Ritornando da un incontro in Valfurva, ho preso la decisione di scrivere questa settimana qualcosa di allegro. In mezzo a tante tristezze, scrivere qualcosa di piacevole, che strappasse un sorriso a chi mi legge. Ecco perché vi parlo del clown, personaggio che mi ha affascinato fin da piccolo, quando correvo al circo, per sorridere dei suoi lazzi e scherzi.
Personalmente sono convinto che un pezzo di clown vive in ogni persona che viene al mondo “con ali e cuore di bambino”. Ho sempre creduto poi che sia nato il settimo giorno, quando il Creatore decise di riposarsi e di fare festa per avere tratto dal suo cilindro magico il mondo! Il clown è stato come un’apparizione nella mia vita, un qualcosa di magico e misterioso, di gioioso e triste insieme come il clown disegnato da Chaplin nei suoi films.
Il clown del circo con la sua filosofia di vita mi ha insegnato molte cose: "Sulla pista del circo tutta la sofferenza della condizione umana è incarnata dal clown che prende gli schiaffi ma non c’è schiaffone, bastonata o martellata o colpo d’accetta in testa, non c’è caduta rovinosa che possa distruggerlo: il clown si rialza e rinasce sempre” (Rouault).
L’ho trovato molto vicino alla vita errante e vagabonda dei ragazzi al margine, ragazzi guasti, ragazzi di strada, con i quali vivo da anni. Tante volte in scena avevo raccontato le loro storie, i loro drammi.
Dopo avere incontrato il Clown, insieme abbiamo deciso di tacere sulle nostre lacrime e di rappresentare la vita “sorridendo”, senza forse renderci conto subito che dietro alla figura del clown schiaffeggiato, amato dai bambini e schernito dai potenti, c’era quella del Christus patiens, del don Chisciotte dai mille sogni spenti, dell’Idiota di Dostojevskij, di Gimpel di Isaac Singer, il quale credeva che la luna fosse caduta dal cielo e che le mucche volassero sopra i tetti. Credeva alle storie impossibili per non dare del bugiardo a chi gliele raccontrava: “Creder, spero abbia fatto a loro del bene!”. E il rabbino lo elogiò come elogerebbe tutti i clown: “Gimpel, meglio essere un idiota tutti i giorni che essere malvagio per un’ora sola”.
Il clown non può essere malvagio e neppure un idiota, come la gente usa oggi questo termine. Il clown Sa che la gioia deve nascere dentro di sé per essere vera. I bimbi sono la misura del suo sorriso, intuendo loro più facilmente se il riso è dell’istrione o di chi è nato “il settimo giorno”!
Grazie mille
Sono parole bellissime. Il riso è stato bistrattato da una cultura di chiesa che parlava ancora di stultiloquio e trova poco posto pure tra i discorsi dotti. Tra i rabbini è invece molto usato per insegnare verità e infatti lei lo ha inserito. Mi piace molto sentir parlare di gioia e di allegria dalla gente di chiesa, che vive in mezzo alla gente di quello di cui vive la gente. Credo che con Orazio si possa dire “ridentem dicere verum”, perchè il riso insegna, ed è anche per questo che è molto umano come lei ha sottolineato.
Ancora molto bello.
(mn)