seguire: SFILATA fino al monumento
- ore 11,00: ALZABANDIERA, SCOPRIMENTO DEL MONUMENTO, BENEDIZIONE, ONORI AI CADUTI, SALUTI DELLE MASSIME AUTORITA’
- ore 12,30: pranzo nel ristorante “Cà dei Bardi” € 20.00 (a 150 mt.)
- ore 15,30: presso il palazzo comunale apertura della mostra fotografica sulla campagna di Russia - Presentazione del libro “Luigi Reverberi, un soldato, un Alpino, un uomo”

ORGANIZZATO DA: Comune di Cavriago, Sezione ANA di Reggio Emilia, Gruppo ANA di Cavriago

15 COMMENTS

  1. Domande che aspettano risposte
    Mi chiedo cosa ci facevamo noi in Russia? Chi mandò quei poveri sventurati al massacro? Forse resistevamo ad un’orda di invasori? Perchè associare i tragici destini dei coscritti spediti d’imperio dalla canaglia fascista in una guerra di aggressione a quella di volontari o militari di carriera ben consapevoli di ciò che stavano facendo? E soprattutto, se avessimo vinto “noi” in Russia come ad El Alamein ecc. potete solo minimamente immaginare i destini del mondo? Tempo fa ho visto lo spettacolo televisivo di Marco Paolini tratto dal “Sergente della Neve” di Mario Rigoni Stern: da accaponare la pelle!
    Come celebrare con retorica patriottarda pagine di orrore e morte nei giorni in cui
    donne e bambini inermi muoiono dilaniati dalle bombe a quattro passi da casa nostra? Un po’ di vergogna non la si può provare?

    (Ellebi)

  2. Onore
    Da nipote di un reduce della campagna di Russia non posso che rendere onore alla figura del Gen. Reverberi. Lucidità ed eroismo sono doti ormai perse in questa società superficiale e globalizzata. Personalmente ritengo che l’esempio di persone quali il Gen. Reverberi non possa che renderci orgogliosi di essere italiani. Onore anche a tutti gli alpini ed ai militari che ora si distinguono in ogni parte del globo per la loro efficienza ed umanità, a sostegno delle popolazioni provate dalle guerre.

    (Riccardo Bigoi)

  3. Anche gratitudine
    Anche gratitudine. Pur se percentualmente pochi, a casa tornarono in tanti. Li portò a casa; in più dette al loro ritorno il senso dell’impresa. Un pensiero a chi è rimasto là, alle loro famiglie, al prezzo della guerra.

    (Commento firmato)

  4. Per chi aspetta risposte e… non conosce la storia
    Nella notte tra l’8 e il 9 settembre il generale Reverberi venne arrestato dai tedeschi a Bressanone e inviato al campo di concentramento per ufficiali di Posen nella Germania orientale. Due mesi dopo fu trasferito a Vittel, in Francia, in un campo per ufficiali collaborativi, ma proprio qui il generale prese contatto con i partigiani francesi. Scoperto, viene internato in un campo di punizione a Wietzendorf e infine, nell’estate del 1944, nuovamente trasferito a Posen. Agli inizi del 1945 passò nelle mani dei russi, rimanendo prigioniero nella zona di Kiev fino al settembre 1945, quando viene rimpatriato. Entrato nella riserva, terminò la sua carriera con la promozione a Generale di Corpo d’Armata nel 1947.
    Ancora prima, durante la ritirata di Russia, Luigi Reverberi rifiutò, infine, un comodo aereo civetta mandato per recuperare gli ufficiali. Preferì restare coi suoi uomini e condurli a casa, attraverso una guerra sbagliata, come dice l’articolo, di cui lui, più di altri, pagò le conseguenze.
    Nessuna vergogna! Di questi italiani e di questi emiliani siamo orgogliosi.

    (Commento firmato)

  5. Chi conosce la storia ci spieghi
    Al commento firmato che conosce la storia richiedo: se in Russia o ad El Alamein avessimo vinto “noi” (come peraltro a Stalingrado e via elencando) ha minimamente un’idea di ciò che sarebbe successo? Se ce l’ha la illustri, pendiamo dalle sue labbra. Se il Generale in una fase della sua vita ha avuto comportamenti “eroici” onore al merito, questo però non può cancellare il fatto che lo stesso abbia avuto ruoli di non secondo piano in una guerra di aggressione che ha causato al popolo russo oltre 20 (venti) milioni di morti. Esiste o no una responsabilità individuale? Oppure ci trinceriamo dietro all’ecumenico “italiani brava gente”? Mentre il Generale preparava la campagna di Russia nelle galere fasciste marcivano e morivano gli antifascisti della prima ora,
    coloro che per la coerenza dimostrata meriterebbero un ricordo vivo e non formale, troppo spesso svilito ed annebbiato da un revisionismo imperante.

    (Ellebi)

  6. Avrei anch’io qualche domanda
    Al signor Ellebi vorrei chiedere: se avessero vinto gli altri forse Reverberi sarrebbe stato fucilato come traditore, forse i tanti reduci dalla Russia ora sarebbero sepolti vicino al Don e forse il mondo sarebbe uno splendido giardino popolato solo da bei ragazzoni biondi e con gli occhi azzurri e solo il capo potrebbe avere i baffetti neri, che ne dice? Certamente esiste una responsabilità individuale e tutti quei ventenni che nel ’42 partirono per la Russia sono dei miseri guerrafondai che laciavano la casa per gli onori della conquista. E gli antifascisti della prima ora sarebbero ricordati come terroristi e il loro nome cancellato dai libri di storia.
    Caro Ellebi, la guerra porta solo morte e distruzione, odio e rancore, e nemmeno i vincitori possono andarne fieri.

    (mc)

  7. Firme
    Mi spiegate perchè ci si deve sempre nascondere dietro un vigliacco anonimato? Per chi non ha il coraggio delle proprie idee o non valgono nulla le sue idee o non conta niente lui. Lo disse Ezra Pound, ma vale sempre.
    Cari signori “Ellebi” e “Commento firmato”, abbiate almeno il coraggio di firmarVi. Altrimenti non siete altro che come i gappisti che sparavano alle spalle e poi fuggivano. Dura la storia a morire in queste lande, vero?

    (Paolo Comastri)

    —–

    @CE’ un discorso già più volte affrontato. Comunque ribadiamo ancora una volta che la redazione lascia – come tutti gli organi di stampa (i blog sono altra cosa) – facoltà di rimanere anonimi verso gli altri lettori; ma ovviamente ciò non vuol dire lasciare libertà di “sparare” sul prossimo rimanendo in ombra. Ci sforziamo infatti, nel rispetto delle diverse posizioni, di mantenere gli scambi su toni civili e possibilmente costruttivi.

    (red)#C

  8. L’eco di quel grido… per chi conoscerà, forse, la storia
    Al grido del generale Reverberi fece eco, poco tempo dopo, il grido (altrettanto grande ed eroico) di ammirazione e il riconoscimento del Comando Supremo russo, che nel Bollettino n. 630 emesso da Radio Mosca ai primi di febbraio annunciò il travolgimento delle forze dell’Asse sul fronte del medio Don e la caduta di Stalingrado. Ma precisò: “Soltanto il Corpo d’Armata Alpino italiano deve considerarsi imbattuto sul suolo di Russia”.
    C’è da chiedersi piuttosto se avessimo perso!

    (Commento firmato)

  9. Bollettino 630
    Per la verità è ormai accertato che il bollettino 630 è un falso creato ad arte per questioni di propaganda nel dopoguerra, ma ciò nulla toglie alla capacità combattiva degli alpini, anche se in fondo sempre di una ritirata stiamo parlando.

    (Gombio)

  10. Ascoltare l’inascoltabile ed altro ancora
    La democrazia ha i suoi prezzi tra i quali vi è il dover ascoltare anche l’inascoltabile. In questi anni di revisionismo spinto la canaglia fascista ha ripreso vigore. Tra qualche mese è fortemente probabile che i reduci della repubblica di Salò godranno della meritata pensione. E tra qualche tempo assisteremo al racconto epico della gesta della X Mas, della banda Carità, di quelli della Monte Rosa, del battaglione Nembo (La Russa docet). Veri uomini, vero onore, altro che gappisti assassini e vigliacchi. Ad mc ed alla sua ricostruzione della storia (mi permetta un poco sgangherata) vorrei ricordare per l’ennesima volta che se esiste come esiste una responsabilità individuale questa va graduata rispetto alle responsabilità di ogni singolo. Non si possonono paragonare i coscritti spediti al fronte d’autorità male equipaggiati, con la sola alternativa della diserzione, ai comandanti ben coscienti di ciò che stavano facendo. Dire che una guerra è sbagliata o che tutte le guerre portano lutti e distruzioni non autorizza poi a fare il peana dell’impresa evocando nemici, onore e tanta retorica patriottarda. Si aboliscano gli eserciti, si riempiano i granai.

    (Ellebi)

  11. Caro Ellebi…
    Caro Ellebi, a meno che ” …a quattro passi da casa nostra” non sia un neologismo, vorrei ricordare che altri conflitti, altrettanto gravi e devastanti, ci aggiornano quotidianamente dei loro tristi bollettini di guerra e di morte… Non bisogna andare troppo lontano, basta fare un esempio: la mafia!
    Credo che questo ricordo del Gen. Reverberi non nasconda nessun significato politico occulto e nemmeno un tentativo pubblicitario per fare avere la pensione ai repubblichini (ce n’è qualcuno ancora vivo?); è semplicemente il ricordarci di come eravamo e di come siamo stati. E se migliaia di alpini si riconoscono in questa figura cerchiamo, se non di onorare, almeno di rispettare democraticamente i sentimenti di queste persone e avere lo spazio che si meritano, se possibile anche su @CRedacon#C.
    Auspico inoltre la fine di questo soffocante dualismo politico rosso-nero, destra-sinistra, comunista-fascista che ci tormentano da troppi anni e che fanno il gioco, adesso, di quelli che la politica la fanno per mestiere: cerchiamo di realizzare almeno il sigificato della parola riconciliazione prima a casa nostra e poi magari anche a Gaza.
    Cordiali saluti.

    (Pier Francesco)

  12. Condivido
    Condivido appieno e sottoscrivo quanto di cui al commento precedente di Pier Francesco. Anche se è evidente (cfr. i toni del primo commento di Ellebi) che, alle volte, è molto difficile liberare la mente dalla ideologia.

    (Gabriele A.)

  13. Caro Ellebi 2
    E’ vero che “il Sergente nella neve” fa accapponare la pelle. Ma se il Sergente Rigoni Stern è tornato “a baita” è grazie anche al Generale Reverberi. Lasciamo stare la dietrologia. Gli alpini sono andati in Russia perchè gli era stato ordinato dal Capo dello Stato (Vittorio Emanuele III), dal Presidente del Consiglio (Mussolini), dal Parlamento e dalla maggioranza degli italiani che pendevano dalle labbra del Duce. Il Generale Messe, comandante dell’ARMIR, ebbe il coraggio di scrivere a Mussolini chiedendogli di non inviare soldati in Russia in quelle condizioni. Ma fu inutile. Quindi gli alpini partirono e cercarono di combattere con dignità, rispettando sempre i nemici, e i russi, soprattutto i civili imparono presto a distinguere gli italiani dai tedeschi. La battaglia di Nikolajewka sarà sempre ricordata come un’impresa epica degli alpini, una vittoria ottenuta perchè tutti, dal Generale all’ultimo alpino, fecero il loro dovere. Senza retorica gli alpini ricordano la guerra, gli amici e i nemici. Nel cinquantenario di quella battaglia sono tornati in Russia, a Rossoch, sul Don e hanno costruito una scuola che hanno regalato ai figli e nipoti dei loro ex-nemici.

    (Marcello Ferrari)

  14. Precisazione
    Parlamento nel 1941? Non credo proprio. Il comandante dell’Armir era Italo Gariboldi; Messe comandò il Csir che confluì nell’Armir nell’estate 1942 quando Messe venne rimandato in Italia e poco dopo nominato comandante dell’armata italiana in Tunisia.

    (Gombio)

  15. Penso che ogni italiano debba essere orgoglioso nei confronti di tutti quei connazionali che hanno servito la Patria con lealtà e spirito di abnegazione. Di contro, reputo intollerabile che qualcuno, in un confronto dialettico in cui differenti opinioni possono essere agli antipodi, voglia restare nel più totale anonimato.

    (G. Codeluppi)

    • Firma - g.codeluppi