Martedì mattina, ore 7, davanti al bar Polo, a Castelnovo ne' Monti. Ci incontriamo qui per partire insieme per Reggio. Oggi prestiamo servizio alla mensa della Caritas diocesana di Reggio Emilia. Un appuntamento importante, inserito nel "Patto per una Comunità Educante", firmato a maggio.
Le quindici persone richieste per garantire il servizio ci sono; anzi, ce n'è qualcuna in più. Un bel gruppo in cui sono rappresentate tutte le età, i più anziani che da anni prestano sevizio, i nuovi e i giovani. Sì, i giovani ci sono e sono un bel gruppetto. Qualcuno, assonnato, entra in macchina e non dice una parola; altri ridono, si salutano. Ci si divide e bisogna partire. Perché alle 8 bisogna essere in via Adua, dove è situata la struttura Caritas.
E alle 8 circa, puntuali, ci siamo. Il responsabile, Licinio Paterlini, ci accoglie. Poche parole, niente convenevoli, distribuzione rapida dei compiti, perché - ci spiega - alle 11 il pranzo deve essere pronto. Iniziamo così la nostra giornata alla mensa. Chi in cucina , chi in sala, chi a preparare il self-service, chi le borsine. I ragazzi lavorano, puliscono e preparano i tavoli. Licinio, dai modi a volte un po’ bruschi, dirige e sorveglia.
Arrivano le 11 troppo velocemente e non siamo pronti, sforiamo di un quarto d’ora. La gente attende, fuori dai cancelli si è formata la fila. Due parole prima di iniziare a servire, una preghiera e apriamo. Sono due ore intense, per tutti. All’una non c’è più nessuno in fila. Tanti i pasti serviti, 160 persone hanno potuto sedersi, mangiare e prendere una borsa con il pasto per la sera.
Pranziamo anche noi, tutti insieme, ed è un bel momento, mangiamo quello che è rimasto. In Caritas - ci spiega Licinio - non si butta via niente. E un pasto non lo si nega a nessuno. Poi la parte più dura, ripulire tutto, cucina, sala, bagni e alle tre la mensa è pronta, pulita per il gruppo che domani curerà il sevizio e per i tanti, tantissimi che alle 11 saranno al cancello ad aspettare di mangiare.
Una “buona“ giornata; soprattutto, e questo è stato il parere di tutti, utile e ricca per chi è andato. Licinio, salutandoci, ci ha invitato: la mensa è aperta tutti i giorni - Natale, Pasqua, Ferragosto compreso - di gente c’è sempre bisogno e chi ha voglia…
Qual è lo scopo?
Non sappia la destra quel che fa la sinistra non vale più? Adesso si suonano le campane? Anche la “nostra” educazione adesso si fa sulla stampa, esiste solo se c’è visibilità pubblica? Mi sembra che in diverse scuole medie, certamente in quella del mio paese, ad esempio, i ragazzi di terza vadano da alcuni anni a prestare servizio qualche giorno alla mensa della Caritas… senza chiamare la stampa… Gli sarà rimasto meno? Ameranno meno, saranno meno solidali? Che cosa dà valore alle cose, che cosa insegna ed educa davvero? Qual è il confine tra la testimonianza e il bisogno di dirsi bravi, ci abbiamo pensato? Faremo la carta dei servizi anche per la carità? Personalmente penso educhi solo l’autenticamente vissuto, l’autenticamente condiviso o gioito o sofferto. Il che spesso si accompagna al silenzio. Continuo a pensarci su, prima di tutto io.
(Commento firmato)
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@CBeh, lo scopo non era precisamente quello di “suonare le trombe”. Tanto è vero che nel pezzo non è nominata nessuna persona. Era piuttosto quello di fare presente una tappa di quel “Patto per una comunità educante” che prova in questo modo ad uscire dai “tavoli” e a concretizzare.
(red)#C
Una giornata in mensa
Condivido il commento della redazione. L’unico nome fatto è quello del responsabile della mensa. Anzi, speriamo che possa servire a quelli come me che non possono dire “c’ero anch’io”.
(Ermete Muzzini)