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La prevenzione del tumore al collo dell’utero

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Il vaccino contro le infezioni da papillomavirus (HPV), registrato in Italia nel febbraio 2007, apre scenari completamente nuovi nella prevenzione con le vaccinazioni. Se l’obiettivo rimane la prevenzione da un’infezione, la grande novità è che si tratta di un’infezione che può provocare un tumore. Da qui il grande interesse scientifico e per la possibile ricaduta sulla salute della donna. L’altra novità è che la strategia vaccinale richiederà – in modo molto più accentuato rispetto ad altre vaccinazioni - il coinvolgimento e la messa in rete di diverse professionalità sanitarie di area clinica e della prevenzione che si occupano della salute dell’infanzia, della vita riproduttiva e della donna: dalle ostetriche ai ginecologi, ai pediatri, ai medici di famiglia, al personale dei servizi vaccinali, fino agli oncologi e agli epidemiologi , ma anche i tanti soggetti che interagiscono a vario titolo nella società, come le associazioni femminili e il mondo dei media.

In una strategia di tale complessità - come indica con chiarezza l’OMS - diventa quindi cruciale il ruolo di coordinamento e indirizzo delle azioni, della formazione degli operatori sanitari e dell’informazione rivolta al pubblico. In questo senso sono impegnati i servizi di sanità pubblica nazionali e regionali.

Le aspettative sul vaccino e l’integrazione con il programma di screening per la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori del collo dell’utero

Sappiamo che dopo 5 anni dalla vaccinazione le donne che non avevano ancora avuto rapporti sessuali, sono risultate molto ben protette (fino al 100%) dalle lesioni pre-cancerose dovute ai due papillomavirus contro i quali agisce il vaccino che sono circa il 70% di tutti quelli che provocano tumori della cervice uterina. Sarà però necessario sorvegliare con cura cosa accade con il passare del tempo monitorando sia l’infezione da HPV sia il tumore e non abbassare la guardia sul pap-test che indaga anche il restante 30% dei papillomavirus. In proposito l’Emilia-Romagna ha in atto fin dal 1996 un programma di screening per la prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori del collo dell’utero, che propone il pap-test ogni tre anni alle donne dai 25 ai 64 anni e che è già al quarto round di chiamata (circa 1.200.000 le donne interessate). Il vaccino rappresenta quindi un’arma promettente per la prevenzione del tumore, da affiancare allo screening.
Gli scenari futuri sono difficili da prefigurare. Servirà una solida azione di monitoraggio e una continua verifica della situazione epidemiologica. E’ previsto anche un “registro” delle vaccinate conservato dai Dipartimenti di sanità pubblica delle Aziende Usl, e da conservare anche dalle dirette interessate in quanto sarà utile in occasione dei controlli previsti dal programma di screening.

L’offerta del vaccino alle adolescenti dal compimento degli 11 al compimento dei 12 anni

L’offerta del vaccino verrà fatta alle adolescenti di 11 anni perché la risposta immunitaria al vaccino è risultata più elevata nelle età più giovani e perché l’efficacia protettiva del vaccino è più alta in chi ancora non ha ancora avuto rapporti sessuali. Nelle donne che hanno già incontrato i papillomavirus, l’efficacia è risultata più che dimezzata. L’infezione è molto frequente dopo l’inizio dei rapporti sessuali, interessa circa il 75% delle donne. Per lo più si ha una guarigione spontanea e completa, ma nel 10-20% dei casi, l’infezione persiste e può dar luogo a lesioni pre-cancerose che hanno un’alta probabilità di progredire in tumore - nell’arco di 20-30 anni – se non vengono diagnosticate e curate.

La strategia per l’offerta del vaccino a livello nazionale – il documento all’attenzione della Conferenza Stato-Regioni

La Conferenza degli Assessori e quella dei Presidenti delle Regioni hanno affrontato i tanti problemi insiti nell’introduzione di questa vaccinazione, arrivando ad alcune decisioni comuni fondamentali come l’individuazione dell’età target a cui offrire gratuitamente e attivamente il vaccino (le ragazze nel 12° anno di vita cioè dal compimento degli 11 anni fino al compimento dei 12 anni) e le tappe delle azioni da perseguire in modo coordinato, rispetto all’organizzazione, alla formazione e all’informazione. Tutto ciò è contenuto nel documento sulla “Strategia per l’offerta attiva del vaccino contro le infezioni da HPV”, predisposto dal Ministero in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e le Regioni, ora all’attenzione della Conferenza Stato-Regioni.

La vaccinazione in Emilia-Romagna

La nostra Regione, anche senza l’accordo a livello nazionale, inizierà quindi la vaccinazione delle ragazze nate nel 1997, a partire dal gennaio 2008, mentre l’opportunità e la modalità di offerta in età successive, dovrà essere ulteriormente valutata.
L’informazione alle cittadine e ai cittadini e la formazione degli operatori verrà garantita dal Servizio sanità pubblica della Regione, come è consuetudine per tutte le vaccinazioni. Particolare attenzione verrà data alla sorveglianza delle reazioni avverse, indispensabile per valutare un vaccino di nuova introduzione. La maggior parte degli strumenti necessari per il monitoraggio di questa vaccinazione, sono già attivi e ben funzionanti: registro delle vaccinazioni in ogni Dipartimento sanità pubblica delle Aziende Usl, registro tumori regionale riguardante il tumore del collo dell’utero e le lesioni precancerose, la farmacosorveglianza, i dati sulle partecipanti allo screening.

I costi stimati

Per l’Emilia-Romagna, il costo per l’acquisto dei vaccini per le tre dosi (intorno a 350 euro) in una coorte di adolescenti ( circa 16.000) è di circa 5,5 milioni di euro, cui si aggiunge il costo organizzativo.
A livello nazionale si è stimata una spesa di 75 milioni di euro per la vaccinazione delle 280.000 ragazze di 11 anni.