Alcune cooperative storicamente presenti in montagna, qualche tempo fa, avevano lamentato con i vertici di Confcooperative la mancanza di un modo organico per affrontare i problemi della montagna.
"Come è possibile formulare proposte nell'Appennino di Reggio Emilia, quando a Modena, Bologna e più in giù sino al meridione le problematiche del vivere in montagna sono le medesime? Abbiamo già pochi numeri pur sommando l'Appennino alle Alpi, figuriamoci se continuiamo ad affrontare questo tema in maniera provinciale" era stato lo sfogo di alcuni imprenditori cooperatori rivolto ai massimi vertici dell'associazione con sede in largo Marco Gerra. Quel giorno erano presenti il presidente Giuseppe Alai e il direttore Giovanni Teneggi.
Dopo un po' di tempo, ecco la risposta: la richiesta che avanza Confcooperative uno statuto speciale per l’Appennino, ovvero un punto chiave del “Manifesto per la montagna” che la Confcooperative ha inviato ad associazioni imprenditoriali ed istituzioni locali. Un documento in cui – partendo dall’appello lanciato qualche mese fa dall’Unione nazionale dei Comuni e delle Comunità Montane – la centrale cooperativa reggiana mette a fuoco le potenzialità delle aree montane, ma anche i suoi bisogni e, soprattutto, gli scarsi esiti della legislazione a favore della montagna sia di carattere nazionale che regionale.
“Occorre affrontare – sostiene la Confcooperative – il tema del sostegno strutturale alle comunità d’Appennino, territorio che per poter crescere economicamente, per poter assicurare coesione, per tutelare chi sceglie di abitarlo ha bisogno di uno Statuto speciale”.
E qui Confcooperative innesta i nove punti sui quali lo Statuto dovrebbe incidere: “il riconoscimento ( a norma della legge 94/97 ) che la salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane rivestono carattere di preminente interesse nazionale e regionale; la garanzia di permanenza dei servizi essenziali quali la scuola, l’assistenza sociosanitaria, l’approvvigionamento di beni e servizi in prossimità alla popolazione; misure certe e permanenti di sostegno alle imprese e alle famiglie in forma di compensazione fiscale sugli investimenti e di riduzione del costo del lavoro; misure di sostegno alle attività agricole, artigianali e manifatturiere dei produttori agricoli e della piccola e media impresa nel riconoscimento dello scambio mutualistico da queste prodotto a favore del territorio; investimenti per la manutenzione del territorio e delle risorse forestali “contrattualizzati” con le imprese agricole e con le popolazioni locali in quale servizio al Paese; decentramento nelle zone montane di attività e servizi per le quali non è vincolante la permanenza in area metropolitana quali istituti di ricerca, laboratori, università, musei, infrastrutture culturali, ricreative e sportive, ospedali, case di cura e assistenza; misure di sostegno al decentramento in zona montana e pedemontana di attività produttive e di servizio da parte delle imprese entro accordi di partnership con reti economiche locali; consentire alle autonomie locali maggiore autonomia nella disponibilità delle risorse e nella flessibilità amministrativa e progettuale a favore di questi obiettivi; sostenere le autonomie locali e i loro amministratori perchè possano esercitare in modo più determinante la rappresentanza delle istanze territoriali verso i livelli regionali e nazionali in applicazione piena dei principi di sussidiarietà verticale assunti dall’ordinamento amministrativo”.
“Nove punti – spiega la Confcooperative – che pensano allo sviluppo e alla salvaguardia di un territorio che scompare se non è comunità vivibile e feconda, se non è abitato e produttivo, se non è coltivato e allevato, se non è in relazione di scambio con la pianura e la città, se non è attraversabile da merci e persone, se non salvaguarda la propria identità e le proprie tradizioni, se non è in grado di favorire la libera intraprendenza delle persone e delle comunità”.
“Il nostro Appennino - conclude la Confcooperative - ha una sua forte identità, ma è parte integrante di un sistema più vasto, e uno degli aspetti più delicati è proprio l’interazione tra l’uno e l’altro; questo vale per gli aspetti economici (il decentramento di attività produttive e di servizio compatibili con le caratteristiche della montagna), ma vale innanzitutto nel momento in cui, a sostegno di un progetto che mira ad uno Statuto speciale per quest’area, è necessario costituire un movimento per l’Appennino che sia trasversale alle forze politiche e venga appoggiato dalla comunità economica e sociale di tutto il territorio”.
La strada, infrastruttura fondamentale
Tanto per ripetermi… ma non mi stancherò mai di dirlo. Finchè la nostra montagna non sarà meglio servita dalla strada di questi problemi continueremo sempre a parlare, c’è poco da fare. Che il punto di vista sia quello delle cooperative… della destra… della sinistra… da sopra o da sotto.
Sono anni che leggiamo sui giornali di promesse riguardo a questo importantissimo punto… specialmente nei periodi antecedenti alle elezioni.
Con tutto il rispetto, ma penso che sia ora di finirla con le parole e passare a fatti concreti.
Non credete?
(Alessandro Romei)
Ringrazio Alessandro Romei per il suo commento, perchè la prima condizione per ottenere qualcosa sull’Appennino è discuterne e mettersi in gioco. Non lo stiamo facendo abbastanza (lo dico da quasi montanaro essendo di Rosano e oggi Castelnovo ne’ Monti – i montanari veri sono da Castelnovo in su e sarebbe ora di dircelo!). Da qui la proposta di “manifesto” perchè un manifesto si attacca ai muri, può essere strappato ma anche diffuso, firmato o criticato, ma deve muovere qualcosa. Oggi la prima domanda è “la montagna interessa ai montanari?”.
Secondo me sì, ma la speranza è debole e le braccia fiacche, non di pigrizia ma di storica e vera fatica. Ha ragione anche a parlare di viabilità. E’ senz’altro una priorità e il manifesto la richiama. Attenzione: si aggira anche la tesi di una montagna vera se chiusa in sè e riservata. Ma occorre anche agire per riempire le strade di qualcosa e parlare anche d’altro. Penso con la stessa concretezza di poter citare esempi estrapolabili direttamente dai punti del manifesto.
Enìa: la finanziarizzazione (spa e borsa ad alti livelli) delle municipalizzate sono un grande problema; oggi in montagna non si fa l’adsl, ieri (se Enìa fosse stata già dov’è oggi) non si sarebbe fatta la metanizzazione e la rete idrica. Il futuro qual è? Si può agire. La Provincia e la Regione: se non si comprende la montagna nelle logiche di sviluppo dei distretti industriali la montagna non ha futuro; quante industrie e imprese importanti dell’industriale reggiano sono state aiutate a investire in montagna quando le vacche erano grasse? Nessuna perchè la logica di integrazione è stata zero; è persa la partita? No. Dobbiamo avere ascolto per il futuro. Agricoltura di crinale: se le 20 aziende agricole di crinale chiudono (il rischio c’è) altro che paesaggio per il Parco. Rovi e disabitazione. E il Parlamento cosa fa? Proroga le agevolazioni contributive per il lavoro agricolo in montagna (indispensabili) fino al 30 marzo (così al Senato. Speriamo nella Camera. E’ una burla! E anche una notizia). Ho fatto solo alcuni esempi che mi sembrano concreti. Insieme alla viabilità lo Stato e le regioni non hanno applicato per nulla le leggi sulla montagna vigenti. Il manifesto propone una @Cclass action#C (se fosse reintrodotta) e azioni di risarcimento contro lo Stato e la regione. Non stanno rispettano le loro leggi e ne paghiamo quotidianamente i costi. Qualcuno pensa che la montagna costi meno se disabitata (40.000 abitanti si servono meglio in un nuovo quartiere di città o sulla via Emilia?). Lo dicano forte. Altrimenti rispettino le leggi. Penso che sia ora. Di nuovo grazie per il commento.
(Giovanni Teneggi, direttore Confcooperative Reggio Emilia)
Viabilità sì, ma non solo
Pur concordando col sig. Alessandro Romei che una viabilità scorrevole è la precondizione fondamentale per un qualsiasi sviluppo della montagna, e per questo anch’io non mi stanco di lottare da decenni, credo non sia giusto sottovalutare il “Manifesto per la montagna” che Confcooperative ha pubblicato. Se infatti si vanno ad esaminare i nove punti che Confcooperative propone non si può dire che siano proposte che, se attuate, inciderebbero poco sul tessuto socio-economico montano. Vorrei infatti sottolineare che una fiscalità di vantaggio per chi opera e vive in montagna sarebbe di non poca incidenza; che investimenti concentrati e finalizzati alla manutenzione permanente del territorio sarebbero sia una fonte occupazionale e di reddito che una salvaguardia di un territorio che le generazioni che ci hanno preceduto hanno tramandato a noi così ben mantenuto; che il decentramento nelle zone montane di attività e servizi per le quali non è vincolante la permanenza in area metropolitana porterebbero lavoro anche qualificato. Fondamentale ovviamente è il presupposto che Confcooperative richiama come primo punto, e cioè il riconoscimento concreto che la salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane rivestano un preminente interesse nazionale e regionale.
(Claudio Bucci)
Binario 1
E’ centrale nel ragionamento sulla nostra montagna il fatto che sia parte integrante di un vasto sistema socio-economico. Di conseguenza è interessante confrontarsi sull’interazione e sulle infrastrutture che favoriscono lo scambio di merci, di idee, progetti, valori e sviluppo. Non possiamo non essere concordi nell’individuare nella qualità della viabilità un punto assolutamente ineludibile, tuttavia l’altra importante infrastruttura “tecnica” deve essere il progetto di qualificazione del “vivere in montagna” e non solo la nostra. E qui sono d’accordo con Confcooperative e altri, e penso alla provincia di Belluno, che sta sviluppando temi analoghi, quando dice che dobbiamo portare al centro dell’interesse il tema di fondo, cioè la necessità improrogabile di lavorare sul sostegno strutturale alle comunità dell’Appennino, delle terre alte. E’ indispensabile attivare un meccanismo di unità, coesione, solidarietà trasversale alle ideologie politiche e sociali che determini un movimento di opinioni condivise dalla comunità economica e sociale del territorio.
“FARE INSIEME” per il futuro delle nuove generazioni, per la nostra montagna e con l’urgenza di trovare nuove forme di autonomia e risorse aggiuntive per il nostro Appennino.
I nove “binari” sui quali di dovrebbe avviare il rilancio dei nostri territori offrono spunti di riflessione differenti e interessanti anche se, rileggendoli, si ha come l’impressione che siano il solito, pregevole, preciso e puntuale lavoro di indagine ed analisi del territorio; e in questo campo tutti noi siamo bravissimi ad individuare COSA si dovrebbe fare per affrontare e/o risolvere questo o quel problema… In realtà le difficoltà emergono e spesso fanno naufragare i progetti quando si tratta di capire… CHI… IN CHE MODO… QUANDO verranno tradotte in pratica le indicazioni date.
A questo punto dei nove binari indicati sceglierò il numero uno, dal quale parte il treno del riconoscimento che la salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane rivestono carattere di preminente interesse regionale e nazionale, con la speranza di arrivare alla stazione di una forte e duratura infrastruttura tecnica a sostegno di un “Patto per la montagna” veramente etico.
Quanto alla domanda di Giovanni Teneggi “Ma la montagna interessa ai montanari?… “, io rispondo naturalmente, per me e per le persone che mi stanno vicine, “SI’, e un bel po’ anche”… Ma dobbiamo forse scuoterci, tirarci su le maniche, riprendere a dialogare, discutere, litigare se del caso, progettare, batterci per le nostre ideee convinti che la montagna è di tutti e tutti ce ne dobbiano fare carico.
(Federico Tamburini)