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Aromaterapia: profumo di benessere

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Laerte: Il niente che dice è più che tutto.
Ofelia: C’è il rosmarino, per il ricordo; amore, ti prego, ricorda; e ci sono le viole, per i pensieri.
Laerte: Pensieri e ricordi appropriati, una lezione anche nella pazzia.
Ofelia: C’è il finocchio per voi, e le colombine; per voi la ruta, e ce n’è anche per me; possiamo chiamarla erba della grazia domenicale;...

Shakespeare, Amleto, Atto IV, Scena I

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L’aromaterapia, disciplina dalle radici molto antiche, vuole approfondire proprietà e usi delle essenze aromatiche al fine di favorire il benessere psicofisico della persona e prevenire/curare determinate patologie. Pur risalendo la sua origine a oltre 2000 anni fa (uso rituale degli olii essenziali), il termine ‘aromaterapia’ si legge per la prima volta solo nel 1937, quando il chimico francese Renè Gattefossè ne parla in merito all’uso degli olii essenziali in dermatologia e cosmesi (in particolare l’utilizzo della lavanda per guarire delle ustioni ad una mano). Oltre all’uso cosmetico e terapeutico, però, gli aromi vengono, da sempre, comunemente impiegati anche per scopo alimentare e profumiero.

Prima dell’avvento della distillazione, oggi comunemente utilizzata per la produzione di essenze concentrate, gli olii essenziali venivano estratti dalle piante per spremitura o macerazione. Poichè sono delle sostanze liquide volatili (in grado di evaporare a temperatura ambiente), essi riescono a raggiungere facilmente le nostre vie aeree stimolando così l’olfatto, che percepisce moltissimi profumi più e meno intensi. Parecchie piante sono ricche di olii essenziali e, a seconda dei casi, questi possono essere presenti soprattutto a livello di fiori, foglie, radici, corteccia. Sulla base della loro volatilità, si distinguono olii essenziali con nota alta dominante (nota di testa, per es. arancio, basilico, eucalipto, timo), nota media dominante (nota di cuore, per es. camomilla, finocchio, lavanda, menta, rosmarino, salvia) e nota bassa dominante (nota di base, per es. cannella, gelsomino, incenso, saldalo). Mentre i primi, più volatili, agiscono molto rapidamente con effetto stimolante a livello spirituale ed emozionale e sono utili, per esempio, per favorire la concentrazione e i secondi hanno una azione intermedia, i terzi agiscono a livello fisico con un’azione prevalentemente rilassante e stabilizzante e possiedono un aroma più duraturo nel tempo. Per quanto riguarda le proprietà chimiche delle essenze, esse dipendono dai molteplici principi attivi contenuti negli olii essenziali: alcoli, aldeidi, chetoni, esteri, terpeni e molti altri che cambiano profondamente anche in funzione delle condizioni climatiche e ambientali di crescita delle piante dalle quali gli olii vengono estratti. Ad oggi, per esempio, sono stati individuati ben 160 diversi principi attivi costituenti nella lavanda. La composizione chimica influenza le proprietà terapeutiche delle essenze e, proprio per questo, la ricerca attuale si è indirizzata verso l’individuazione dei metodi più adatti per la raccolta delle piante, l’estrazione e preparazione degli olii e l’utilizzo delle essenze.

La loro azione non è mai specifica per un solo apparato o organo, bensì è globale e interessa l’organismo nel suo insieme, in tutte le sue affezioni. Per questo l’aromaterapia non va considerata come un rimedio puramente sintomatico ma, piuttosto, come un trattamento generale in grado di agire a più livelli. Le azioni farmacologiche più note sono quella antisettica e antiparassitaria, quella irritante su cute e mucose e quella sul sistema nervoso centrale. L’attività antisettica trova impiego per uso esterno (pomate, soluzioni disinfettanti, per es. tea tree, melissa, bergamotto) e per uso interno (antisettici del tratto urinario e delle vie respiratorie, utili per esempio per trattare cistiti o bronchiti). Per le loro proprietà irritanti alcuni olii essenziali vengono utilizzati come espettoranti (utili per il trattamento di affezioni bronchiali con tosse, per es. timo, pino, eucalipto). Alcuni posseggono un’azione digestiva e carminativa (anice, finocchio, menta) e leggera attività antispastica (melissa, rosmarino, camomilla) che li rende utili per chi soffre di problemi di stomaco (gonfiore, spasmi, difficoltà digestive). Inoltre, in alcuni casi posseggono una modesta azione sedativa utile nei casi di insonnia e disturbi psicosomatici (lavanda, sandalo), o viceversa un’azione stimolante sul sistema nervoso centrale, come la canfora e l’assenzio. Ancora, possono essere utili in caso di disordini reumatici e artrosici, quando sia cioè indicata una stimolazione della circolazione sanguigna locale (es. ginepro, olmaria, rosmarino), elemento che conferisce ad alcune essenze anche un buon potere cicatrizzante utile per trattare piaghe ed ulcere cutanee (es. lavanda, timo, rosmarino, salvia). Il loro assorbimento può avvenire sia per via esterna (inalazione, bagno, assorbimento cutaneo, massaggio, ecc) che per via interna (assunzione orale), entrambe da usare con cautela e sotto il controllo di specialisti del settore. Per via orale vanno abitualmente assunti nella dose di 1-3 gocce 1-3 volte al dì, con un cucchiaino di miele lasciandolo sciogliere lentamente in bocca o con un tazza di the caldo o in una zolletta di zucchero o del pane. Per ottenere il massimo risultato è opportuno assumerli al risveglio se diuretici e depurativi, 15 minuti prima dei pasti se ricostituenti e rimineralizzanti, lontano dai pasti se antisettici, sedativi della tosse, antireumatici, protettori epatici e riequilibranti del ciclo mestruale, dopo i pasti se digestivi o antifermentativi e prima di dormire se sedativi, ipnotici e favorenti la circolazione. Per via esterna, invece, possono essere assunti per diffusione (nell’ambiente, in contenitori di ceramica o porcellana riscaldati da una candela), massaggio (2 gocce di essenza in due cucchiai di olio di jojoba o altro in base alle affezioni da trattare), inalazione (1-5 gocce in acqua bollente respirando profondamente per 5 minuti), gargarismi (una goccia in un bicchiere d’acqua come colluttorio o per gargarismo), impacchi (1-5 gocce in 100 ml d’acqua, si immerge un panno e strizzatolo si applica sulla pelle), applicazione cutanea diretta (per esempio toccature di propoli o tea tree su placche alle tonsille), bagno (10 gocce in poco miele aggiunto all’acqua) o doccia (2-3 gocce sulla spugna frizionando sul corpo) e pediluvio (3-4 gocce in acqua calda immergendo i piedi per 10 minuti).
Vanno conservati in bottiglie scure, vista la loro sensibilità alla luce, e a temperatura ambiente con tappi a tenuta, per evitarne la rapida evaporazione.

L’uso eccessivo non è privo di pericoli: essendo molto concentrati, gli olii essenziali hanno un indice terapeutico piuttosto basso, ossia il passo tra l’attività terapeutica e quella tossica è molto breve. Ecco perchè la loro assunzione, soprattutto se orale, va seguita dal medico. Possono causare sensibilizzazione ed irritazione in alcuni soggetti e risultano tossici se assunti per via orale sopra i 20 ml circa. In gravidanza va evitato l’uso in particolare di alcune essenze quali anice, canfora, ginepro, rosmarino, salvia, timo, così come in soggetti con tendenza a crisi convulsive vanno evitati canfora, cedro, finocchio, rosmarino e salvia. E’ sconsigliato, inoltre, il loro utilizzo nei bambini al di sotto dei 3 anni, nei soggetti allergici e sofferenti di insufficienza renale o problemi epatici.

L’aromaterapia è in grado di coinvolgere, attraverso la percezione dei profumi, anche l’emotività, la memoria (limone, menta, rosmarino), la sensibilità e tutte le aree cognitive correlate, oltre al sistema endocrino (controllo degli ormoni, utili per esempio per resistere allo stess) e immunitario. L’anosmia (incapacità di percepire gli odori) determina, infatti, un abbassamento delle difese immunitarie e sembra essere in relazione con alcuni tipi di depressione psichica.

Attualmente sono disponibili molti dati relativi all'attività degli oli essenziali, derivati da sperimentazioni in vitro ed in vivo condotte su modelli animali, ma scarseggiano ancora gli studi clinici sull’uomo.