Casa sulla roccia, casa sulla sabbia: due immagini potenti che Gesù usa a conclusione del Discorso sulla montagna. Erano comunque case anche se costruite su fondamenta diverse. Oggi ho l’impressione che i giovani non vogliano neppure costruire la casa, mettendo mano a mattoni, cemento, acqua. Non vogliono sporcarsi le mani, progettare un qualcosa che sa che non sta in piedi: a che vale costruire una casa, se attorno trovo solo sabbia? Qualcuno aggiunge: sabbie mobili, che inghiottono tutto in una voragine di morte?
Lo dicono i giovani e chi dei giovani cerca di interpretarne umori e sentimenti, come il filosofo Galimberti, in una lucida analisi critica su quello che sta accadendo nel loro mondo: “I giovani, anche se non sempre lo sanno, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni, rendendole esangui”.
Galimberti, come tanti degli autori da lui citati, dopo avere descritto l’epoca delle passioni tristi, i fenomeni più inquietanti del mondo giovanile, suggerisce come via di uscita, che mette alla porta il nichilismo, l’arte del vivere, che la cultura occidentale ha smarrito per non avere più occhi per il continente giovani che “lascia la margine, parcheggiato in spazi vuoti e privi di prospettive, senza farsi sfiorare dal dubbio che forse il sintomo della fine di una civiltà non è da addebitare tanto all’inarrestabilità dei processi migratori o ai gesti disperati dei terroristi,quanto piuttosto al non aver dato senso e identità e quindi avere sprecato le proprie giovani generazioni, la massima forza biologica e ideativa di cui una società dispone”.
Papa Benedetto parla anche lui di “nichilismo” e di “relativismo” così come il Cardinale Bagnasco nei suoi interventi alla CEI, ma ai giovani non propongono “sabbia”, bensì additano la roccia della Fede, il rapporto con il Trascendente, con Dio: “Chi crede in Gesù Cristo, afferma il Papa, ha un ulteriore e più forte motivo per non avere paura: sa infatti che Dio non ci abbandona, che il suo amore ci raggiunge là dove siamo e così come siamo, con le nostre miserie e debolezze, per offrirci una nuova possibilità di bene”.
Roccia sono pure gli educatori purchè credibili in famiglia, a scuola, negli spazi giovanili: “educatori che sappiano essere testimoni credibili di quelle realtà e di quei valori su cui è possibile costruire sia l’esistenza personale sia progetti di vita comuni e condivisi”. E’ sempre il Papa che commenta un’emergenza giovani, che è possibile superare, se gli adulti ritrovano la speranza e la voglia dfi stare ed ascoltare e testimoniare loro non solo l’arte del vivere ma la bellezza del vivere, con uno sguardo sull’Oltre, sull’Eterno.
Se Dio è davvero morto, gli orizzonti diventano ristretti, la speranza è monca, limitata, la fatica per costruire indebolita. L’uomo è per sua natura precario, fragile, limitato: diventa potente non per l’intelligenza che ha, ma per il cuore che la illumina e che le permette di affrancarsi dall’egoismo, dall’arroganza, dall’autosufficienza. “Solo adesso che sto morendo, sussurrava nella sua malattia un Giudice del Tribunale dei Minorenni, ho capito che a Dio si giunge solo attraverso il cuore”. Anche all’uomo, che appare più facile da raggiungere e da accogliere e da amare, se si scopre in lui il figlio di Dio.