Si discuteva in treno sul mondo d’oggi. Erano alcuni giovani, che tornavano da un Campo di lavoro, quindi “impegnati”: si parlava di povertà e di ricchezza, di denutrizione e di spreco, di inquinamento, di guerre e di potere. Non erano alti i toni, nel dialogo aperto si riconosceva che le sorti del mondo dipendono da tutti, concludendo che per quanto fosse difficile trovare i canali sociali per dare il proprio contributo alla pace, alla giustizia, allo sviluppo, questo era sempre possibile a livello personale o di gruppo, di volontariato, che trova in persone generose e ben ispirate il terreno per sviluppare azioni di pace, un cambio di mentalità, una cultura nuova dei rapporti tra persone e popoli.
“E’ importante dare segni e gesti esemplari”, diceva una ragazza, che da anni lavora per i poveri del Terzo Mondo, “Anche sorridendo!”, aggiungeva un giovane che è clown in ospedale ed era stato anche in Sri Lanka dopo lo tsunami. “Ma rimane sempre una distanza forte tra le nostre azioni personali e le responsabilità di chi detiene il potere economico o politico, sottolineava quello che sembrava il leader del gruppo. Bisognerebbe sconvolgere, diceva, i criteri di giudizio, i valori determinanti, il modo di pensare, i modelli di vita e dare maggiore respiro all’azione di volontariato, superando quello occasionale, festivo, degli intervalli e far diventare la solidarietà la linea fondamentale della propria esistenza”.
Solidarietà! Mi sembra lo “spazio nuovo” da reinventare in forme nuove per liberare giovani e adulti dall’egenomia indiscussa del sistema socioeconomico, segnato dal conflitto di interessi, dalla fuga dall’impegno politico, dalla corsa del benessere, che spesso mortificano ogni idealità.