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Controcorrente / Dalla parte dei bulli

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Non per difendere il fenomeno “bullismo” e neppure per “banalizzarlo” ma per un senso di solidarietà con chi è bullo e viene giudicato troppo spesso come colui che rompe, che scomoda, spaventa, senza andare oltre alla facciata nel tentativo di scoprire le radici della sua aggressività, che ha un grave limite: esplode solo contro i deboli, esplode solo quando altri lo sostengono, esplode solo dove gli stessi adulti si fanno pecore e non sono per niente leoni! Per paura di danni! Per evitare fastidi! A se stessi! Alle famiglie!

“Capisco di sbagliare, ma fin da piccolo sono cresciuto sulla strada! Le botte che ho prese, ora le ridò agli altri. Il preside mi ha detto che applico la pena del contrappasso come Dante Alighieri. Ma io non so neppure chi sia Dante Alighieri: io so solo che questa mia rabbia da qualche parte, la devo sfogare!” (A.A., anni 16); “I miei quando mi hanno messo al mondo dovevano essere ubriachi! Fin da piccolo ho visto solo scene di botte, d’insulti, di sedie che volavano” (U.G, anni 15); “Io il Paradiso non so se c’è, l’inferno, sì, è come casa mia!” (L.C, anni 21).

Potrei continuare a dire che è la famiglia all’origine del bullismo. Mi sarebbe fin troppo facile asserirlo! Con il giudice Lamy, protagonista di un famoso romanzo sull’emarginazione, sento di affermare di fronte al “bullo”, quello che lui diceva di Roberto Alano, “un cane perduto senza collare”, un ragazzo difficile che apparteneva a nessuno, randagio fin dal nascere: «Quando interrogo un ragazzo, non smetto dentro di me, di accusare i suoi genitori; ma quando a loro volta li interrogo… ah, trovo noi tutti colpevoli! I giudici dovrebbero anche fare della prigione, una volta almeno!».

Giro il messaggio non solo a chi è facile a giudicare, ma a coloro che in qualche modo lavorano tra i giovani: non basta sentirsi colpevoli, dobbiamo intervenire non accusando ma educando! E’ un primo passo, forse il più importante, certamente indispensabile!