Quando i giornali che contano agli occhi della gente parlano di oratori, mi viene da dubitare della loro onestà nello scrivere! Sarà un pregiudizio, ma quando avviene qualcosa dentro e fuori dell’oratorio, non conoscendo la realtà e il servizio che esso offre alle comunità civili, alle famiglie, ne parlano male, enfatizzando i fatti, quasi con il gusto di affermare che gli oratori non sono più isole felici per i ragazzi che li frequentano: nei giorni feriali, specie nelle nostre periferie, sono ragazzi immigrati, quelli che a casa o nel quartiere non hanno un cortile o uno spazio per stare, soldi per frequentare piscine o palestre, le varie scuole di calcio o di arti marziali… Sono i più poveri, che almeno all’oratorio trovano accoglienza, non sono buttati fuori, il giovane prete li chiama per nome, si interessa di loro, della scuola, della famiglia.
Questo riesce bene se ci sono famiglie che condividono lo spirito dell’oratorio: non un ambiente chiuso, protetto, selettivo ma chiesa-giovane che va incontro ai bisogni dei ragazzi, delle ragazze, dei giovani, chiesa-fuori dal tempio, dove il prete e i cristiani vivono l’esperienza del Buon Pastore che esce in cerca della pecora smarrita. Naturalmente, non sono così sprovveduto da non tenere presente alcuni accorgimenti, un minimo di norme ragionevoli da chiedere a chi li frequenta: l’attenzione e il rispetto delle persone, delle cose, l’invito ad accettare, sia pure gradualmente il progetto educativo, che contempla anche l’offerta religiosa, l’apertura a Dio.
Lasciati soli, senza grandi sostegni economici da parte delle istituzioni, guardati a volte con diffidenza dagli stessi “parrocchiani”, non avendo la garanzia della presenza costante di educatori, assunti o volontari, i preti d’oratorio possono andare in corto circuito, andare in tilt. A volte sembra loro “di lavorare in perdita; di soffrire in perdita; morire in perdita; stupidità che il nostro mondo non capisce, né scusa, né tollera”. Che lo vogliano o no, la vita di un prete in oratorio è legata al suo “perdersi” per coloro che ama, non sempre riamato; che accoglie, non sempre riaccolto. Ma il perdere, nella logica evangelica, è un vero guadagno! Il prete d’oratorio che passa le sue giornate in cortili, polverosi o dagli asfalti caldi d’estate, pieni di fango d’inverno richiama la presenza del Cristo che tiene le braccia spalancate e il cuore aperto: “può donare il perdono ai crocifissori e il paradiso al buon ladrone”. Con i ragazzi e le ragazze, le occasioni di perdono sono tantissime ma anche di paradiso.
L’oratorio dove i ragazzi possono giocare, danzare, fare teatro, praticare sport, vivere l’amicizia, esercitarsi nel volontariato, imparare a camminare a testa alta nella vita, a dare qualcosa di sé agli altri, sviluppando la bellezza del dono, è paradiso, spazio di gioia, occasione d’incontro con il Volto di Cristo, che motiva lo stare del giovane prete in oratorio.
Grazie dunque a quanti lavorano in oratorio, ai preti giovani che si sono messi decisamente dalla parte dei ragazzi, attivando un lavoro di prevenzione attraverso l’educazione e l’evangelizzazione, che favorisce l’integrazione anche con chi viene da lontano ed è garanzia di futuro sicuro per questa società che sta rapidamente cambiando. Chi lavora in oratorio, stia tranquillo: ha aperto un credito senza limiti con Dio. E Lassù gli interessi sono davvero infiniti!