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Sugli incidenti stradali

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Riceviamo e pubblichiamo la seguente lettera aperta all'ispettore capo del distaccamento della Polizia stradale di Castelnovo ne' Monti, Roberto Rocchi.

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Carissimo Rocchi, leggo con sempre estrema attenzione i Suoi interventi in merito a ciò di cui non vorremmo mai interloquire. Dinnanzi ad immani ed inimmaginabili tragedie le Sue opinioni sono sempre pacate, misurate, intrise di tanta esperienza, professionalità e di ciò che appare sempre più ammantato nelle fumose nebbie dei ricordi : il buon senso.

Tra le tante cose, La ringrazio perchè innanzi a tutto non cade in una facile, e peraltro davvero sterile ed inutile, demagogia; non si fa coinvolgere da questa specie di demonizzazzione con cui sempre più spesso il mondo dell'informazione affronta simili tragedie.

In più, cosa questa da scrivere come assolutamente meritoria, si "gioca" personalmente sul campo in operazioni educative e di sensibilizzazzione davvero encomiabili come, ad esempio, il Suo intervento di Pratizzano. E soprattutto ho sempre apprezzato la sua idiosincrasia ai proclami urlati dinnanzi a microfoni e telecamere...

Tutto ciò premesso e sottolineato, mi permetto di offrire un mio modestissimo contributo per offrire una chiave di lettura che esuli dall'oramai consunto e desueto stereotipo "moto-demonio".

Iniziamo con l'evidenziare un dato imprescindibile : a differenza di un veicolo a quattro ruote la motocicletta, avendone solo due, è una costante sfida alle inalienabili leggi della fisica. E' questo l'inalienabile assunto sul quale poi si innestano tutte le altre questioni, non certo da ultima quella relativa al fatto che purtroppo non tutti i motociclisti, o per dirla in burocratese, l'utenza delle due ruote, pare avvalersi dei talenti che il buon Dio gli ha fornito.

Come Lei ben sa, percorro decine di migliaia di km all'anno in sella a svariati tipi di moto, in qualsiasi stagione, affrontando tutti i tipi di percorsi e ciò a cui assisto quasi quotidianamente mi fa letteralmente rabbrividire. Per come vengono utilizzate certe tipologie di moto, siamo "fortunatamente" ad un livello basso di incidentalità.

Ma mi chiedo: la responsabilità di questo scriteriato modo di viaggiare è totalmente ascrivibile alla mancanza di buon senso e raziocinio del conduttore oppure si innesca un mix eplosivo di irrazionalità umana e devastanti leggi di mercato?

Per essere più chiaro, oggi una così definita supersportiva di 1.000 cc oltrepassa l'allucinante rapporto, per una moto stradale, di 1/1. Vale a dire che il peso, mediamente sui 180 kg, è di poco inferiore alla potenza che si sta avvicinando ai 190 cv. Una più "abbordabile" 600 cc vanta ad ogni buon conto una potenza media sui 135 cv per un peso, sempre medio, di 160 kg. Ma chi è veramente in grado di "gestire" queste mostruosità?

Il progresso tecnologico (leggi elettronica), l'evoluzione dei materiali, un sempre migliore affinamento di ciclistica e pneumatici hanno reso questi mezzi tremendamente "facili", illudendo la stragrande maggioranza degli utilizzatori di essere in grado, anche nelle situazioni critiche, di controllarne e gestirne l'immane potenza. Ma purtroppo non è così. A questo poi si aggiunge il folle ed insano vezzo di alloggiare, peggio del più scomodo dei pappagalli sul più impervio dei trespoli, il passeggereo sul sellino posteriore. Che poi sellino non è ma solo una pseudo-imbottitura del codone/parafango posteriore. Questa manovra muta completamente la ciclistica del mezzo, stravolge le dinamiche del pacchetto telaio/sospensioni-ammortizzatori.

Non ci si è mai chiesti perchè la quasi totalità degli incidenti che vedono coinvolte moto di questo tipo con a bordo un passeggero avviene in unscita dalle curve? Semplicemente perchè appesantendo in modo anomalo il retrotreno si alleggerisce oltre ogni limite l'avantreno, rendendo la moto eccesivamente sottosterzante. In modo meno tecnico significa che il mezzo tende inevitabilmente ad allargare la traiettoria di percorrenza della curva incrementando esponenzialmente questo fenomeno in uscita. Con le immaginabili conseguenze. E allora perchè uno Stato che voglia davvero tutelare la salute dei propri cittadini non vieta il passeggero in presenza di certi tipi di motocicli? Ancora: non potendo certo frenare il progresso tecnologico quindi la possibilità di creare mezzi sempre più performanti, perchè non si obbligano gli utilizzatori a frequentare corsi di guida veri, non bluff, dove si impara a conoscere e soprattutto gestire la "cavalleria" di una moto?

Se può essere d'aiuto un modestissimo contributo personale, pur andando in moto da quasi, ahimè, 40 anni, il mio approccio alla strada si è radicalmente modificato da quando, fortunatamente oramai tanti anni or sono, ho avuto la fortuna di provare in pista queste moto aiutato e consigliato da fior di istruttori. Solo in quelle circostanze ho compreso davvero cosa significhi avere tra le gambe e soprattutto gestire queste potenze mostruose e micidiali. Impensabile ritenere di esserne in grado anche su di una normale strada per giunta aperta al traffico.

L'assicuro, caro Rocchi, che da allora certe moto le provo solo in pista e soprattutto il mio modo di viaggiare si è radicalmente modificato. Comprendo altresi molto bene le leggi del mercato e so perfettamente quale importanza ha nel settore questo segmento.

Ma perchè allora nessun concessionario organizza per i propri clienti stages in pista? Solo perchè in un momento di fortissima recessione questi non sono ritenuti costi sopportabili? Beh, mi pare che ciò possa essere assimilato al gesto di quel tale che per fare un dispetto alla propria donna affronta una certa mutilazione... Più prosaicamente qualcuno ha mai pensato di calcolare il danno creato da questa demonizzazzione della motocicletta?

Insomma, credo che davvero occorra mettersi in cammino. O in moto... in tutti i sensi, perchè la strada da percorrere è ancora lunga e tanta. Nell'augurio e nella speranza di avere sempre al fianco persone come Lei, carissimo ispettore Rocchi.

Con stima ed amicizia.

(Paolo Comastri)