Domenica 11 maggio, festa della mamma. In proposito, riceviamo e pubblichiamo.
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Come sindacalista della Cgil e donna, in questi giorni mi sento di dover fare una riflessione, specifica, su di un tema che in vari modi ha attraversato la campagna elettorale; ma un tema che in termini concreti vede sempre, e solo, pochi attori costretti ad inventarsi delle soluzioni: come si tutela concretamente la maternità in questo paese? (!)
Mettiamoci nei panni di una neo mamma e seguiamo i suoi pensieri.
La maternità è tutelata moltissimo in modo moralistico, ma in termini concreti la lavoratrice, madre e la sua rete famigliare (quando c'è), nel momento in cui decide, liberamente, di avere un bambino, si trovano a fare i conti con tanti precetti e POCHI diritti.
Dal concepimento al parto, a meno che non si sia esposte a lavoro a rischio o non si abbia una gravidanza a rischio (in questo caso scatta l'interdizione da subito), la lavoratrice può solo scegliere se stare a casa, al settimo o all'ottavo mese di gestazione pagata al 100 % (MA non in tutti contratti): e per 5 mesi sta a casa.
I festeggiamenti finiscono presto! Perché inizia la domanda del come fare dopo, i conti dei periodi in cui la lavoratrice può stare a casa, a fare la mamma, si fanno alla svelta: se faccio un lavoro a rischio ho a disposizione altri 4 mesi (pagati al 100%), e il nascituro ha 7 mesi. In caso contrario comincio a fare i conti con permessi per allattamento (1 o 2 ore pagate al 100%) fino al compimento del 12° ( ma ovviamente mi serve qualcuno che mi tenga il bimbo mentre lavoro).
I nonni sono sempre una grande risorsa (se ci sono!). Specie, quando tappano i buchi di uno stato sociale che, con assegni famigliari e detrazioni, pensa che un neonato cresca con .1.500,oo Euro all'anno (forse in Francia e in Spagna fanno più bambini, non perché sono più vivaci, ma perché quegli stati credono nel futuro?).
Posso fare domanda di aspettativa facoltativa (6 mesi in tutto, e pagata al 30%), ma poi riesco a pagare l'affitto o il mutuo?
La poesia della vita si scontra contro la realtà dei conti che devono quadrare.
Idonea, faccio domanda in ditta per avere il lavoro a orario part-time; MA la ditta non è obbligata a concedermelo! (speriamo che il padrone sia sensibile al problema e che la accolga... ).
Potrei pensare di metterlo al nido, ma la retta la paghiamo piena, perché con i redditi di mio marito (operaio) superiamo la fascia.
Ma come è complicato trovare una buona idea. Voglio fare la mamma MA devo lavorare!
Forse una soluzione la trovo, provo a chiedere alla mia vicina! Sono comoda io e a lei qualche soldino fa comodo. Prova un po’ a guardarlo…
Dusca Bonini, rappresentante sindacale Cgil di Castelnovo ne’ Monti (RE)
Tema: mamma ce n’è una sola…
Al mitico Pierino la maestra aveva assegnato il tema: MAMMA, CE N’E’ UNA SOLA!… Svolgimento. Ieri la mia mamma mi disse di andare in cantina a prendere due bottiglie di olio. Io andai di corsa, ma al ritorno le dissi: ” MAMMA, CE N’E’ UNA SOLA! “.
Auguri a tutte le mamme!
(U.G.)
Un primo passo per un serio sostegno ala maternità dovrebbe essere il riconoscimento di 6 mesi di “maternità obbligatoria” con stipendio al 100% dopo il parto. Con tutti i contratti. Se è vero, come indica l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che per i primi 6 mesi di vita l’unica alimentazione sana per il bambino è il latte materno allora se ne deduce che la mamma in quei 6 mesi non dovrebbe essere mai troppo lontana troppo a lungo dal figlio. Questo anche perché è dimostrato che il latte materno fa bene sia al piccolo che alla madre e credo sia interesse dello Stato avere cittadini in salute e che rischiano di ammalarsi di meno. E quindi un bell’investimento anche nell’informazione e nell’assistenza alle neomamme sull’allattamento al seno mi pare importante. Poi penso che bene ha fatto il precedente governo a introdurre detrazioni Irpef per i figli a carico. Circa 150 euro al mese che sono detratti dall’Irpef in busta paga. Molto meglio un’iniziativa così che un assegno una tantum, credo.
(Claudia Vago)