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Riforma della scuola / “Il grembiule non è un peso. Dobbiamo riscoprire i valori”

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Prosegue il dibattito sulla riforma della scuola. Ecco una nota dei consiglieri comunitari Paolo Bolognesi e Marino Friggeri indirizzata alla nostra redazione.

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Le misure in via di adozione per la scuola primaria hanno acceso il dibattito politico e diviso la pubblica opinione, e anche sulle pagine di Redacon troviamo ovviamente eco e testimonianza di queste contrapposizioni.

Vista la delicatezza e la portata dell’argomento non devono meravigliare i toni del confronto, e anche la loro non infrequente asprezza, che può risentire delle rispettive appartenenze o simpatie ideologiche, ma c’è pure chi vorrebbe sfuggire alle pregiudiziali per basare la propria opinione su elementi e dati quanto più possibile neutri ed oggettivi.

A coloro che intendono mantenersi su questa lunghezza d’onda può essere di aiuto l’esperienza del passato (un principio che travalica naturalmente il mondo della scuola), non tanto per indulgere ai ricordi, che possono trasformarsi in astratte e sterili nostalgie, ma per avere concreti parametri di riferimento sui quali misurare e valutare il presente. E’ anche il modo per non trovarci ad essere di fatto autoreferenziali, un rischio che ognuno di noi corre quando si innamora delle proprie convinzioni al punto da spenderle come inconfutabili verità, al limite della supponenza.

In uno dei commenti che sono seguiti all’articolo di Redacon del 4 ottobre scorso - articolo piuttosto critico verso i provvedimenti legislativi in corso - si parla dei ragazzi d’oggi per sottolinearne la differenza con quelli di 30-40 anni fa, e questo accostamento ci dà lo spunto per far sentire la voce di chi (complici le ragioni anagrafiche, ed è giusto il nostro caso) ha frequentato la scuola degli anni cinquanta.

Il che va per l’appunto nell'anzidetta direzione: tentare cioè un qualche raffronto tra i differenti sistemi educativi che hanno connotato i decenni del dopoguerra e il loro susseguirsi. Un compito che spetta precipuamente agli storici e agli studiosi del costume, o agli addetti ai lavori; ma ciascuno di noi porta i segni della propria epoca e può quindi sentirsi autorizzato a raccontarla, nella maniera che gli riesce.

Scolasticamente parlando, la nostra generazione è cresciuta nella cornice del maestro unico, voto in pagella, voto in condotta e grembiulino; e ancorché si avvertisse la difforme personalità, e semmai anche la diversa autorevolezza, che ogni insegnante sapeva esprimere e trasmettere ai propri alunni, non ci concedevamo mai impertinenze verso questa figura, e neppure un'eccessiva familiarità (compresi come eravamo del ruolo che rivestiva, e di quanto ci stava dando in termini di conoscenza), e altrettanto è stato per i docenti delle scuole di grado superiore. Possiamo altresì assicurare che il grembiule non veniva da noi sentito come un peso o una coercizione.

A dire il vero anche al di fuori della scuola si respirava la stessa aria: prevaleva il senso del dovere e della disciplina, e tra i giovani regnava un generale rispetto nei confronti degli adulti, pur senza rinunciare alla propria vivacità; e pur se non mancavano i segni di insofferenza. Anche nel linguaggio il pudore e la misura erano quasi sempre di casa. Vi era dunque un denominatore comune a regolare i nostri comportamenti e atteggiamenti, così che, su questo versante, scuola, ambiente domestico e società andavano di pari passo e potevano sostenersi a vicenda.

Non vogliamo di certo accreditare l’idea che fossero tempi idilliaci, giacché anche noi percepivamo le tensioni sociali in atto, o che stavano serpeggiando, e le difficoltà in cui si dibattevano parecchie famiglie; e c’è anche da aggiungere che molte delle nostre illusioni sono rimaste per strada.

Vi erano comunque dei punti fermi e c’era la sostanziale tendenza a non sovvertire i valori ai quali ci avevano abituati - pur se non per tutti questo è stato un passaggio indolore - e c’è da credere che proprio questa stabilità valoriale abbia allora funzionato da bussola e da ancoraggio di fronte ai profondi mutamenti sopravvenuti in quegli anni nei nostri stili di vita, che potevano alimentare incertezze ed essere fonte di disorientamento, soprattutto nelle fasce giovanili che in proposito sono per solito quelle più vulnerabili.

Poi arrivò anche la stagione in cui quel patrimonio di valori venne tenacemente avversato e contestato, e si andò in parte disperdendo; ma per molti di noi il retroterra di abitudini e di idealità che avevamo ereditato ha continuato a fungere da freno e da antidoto contro le sirene di quei movimenti e indirizzi di pensiero che inclinavano alla trasgressione o si facevano paladini dei controvalori in auge in quel momento. C’è stato anche chi vi ha ceduto, ma di sovente è poi riuscito a reagire, memore forse dell'educazione ricevuta fin da quando era ragazzo.

Oggi lo scenario è innegabilmente cambiato, a cominciare dal quadro demografico, mentre i programmi e gli assetti formativi devono tenere inevitabilmente conto di esigenze nuove, ma questo contesto non dovrebbe comunque farci sminuire o addirittura rinnegare criteri di insegnamento che a detta di molti avevano dato buoni frutti, vuoi sul piano dell'istruzione vuoi su quello dell’etica. Abbiamo infatti appreso a relazionarci con la dovuta appropriatezza e siamo stati introdotti al rigore e all’impegno civico, che poi più d’uno ha praticato.

Abbiamo nel contempo imparato ad apprezzare lo studio e ad affezionarci al lavoro, e a vederne la forte carica simbolica. Vi abbiamo anche tratto una buona dose di quelle motivazioni che sono poi servite ad orientarci, o a non farci sbandare, in mezzo agli alti e bassi della vita.

Per queste ragioni l’intenzione governativa di riannodare in qualche modo il filo con questi nostri trascorsi non ci sembra un passo tanto retrivo e sconsiderato da meritare giudizi così assoluti e trancianti, del tipo:
* la scuola pubblica sta per essere annientata;
* tornare al maestro unico è un danno enorme nei confronti della scuola e del nostro paese, e il grembiulino porta ad un modello scolastico fondato sull’autoritarismo;
* di questo passo rimarrà ben poco del nostro sistema scolastico, ad ogni livello.

Si può legittimamente dissentire, e ci stanno anche le frasi ad effetto, ma da parte di chi si pronuncia in maniera talmente severa andrebbe parimenti spiegato perché oggigiorno vi è un crescendo di iniziative volte a rievocare e a recuperare le nostre vecchie tradizioni; iniziative che vedono di norma una larghissima e compiaciuta partecipazione di pubblico.

Va decisamente evitata la semplificazione dei fenomeni, anche perché la loro analisi richiederebbe ben altre competenze, tuttavia, ragionando un po’ a braccio, il constatare che le usanze del passato esercitano un tale e diffuso interesse sta verosimilmente a segnalare una certa qual insoddisfazione per le odierne consuetudini e per i paradigmi che ci siamo dati...

Se questa nostra tesi regge, e parrebbe di sì alla luce di quanto andiamo registrando intorno a noi, e se a nostra volta non vogliamo cadere in contraddizioni ed incongruenze, non dovremmo aver timore a voltarci indietro, quantomeno per non precluderci la possibilità di comparare i diversi modelli organizzativi che si sono andati succedendo nel tempo, compresi quelli scolastici, e da lì tirare una qualche somma (possibilmente senza preventive scomuniche e senza dogmatismi).

Lo scopo non deve essere certo quello di retrocedere, cancellando i risultati ottenuti, ma piuttosto il ricercare le risposte più idonee ed adeguate rispetto alle molteplici complessità che stanno improntando questa nostra epoca.

Potrebbe essere anche l’occasione per interrogarci più a fondo sul perché sia andata arretrando la cultura dei valori che un tempo permeava i diversi corpi sociali delle nostre comunità, e per vedere se e come porvi rimedio con il concorso di tutti quei soggetti che in merito possono dare un contributo.

E’ semplicemente questo lo spirito e il significato di queste nostre righe e riflessioni.

(Paolo Bolognesi e Marino Friggeri, consiglieri della Comunità Montana)

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Pezzi correlati:
- Riforma della scuola / "Non ci si capisce molto... " (14 ottobre 2008)

13 COMMENTS

  1. Maestro unico?
    Maestro unico e grembiulino non sono i nodi centrali della cosiddetta “riforma” Gelmini. In genere ci si riferisce a questi provvedimenti evitando di discutere sul fatto che la scuola viene trattata come mero capitolo di spesa, da tagliare come e più di altri. Non si considera più un investimento per il futuro. Per quanto riguarda il maestro unico trovo tuttavia singolare che per affrontare il momento attuale, e quelli futuri, si applichi una soluzione che già una ventina di anni fa era considerata inadeguata. Non si può affermare che il maestro unico va bene perché anche noi in fondo avevamo solo un maestro. Nel frattempo sono passati anni e anni. E, sì, la situazione è un po’ cambiata. E pare destinata a cambiare ancora…

    (y.t.)

  2. Ben appunto…
    …proprio perchè la situazione è cambiata non in meglio (il tema dei valori e del rispetto non è citato a caso nell’articolo di cui sopra), occorre interrogarsi se la mancanza di un riferimento forte (maestro unico) nei bambini sia stato un metodo pedologicamente valido. Basta chiedere come va in fatto di disciplina ed educazione agli insegnanti di oggi…

    (IE)

  3. Belle parole, ma…
    Anch’io, per questioni anagrafiche, sono un prodotto del “maestro unico”, ma anche dell’esame di ammissione alla scuola media (quando esistevano le “professionali”), dell’esame di abilitazione magistrale con tutte le materie del corso di studi, dell’esame di ammissione all’università (perchè avendo frequentato le magistrali si poteva accedere solo a Magistero previo esame), del corso di studi universitari di vecchio conio con quattro esami di latino di cui una traduzione scritta dall’italiano (una specie di incubo!) e tutto il resto.
    Non mi considero per questo un eroe o un privilegiato e non credo che chi si è diplomato o laureato dopo abbia meno “numeri”.
    Semplicemente sono cambiati i tempi, le esigenze e le prospettive e tempi nuovi esigono metodi educativi nuovi!
    Qualcuno forse rimpiange i tempi della bacchetta e dei ceffoni in classe?
    Belle parole, quelle di Friggeri e Bolognesi, ma resta il fatto che la “riforma Gelmini” prevede il taglio di decine e decine di migliaia di insegnanti e di operatori scolastici, mentre la popolazione scolastica cresce e per di più diventa sempre più difficile l’azione educativa per l’assenza delle famiglie, per la molteplicità degli stimoli sui bambini ecc. ecc.
    I numeri non sono discutibili e la @Cratio#C che sta dietro a questa cosiddetta “riforma” è esplicita: spendere meno!
    Per di più si rischiano (e speriamo che gli enti locali siano in grado di metterci una pezza!) si rischiano gravi danni per le piccole scuole della nostra montagna, di cui Friggeri e Bolognesi sono amministratori, sia pure all’opposizione.
    Credo che ci si debba rimboccare le maniche, tutti insieme, per porre un rimedio ai possibili danni.

    (Pietro Ferrari)

  4. La vera riforma della scuola
    Sul maestro unico circolano fraintendimenti plurimi (innanzitutto: sarà sempre affiancato da un docente di inglese); il più ideologico è quello secondo cui costringerà molte elementari a ridurre il tempo pieno, penalizzando i bimbi più poveri. Non è vero: grazie al maggior numero di maestri disponibili, il tempo pieno aumenterà del 50 per cento. Il punto più contestato sono i tagli alle spese della macchina scolastica, gigantesca e dispendiosa e non sempre oculata. L’obiettivo è risparmiare quasi 8 miliardi in tre anni, che il ministro vuole reinvestire, in parte, proprio nella scuola. Quindi: non è vero che la riforma toglierà risorse agli istituti e non è vero che lascerà gli insegnanti a secco. È il contrario: dal totale risparmiato due miliardi saranno destinati, in parti quasi uguali, all’innovazione da un lato e, dall’altro, a gratificare i docenti con un bonus annuale da 5 a 7mila euro. I soldi per l’innovazione sembrano pochi? Fino ad ora, nel bilancio dell’Istruzione, occupano un microscopico 0,3 per cento. La riforma prevede risparmi significativi: quasi 8 miliardi in tre anni. Ma il ministro ha chiarito di non voler penalizzare la formazione e l’innovazione. Anzi. Il piano prevede di reinvestire parte dei soldi risparmiati (due miliardi di euro) in parte per gratificare i prof. e, in parte, per l’innovazione delle scuole. Cioè quella voce del bilancio dell’istruzione che, fino ad ora, ha rappresentato un misero 0,3 per cento (rispetto al 97 per cento costituito dagli stipendi). I soldi saranno investiti per le dotazioni tecnologiche, il rinnovamento delle strutture e la formazione. C’è chi sostiene che per fare cassa è stata abolita l’educazione civica. E’vero l’esatto contrario. Una delle novità della riforma Gelmini è proprio quella di aver reintrodotto lo studio dell’educazione civica come materia obbligatoria nelle scuole. L’apprendimento dei principi della Costituzione, quindi, diventa uno dei cardini dell’educazione dei ragazzi. Il nome della disciplina sarà «Cittadinanza e Costituzione »: si tratta di un «grande ritorno» dopo gli alti e bassi (soprattutto i secondi) vissuti dalla materia introdotta per la prima volta nella scuola italiana dall’allora ministro Moro che, nel lontano 1958, la abbinò allo studio della storia.
    Ritengo che le varie proteste sollevate dal mondo della scuola (ma non solo) contro la riforma Gelmini prosegue, cresce, ma si nutre di se stessa, più che di fatti. Il decreto rimane un totem sullo sfondo: da abbattere, indipendentemente dal contenuto.

    (Damiano Ferretti)

  5. Fumo negli occhi…
    Il grembiule e il voto in condotta sono solo spot pubblicitari, che il ministro Gelmini propina continuamente, nascondendo, come fumo negli occhi, la reale drastica portata dei provvedimenti (D.L. 133, D.L. 137) che ha proposto e che il Parlamento ha approvato e sta approvando in tempi ristrettissimi. La pubblicità… è l’anima del commercio!! Anche se non corrisponde alla realtà!

    (Commento firmato)


  6. Per favore: basta con il grembiule e il maestro unico, i giochi sono molto più grandi e tutti lo sanno benissimo. Dagli amministratori locali, poi, e dalle opposizioni, si vorrebbe più attenzione ai veri bisogni del territorio, non ai bisogni dei loro partiti. Suggerirei, comunque, di proporre classi separate per i poveri, che sono quelli che rompono di più con tutti quei loro bisogni. Rispondo con le parole di Raniero La Valle.

    (Normanna Albertini)

    * * *

    ” …come dice ora lo stesso Fondo Monetario Internazionale, l’intero sistema mondiale è ‘sull’orlo del collasso’, ed è stato fermato proprio sul baratro con i nostri soldi, con i soldi che non c’erano per i maestri, ma che senza limiti sono stati dati alle banche; e intanto il presidente della Banca Mondiale annuncia che quest’anno ci saranno cento milioni di nuovi poveri. Il Dio Mammona ci ha tradito.
    Questo significa che l’intera ‘governance’ del mondo, a partire almeno dalla rimozione del muro di Berlino dell’89, ha fallito, trascinando nella crisi l’intera ideologia dell’occidente, il suo ‘nomos’; che la grande pensata di risolvere tutto di nuovo con la guerra era un delitto; e che tutta la sicurezza ostentata dal potere galleggiava su una bolla. Ma se a portarne la responsabilità sono le classi dirigenti, politiche ed economiche, queste classi dirigenti vanno cambiate. Certo non subito, e non tutte insieme, perché altre non ce ne sono, non sono pronte: tagliare la testa degli uni non significa che altri ce l’abbiano sulle spalle.
    Ma sicuramente il vero compito che la crisi ci pone davanti è di preparare nuove leve di uomini e donne capaci di ripristinare la politica come arte del vivere insieme, il diritto come essere per gli altri, la giustizia come dare a ciascuno ciò che non è già suo, se si tratta del pane, del lavoro, della vita, l’economia come scienza della comunione e della giusta attribuzione dei beni, per tenere in ordine la casa e la terra. Queste nuove classi dirigenti dovranno essere informate dei fatti e dotate di tutte le competenze e la sapienza necessarie; esse dovranno essere preparate non nei consigli di amministrazione e nelle accademie, ma nel cuore vivo della società, nell’esercizio della vita quotidiana e comune, nel lavoro, nelle comunità e nelle chiese e nella scuola di tutti, con dentro gli stranieri e i disabili, i borghesi e i proletari, i capaci e gli immeritevoli. Non la scuola della Gelmini.

    Raniero La Valle

  7. Ma ci sta veramente a cuore il futuro dei ragazzi?
    La discussione è importante, tocca nel vivo il futuro della società e chiama in causa tante componenti, la famiglia per prima. Ma la famiglia collabora con la scuola? A sentire i professori pare proprio che la partecipazione sia scarsa. A sentire le famiglie pare proprio che il livello dei professori sia “mediocre”. A sentire chi si improvvisa “ragioniere dei tagli alla cosa pubblica, scuola compresa”, pare che tutti i mali siano da attribuire alla proprosta di riforma Gelmini. Oguno dice la sua in questa novella Babele, e il rischio è quello di convincerci che un piccolo dibattito non strutturato ci esoneri da ulteriori impegni di ricerca di soluzioni. Ma se ci sta davvero a cuore il futuro dei
    giovani dovremmo fare tutti dei “mea culpa”, insegnanti per primi. Certo malpagati, certo non aiutati dalle famiglie, certo poco riconosciuti.
    Da un racconto di una mamma chiamata dalla scuola per provvedere agli ausili scolastici per il figlio si potrebbe scrivere un pezzo kafkiano.
    Lo riassumo.
    “Arrivo a scuola puntuale alle 9, i cancelli sono aperti, nessuno mi ferma, arrivo nel corridoio e intravedo una bidella. Faccio vedere la mia lettera di convocazione, lei dice ‘un attimo’. Passa un’ora, non ritorna. Altre due mamme subiscono la stessa sorte, vanno in un corridoio e le perdo di vista. Aspetto paziente. Ore 10. Mi inoltro e incontro un signore, gli chiedo dove posso andare… Mostro la lettera. Mi dice: ‘deve venire da me, la bidella non l’aveva avvertita… ‘. Però lui non poteva fare nulla ora… perchè i ragazzi erano fuori, in un’altra unità… Chiedo di parlare con il direttore, ma mi dicono che al momento è occupato. ‘Signora, le conviene venire un’altra volta’, mi consiglia cortese. Sono le 11. Me ne torno a casa. Sono furiosa per la mattinata (chiesto ferie) andata a vuoto. Telefono, chiedo del direttore, risponde lui… Ma come sono fortunata! Racconto l’episodio… si scusa per i disguidi. Domando ma perchè a quasi un mese dall’inizio dell’anno scolastico non ci sono ancora i prof. in tutte le materie… Mi risponde che è difficile trovarli… Nessuno ama insegnare in montagna… prima c’era un buono punti per la montagna… sa, ora non c’è più… a parte che alcuni accettavano e poi poco dopo… malattia…
    Mi fermo mi qui, mi pare esaustivo… Non è quindi un problema di grembiulino o maestro unico… E’ un problema di professionalità, regole, eccessiva sindacalizzazione di una categoria che purtroppo non gode più del rispetto che aveva una volta perchè TUTTA LA SOCIETA’ E’ PRIVA DEL SENSO DEL RISPETTO, del dovere; una società che non ha più a cuore il futuro dei figli.
    Quindi per me non è peregrina la discussione proposta da Bolognesi e Friggeri. Molte volte per capire le cose serve mettersi fuori dallo schema, soprattutto dallo schema politico-partitico.
    “Il re non si era accorto, a forza di delegare, che… era nudo… e solo”!

    (Marisa M.)

  8. Diritto allo studio
    Difficile, se si ha cervello e si vive in montagna, essere d’acccordo col ministro Gelmini. Il diritto allo studio deve essere sacro e intoccabile; ma che diritto possono avere bambini di 6 7 anni che vivono a Succiso, Ospitaletto, Cerreto, ecc. se ancor prima di sedere sui banchi di scuola devono fare 35-40 chilometri? Ma che a nessuno venga in mente che in questi anni le amministrazioni, gli enti pubblici hanno sempre agito per il bene dei paesi più deboli cercando di mantenere, anzi di incrementare, la possibilita per i nostri bambini e ragazzi di avere le stesse possibilità di istruzione di chi abita in città (vedi micronidi, scuola di musica, ecc… ) con notevoli sacrifici ma anche grandi soddisfazioni. Se si deve risparmiare si risparmi sugli sprechi del sistema politico centrale! E che grandi risparmi ci sarebbero!!! Ma, caro ministro, giù le mani dai più deboli: noi non resteremo a guardare!!!

    (Loredana Giudici)

  9. Riforma o semplice riduzione del tempo scuola?
    – Nella scuola dell’infanzia l’orario obbligatorio… si svolge anche solamente nella fascia antimeridiana, impiegando una sola unità di personale docente per sezione…
    – Nella scuola primaria va privilegiata, ai sensi del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137, l’attivazione di classi affidate ad un unico docente e funzionanti per un orario di 24 ore settimanali.
    – L’insegnamento della lingua inglese è affidato ad un insegnante di classe opportunamente specializzato… in via transitoria, e fino all’a.s. 2010/2011, potranno continuare ad essere utilizzati… docenti specialisti esterni alle classi.
    – L’orario obbligatorio delle lezioni per la scuola secondaria di I grado (media) è definito, in via ordinaria, nella misura di 29 ore settimanali (rispetto alle 32 attuali).
    – Le classi funzionanti col tempo prolungato… saranno ricondotte all’orario normale qualora non dispongano di servizi e strutture per lo svolgimento obbligatorio di attività in fascia pomeridiana per almeno tre giornate a settimana, ovvero non sia previsto il funzionamento di un corso intero a tempo prolungato.
    – L’orario obbligatorio di lezione nei licei classici, linguistici, scientifici e delle scienze umane sarà pari ad un massimo di 30 ore settimanali…
    – Per gli istituti tecnici e professionali… l’orario obbligatorio delle lezioni non potrà essere superiore a 32 ore settimanali, comprensive delle ore di laboratorio.
    – Riorganizzazione della rete scolastica…
    Si può dunque stimare che una buona percentuale di istituzioni scolastiche, compresa tra il minimo certo del 15% e il massimo probabile del 20%, non sia legittimato a funzionare come istituzione autonoma… (si andrà al) progressivo superamento delle attuali situazioni relative a plessi e a sezioni staccate con meno di 50 alunni.
    – …il rapporto alunni-classe si eleverà di uno 0,20 con riferimento all’a.s. 2009/2010 e di uno 0,10 in ciascuno dei due anni scolastici successivi.
    – Risparmi. Gli obiettivi attesi sono quelli indicati nella relazione tecnica di accompagnamento al decreto legge n. 112/2008, convertito dalla legge n.133/2008 e nel totale generale si quantificano in:
    Personale docente 87.341
    Personale ATA 44.500
    Totale 132.841 (circa 13% di tutto il comparto)
    Estratto dallo “Schema di piano programmatico del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze”.
    Cosa aggiungere ancora? Il vero tema sono i grembiuli e il voto in condotta o che ci saranno meno insegnanti, meno personale non docente ma, soprattutto, meno ore di lezione? Quale idea di sviluppo c’è dietro a provvedimenti che da un lato accollano ai cittadini i debiti di Alitalia (definita strategica) e dall’altro tagliano così pesantemente le risorse dell’istruzione?
    Si può parlare di “riforma” in totale assenza di metodi e contenuti? O è più appropriato parlare di riduzione dell’offerta d’istruzione pubblica?
    Infine, cosa aiuta di più a ridare credibilità e autorevolezza (non autorità) alla scuola, rimettere un unico maestro e il voto di condotta o smetterla di dichiarare che i docenti sono tutti assenteisti, fannulloni e guadagnano troppo?

    (Giuliano Maioli, assessore alla scuola del Comune di Castelnovo ne’ Monti)

  10. Riduzioni di organico
    Anche stamattina il ministro Gelmini, durante un’intervista telefonica, ha riconfermato che non verrà licenziato nessuno… E allora i tagli per 87.341 posti docenti e 44.500 posti ata del D.L. 133 dove verranno fatti?

    (Commento firmato)

  11. Non per ultimo
    Colpisce il tentativo di difendere un decreto che deve prendere atto dei tagli di Tremonti in sede di finanziaria con delle elecubrazioni sull’educazione civica, sul voto che combatte il bullismo, etc. etc. La verità è che si chiudono scuole, si riducono le ore delle materne e delle elementari e, ultima chicca, si reintroduce la classe differenziata di vecchia memoria. La scuola italiana, soprattutto dalle medie in su, ha bisogno di essere ripensata, ma non certo in questo modo.

    (Paolo Ruffini)


  12. D’accordissimo sulla dilagante mancanza di senso del rispetto: capita, ad esempio, di scrivere più volte una mail ad un assessore chiedendo un appuntamento e di non ricevere nessuna risposta. Però. Chi dovrebbe insegnare il senso del rispetto? Chi appoggia coloro che vanno in Bulgaria vestiti di croci uncinate inneggiando al Duce? Chi giustifica gli episodi di violenza razzista dicendo che razzismo non è? Chi, presidente del Consiglio, risponde con un “me ne frego” (già motto di un altro condottiero) a chi gli prospetta l’opposizione dell’avversario politico (che, comunque, tanto avversario non è… )? Oppure costui, costoro? @Lhttp://www.youtube.com/watch?v=g_VfYTwetwc@=www.youtube.com#L.
    L’ora di educazione civica potrà rimediare a tutto questo?

    (Normanna Albertini)

    Non avrei nessuna difficoltà a votare un partito di destra, a questo punto, se seriamente facesse una politica di risposta ai bisogni dei cittadini, di tutti i cittadini, se davvero amministrasse in nome del popolo sovrano, come dice la costituzione, e non in nome dei banchieri e degli speculatori. Il problema è che non è così e non sembra esserci via di uscita. Non è solo in crisi il capitalismo, è fallita proprio la democrazia.

  13. Votare per dei valori
    Mi lascia un po’ perplesso la neutralità di valori nel discorso politico. Dire che uno schieramento è votabile solo se risponde ai bisogni del popolo sovrano è, a mio parere e con tutto il rispetto, soprattutto in tempi di crisi pericoloso per la democrazia. Riconoscersi in valori e idee è importantissimo, la scuola pubblica stessa, l’istituzione della media unica, la soppressione delle classi speciali, addirittura il tempo prolungato, sono nati grazie a valori di uguaglianza e libertà per le persone.

    (Simone Ruffini)