In mezzo alla neve alta, in un pomeriggio di vento, a 1500 m. di altezza, in Val Formazza, con i miei ragazzi stavo rivivendo la Passione di Cristo. Vestivano tuniche, improvvisate con lenzuola e coperte, mentre il giovane, che dava la voce a Cristo, era in croce, nudo come i due ladroni, crocifissi uno a destra e l’altro a sinistra.
Non c’erano spettatori: non era una rappresentazione ma una preghiera corale di giovani dal vissuto sofferto, poveri Cristi, che nella loro carne avevano provato l’abbandono e il tradimento come il Profeta di Nazareth. Si ritrovavano nella sua storia, loro stesso “ricercati”, emigranti, nati e vissuti al margine della città, non accettati da chi mal tollerava la presenza delle persone scomode, dei guasti della Storia, della società.
Invitati alla preghiera personale, di fronte al Cristo in croce, uno di loro, un giovane calabrese di Vibo Valenza, tiro fuori dalle tasche un biglietto, dove aveva scritto: “Anch’io, Signore, ti perdono!”, una formula insolita, che sapeva di atto di accusa. “Ti perdono per avermi dato un padre sbagliato e una madre da marciapiede! Ti perdono per non essere nato da un atto d’amore ma per un gesto crudele di violenza. Ti perdono per avermi fatto vivere tanti anni sulla strada, tanti anni in istituto. Io ti perdono, ma tu perdona anche me!”,
Se la prendeva con il Signore per essere nato per caso, per essere vissuto per caso, sballottato da una parte all’altra dell’Italia come pacco postale. Non era certo un ragazzo dai pantaloni a vita bassa, quello che si rivolgeva a Cristo Signore, senza forse rendersi conto che il Figlio di Dio in croce non era il grande Colpevole dei mali della Storia, del Dolore del mondo: lui stesso ne era la Vittima perché, come cantava una delle canzoni dei miei ragazzi, è sempre Cristo che soffre, piange, muore là dove c’è chi è vittima della violenza, della guerra, del terrorismo, della miseria. “Ma tu perdona anche me!”. Dall’alto della “Croce terribile”, il Cristo perdona il giovane accusatore, gli promette il Paradiso: “Null’altro si dissero, finché venne la fine” (Borges)...
Parole che sanno emozionare
Grazie, Don Chiari, per avermi dato la possibilità di leggere e riflettere. La dignità dimostrata da quel ragazzo, un diverso per molti, le sue parole, il suo grido, vanno dritte al cuore. Muovono. Spero che aiutino anche altri a pensare, ad ascoltare.
(Cinzia Formentini)
Messaggio insolito, quello del ragazzo, che il caro Don Chiari ci porta a leggere. Dico grazie anche io al sacerdote; anch’io ho parole simili al ragazzo nelle mie tasche e nei miei cassetti… ma ancora non riesco io a perdonare.
(Commento firmato)
Per riflettere
Quante volte ho pensato simili frasi, ma è vero, il Cristo è anche lui una vittima… Che dire… speriamo nel perdono. Grazie Don.
(mn)
Grazie a Don Chiari
Grazie, Don Chiari, riesci sempre a farci capire che c’è bisogno di stare coi piedi per terra e che siamo tutti uguali (più o meno fortunati) sotto questo cielo.
(Paolo Ferretti)