Home Cronaca “In montagna costa di più farlo. E si vende a troppo poco”

“In montagna costa di più farlo. E si vende a troppo poco”

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“I prezzi del Parmigiano-Reggiano non si giustificano per l’attuale situazione di mercato, particolarmente nell’area appenninica dove i costi sono maggiori ma anche la qualità trova maggiore riconoscimento”. E’ il giudizio espresso nel convegno della Cia sul Parmigiano Reggiano di montagna. Nell’analisi di Giorgio Davoli della Cia reggiana, è stato analizzato perché la situazione si può definire anomala: la produzione 2007 si è fermata a 3.080.000 forme, -0,50 per cento circa sul 2006; tendenza che continua da gennaio 2008 con un -0,39 per cento. Le giacenze al 31 gennaio 2008 erano dell’1.3 per cento più elevate rispetto alla stessa data del 2007, l’aumento ha interessato il solo formaggio di età inferiore ai 12 mesi; le scorte di formaggio di oltre 1 anno si sono infatti ridotte del 5.3 per cento. Tendenza che evidenzia che forse il nostro prodotto viene consumato più fresco, d’altronde confermato dai prezzi sostenuti del rigato e sbiancato. I consumi domestici del 2007 mostrano un aumento degli acquisti di Parmigiano-Reggiano dello 0,9 per cento, la quota di mercato del Parmigiano Reggiano, sul totale al consumo dei formaggi duri si è mantenuta al 31 per cento, con un incremento negli iper e super mercati del +3 per cento. Gli acquisti sono comunque aumentati più della media dell’intera categoria dei formaggi duri, per i quali i dati rilevati evidenziano una sostanziale stabilità (+0,2 per cento).

“In gennaio -ha affermato Davoli- è iniziata la contrattazione del formaggio prodotto nel 2007, rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente in febbraio il collocamento ha interessato una percentuale di prodotto maggiore 7,8 per cento rispetto al 6,7 per cento, ma sono in calo i prezzi nei primi due mesi dell’anno con medie di euro/kg 8,37 in gennaio, 7,95 in febbraio, sicuramente ancora più basso sarà per il mese di marzo, date le informazioni sulle vendite in questi giorni”.

Per reagire a questi nuovi venti di crisi, ha affermato Davoli e ribadito il presidente Ivan Bertolini nelle conclusioni, occorrerebbe oggi un consorzio del formaggio obbligatorio, una forte associazione di prodotto a latere del consorzio stesso. Intanto, si potrebbero almeno condividere tre o quattro elementi strategici urgenti da mettere in campo e trovarci veramente d’accordo per una loro applicazione.

Si tratta di attuare la “scolmatura” di almeno il 10 per cento nell’immediato per uscire dalla sovrapproduzione e quindi avere maggiore controllo delle quantità introdotte sui mercati, trasferendo parte del latte all’uso alimentare; mettere poi mano alla marchiatura dallo sbiancato, al rigato (dove non c’è crisi), da parte del Consorzio con un ritiro controllato dal mercato di questo prodotto; una politica commerciale di ampio respiro e prospettiva che guardi all’export con più convinzione, aiutando chi veramente porta il prodotto all’estero e conquista nuovi mercati, ed attuare una pubblicità mirata nei Paesi dove è possibile sviluppare il mercato.

“Serve un patto e rapporti più organici di filiera -ha detto Davoli- se vogliamo contrastare un’azione orchestrata da parte di società commerciali che fanno lievitare e scendere ad arte i prezzi con forti speculazioni. Serve realizzare una maggiore distintività dagli altri grana accentuando la qualità. Per la montagna, occorre trovare anche una risposta adeguata alla difesa della produzione, in vista dello smantellamento delle quote latte previsto per il 2015”.

L’intervento della presidente della Comunità Montana Nilde Montemerli ha sottolineato l’esigenza di aprire il settore agricolo a tutto il contesto produttivo della zona montana come elemento di qualità diffusa del territorio, per fare squadra territoriale.

Eros Valenti, vicepresidente del Consorzio Parmigiano-Reggiano, analizzando la situazione difficile e persistente del mercato del Parmigiano Reggiano ha sostenuto la necessità di creare un Consorzio di tutela obbligatorio cercando di coinvolgere tutte le istituzioni, affinché i produttori trovino un interlocutore unico e partecipato per vendere il loro prodotto, cosa che non è possibile oggi, considerato l’attuale statuto del Consorzio.

Davide Barchi della Regione Emilia-Romagna si è soffermato sulla troppa burocrazia; sostenendo che va ricercato un maggiore coordinamento tra le regioni e le realtà locali per gestire normative come la direttiva Nitrati. La stessa amministrazione pubblica rischia di soffocare. L’agricoltura direttamente utilizza una parte importante dei fondi comunitari, che vanno ancora sostenuti e mantenuti, visto il beneficio diretto al territorio in generale e non solo al settore agricolo. Ci ancora spazi per ridurre i costi produttivi nelle aziende, in specifico nel settore zootecnico migliorando i sistemi di allevamento e delle produzioni del latte.