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Aiut Appennin chiede sostegno per il canile comprensoriale di Villa Minozzo

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Con un lungo comunicato stampa l'associazione AIUT APPENNIN, che gestisce il canile di Villa Minozzo,
illustra una bella iniziativa di fine anno per il sostegno alla attività e fa un po' di storia dell'impegno di questi anni della associazione.

Il Canile Comprensoriale dell’Appennino Reggiano, con sede a Villa Minozzo, ha una storia dietro le spalle davvero particolare.
In realtà non tanto diversa da quella di molte altre strutture, vista la situazione complessiva dei canili, ma ciò che si racconterà in questo spazio è scandaloso, come è scandaloso che tutto ciò possa calzare alla perfezione per molte altre situazioni.
La stampa si è già occupata del nostro canile come di un lager, con denunce in corso che hanno riguardato il precedente gestore, privato.
Siamo contenti perciò oggi di ritornare alla stampa per una cosa bella: la realizzazione di un calendario che ci permetterà, forse, di fornire a tutti i nostri ospiti una cuccia.

Siamo un’associazione onlus di volontariato, AIUT APPENNIN EMILIA ROMAGNA RICERCA E SOCCORSO, che opera sulla nostra montagna. L’attività principale del gruppo è costituita dall’unità cinofila, che si occupa della ricerca di dispersi. Dal novembre 2002 abbiamo in gestione il canile comprensoriale dei comuni montani, situato in località Salatte di Villaminozzo.
Perché il nostro interesse per i cani ha voluto comprendere anche quelli randagi.
Quando siamo entrati, la situazione del canile era veramente disperata: abbiamo trovato cani feriti, denutriti, femmine gravide.

I cani, sistemati in grandi box dentro un capannone, non avevano una ciotola, non una cuccia o un riparo che li isolasse dal bagnato e dallo sporco.
Nessun cane era vaccinato. Pochissime le femmine sterilizzate, mescolate nei box insieme ai maschi.
Alcuni cani, sistemati alla catena in cucce esterne, avevano ripari inadeguati: senza fondo o con un tetto non impermeabile.

Il primo giorno di gestione, sabato 22 novembre, è da noi ricordato come memorabile al di là di ogni immaginazione: noi, che nella maggior parte dei casi eravamo stati in un canile solo qualche volta, in visita, siamo entrati nei box con secchi di zuppa, assaltati dagli animali affamati.
Non sappiamo quanto cibo abbiamo distribuito quel primo pomeriggio, ma la parola d’ordine che ci eravamo dati era di continuare senza limiti, finchè nessuno avesse più chiesto.

La maggior parte di noi è entrata dopo nel canile, e ciò che ha visto è stata solo l’ombra di quanto doveva essere successo in precedenza. Ma ricordiamo che nei primi mesi la cosa considerata più importante era di tenere controllate le femmine, poiché quelle che non erano gravide, o a termine di gravidanza, erano in calore, o lo sarebbero state presto.

Molti di noi in quel primo bailamme hanno trovato come soluzione quella di portarsi a casa propria una cucciolata, per proteggere i piccoli e la madre da freddo e sbranamenti. Spesso gli animali che dovevano rimanere per un periodo limitato sono rimasti. Per sempre. E molte delle nostre famiglie “animalesche” sono aumentate numericamente in modo considerevole.

In quel primo bailamme la barbarie delle lotte feroci per il possesso delle femmine e le ferite da morso erano all’ordine del giorno, così come le malattie da sovraffollamento ed incuria.

La fatica è stata immensa, è tuttora immensa, con una mole di lavoro notevole, distribuito fra volontari e operatori. I primi hanno la responsabilità amministrativa della gestione, si occupano di coordinare e controllare che tutto avvenga nel migliore dei modi, tengono i rapporti con gli enti locali, comuni e comunità montana a cui appartiene il canile, fanno i lavori straordinari, come la preparazione di ripari, la sistemazione di box, la raccolta di quanto serve, promuovono le adozioni e le controllano, o, semplice ma non meno importante, portano a spasso i cani e stanno con loro.

Qualcuno di noi, mettendo ben a frutto le proprie personali competenze, ha persino pensato di fare un calendario per raccogliere fondi!
Gli operatori, che collaborano con noi, hanno il nostro stesso scopo e si occupano della gestione quotidiana degli animali: pulizia, terapie, alimentazione e catture.
Anche per loro una parte di lavoro è non dovuto e assolutamente volontario.

Oltre alla quotidiana pulizia e nutrizione dei cani, li stiamo controllando dal punto di vista sanitario e curando. Abbiamo microchippato, vaccinato e sverminato ogni animale entrato. Abbiamo continuato a sterilizzare le femmine per evitare cucciolate difficilmente collocabili. Stiamo effettuando sistemazioni alla struttura per permettere una qualità di vita migliore ai nostri ospiti, con ripari decenti per tutti; organizzazione di una zona degenza-infermeria, di una zona di quarantena per i nuovi arrivi, di una zona per cuccioli e animali che hanno bisogno di cure od osservazioni particolari.

Dopo quattro anni, possiamo cominciare a fare un bilancio complessivo dell’esperienza. In questo periodo sono stati ricoverati nella struttura quasi cinquecento cani; di questi circa trecentocinquanta sono stati adottati o restituiti.

La mortalità, se prima del nostro ingresso, non permetteva l’aumento in struttura del numero degli animali, nonostante le continue cucciolate, perché altissima, oggi è molto ridotta: noi vogliamo che i cani diminuiscano perché adottati, non perché morti di fame, mangiati dalle larve, o sbranati.

Dall’inizio del 2005, i nostri morti non hanno raggiunto la decina, e tra questi diversi sono stati anziani.
L’iniziativa del calendario, di cui sono stati promotori Carla e Richard, ha come scopo quello di comperare delle cucce coibentate, per sostituire quelle di legno che sono deperibili, sotto i temibili denti di chi non ha nulla da fare tutto il giorno, e riparare meglio dal freddo, in una struttura che lascia ancora un po’ a desiderare.

Un ringraziamento a Carla, ottima e pazientissima organizzatrice ed uno particolare a Richard, il nostro abile fotografo, che ha saputo cogliere il vero sguardo dei suoi soggetti, facendoci intravedere la complessità del loro animo, non solo cani in gabbia di cui aver pietà.
Un ringraziamento a Webster, musa ispiratrice, e a tutti coloro che ci hanno aiutato in questi anni ad andare avanti, soprattutto le nostre operatrici,che hanno sempre considerato il canile qualcosa di più di un lavoro.

ABBIAMO BISOGNO DELL’AIUTO DI TUTTI

E’ molto importante che il numero dei volontari aumenti, per migliorare la qualità della vita degli animali, che possono così uscire dai box per passeggiate più spesso, possono essere lavati più spesso e godere di qualche gesto affettuoso. Anche qualche ora ogni tanto è importante.
- Adottando un cane del canile o spargendo la voce presso chi ne desidera uno.
Il canile, anche nel migliore dei casi, permette una vita in condizioni precarie: i cani sono costretti a vivere in spazi ristretti, in gruppo, senza la possibilità del rapporto affettivo e di cura di un cane di proprietà.
Sono spesso cani che hanno vissuto esperienze di abbandono e sofferenza, e perciò particolarmente sensibili.
Non è vero che i cani del canile sono brutti, malati o problematici. Molti sono estremamente affettuosi, giovani, fisicamente in buona forma.
Non è vero che si riescono ad educare solo i cuccioli. La nostra esperienza diretta ci dice che anche un cane adulto può essere ubbidiente, affettuoso, accogliere i nostri insegnamenti e il nostro stile di vita, adattandosi completamente alle nostre esigenze.
- Contribuendo con quello che si può: cucce o materiale per costruirle; stracci di lana e coperte ( per riparare dal freddo); stracci di cotone (per l’infermeria, per asciugare e pulire); crocchette, scatolette, mangime in genere; offerte in denaro sul conto corrente bancario n. 1178704, presso la BANCA POPOLARE EMILIA ROMAGNA, intestato ad “AIUT APPENNIN EMILIA ROMAGNA RICERCA E SOCCORSO” con la causale: “Erogazione liberale, Canile Comprensoriale dell’Appennino Reggiano.
- Per ulteriori informazioni potete contattare il numero telefonico del canile 349/3451323 o 346/2395893.