Don Pier Luigi Ghirelli, parroco di Cervarezza nonchè animatore dell'apprezzato bollettino dell'alta montagna, insieme ad altri confratelli del crinale reggiano ha curato la stampa di un volumetto di carattere di riflessione e studio del libro dell'Esodo.
Pubblichiamo di seguito le impressioni di una lettrice.
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“Abbiamo anche noi un vitello d’oro?” Questo uno dei quesiti che dovrebbero condurci a riflettere sul libro dell’Esodo, ripresentato in questi giorni dal vicariato del crinale in un agile volumetto curato da don Fortunato Monelli, don Pier Luigi Ghirelli e Francesca Barbieri. In un momento in cui tanto si parla di necessità di dialogo interreligioso, è quanto mai importante tornare a leggere e cercare di conoscere le nostre scritture. Tutta la storia della Terra, così come la storia dell’umanità e quella personale di ciascun individuo, può essere letta come uno sforzo di Esodo più o meno giunto a compimento.
Anche nel Corano si parla di un Esodo, nella LIX Sura, Al- Hshr, “Egli è Colui che ha fatto uscire dalle loro dimore, in occasione del primo esodo, quelli fra la gente della Scrittura che erano miscredenti. Voi non pensavate che sarebbero usciti, e loro credevano che le loro fortezze li avrebbero difesi contro Allah. Ma Allah li raggiunse da dove non se Lo aspettavano e gettò il terrore nei loro cuori: demolirono le loro case con le loro mani e con il concorso delle mani dei credenti. Traetene dunque una lezione, o voi che avete occhi per vedere”.
L'Esodo è distacco totale da un territorio, da un patrimonio di conoscenze, da un ideale e, parallelamente, impegno per un diverso spazio, un’altra cultura, nuovi ideali. Ma è più di tutto una pratica imprescindibile, non diminuibile agli archetipi della logica, della sollevazione violenta o della guerra civile, per la conquista di un “Nuovo Ordine Mondiale”che posi i presupposti per la realizzazione di un più giusto stato di cose. L’Esodo si presenta, oggi, come requisito concreto di ogni civiltà che metta ancora in discussione le basi del proprio sapere, della propria storia e, con piena coscienza, si rimetta in viaggio.
E’, quindi, la risposta tangibile ad un’aspirazione e ad un’urgenza sviluppatesi in contesti di privazione e di schiavitù. Trasferimento vero da un territorio ad un altro, da un mondo circoscritto nelle proprie sicurezze, nei propri regolamenti e nei propri costumi a un altro mondo da edificare. L’Esodo non è una disfatta, ma una proposta di riscatto guidato da una promessa. Anche oggi, un “Esodo” può comprendere molte generazioni e spesso perde la sua logica, il suo senso storico, sconfinando nella rivoluzione violenta, nella guerra, nel sopruso, nella soppressione, nel rimpianto del passato, nei brontolii nostalgici, nell’infedeltà o nella amnesia.
È in ogni caso l’uomo “storico”, non l’uomo “biologico”, il consegnatario di ogni sofferenza, di ogni oppressione e di ogni emancipazione. È l'uomo storico che, concretamente, è tenuto a liberarsi. Non per niente Cristo si è incarnato nella storia dell’uomo. Nell’Esodo, l'Egitto viene chiamato «la casa degli schiavi», ma pure «la casa dei morti». L'Egitto raffigura il successo dell’idolo della morte sulla bellezza della vita. L’Egitto racconta il trionfo del potere politico assoluto, che non riconosce altro potere al di fuori e al di sopra di sé. Sulle miserie del mondo e sulle urgenze del popolo, il faraone chiude gli occhi. “Abbiamo anche noi un vitello d’oro?” Che cos’è per noi, oggi, la schiavitù in Egitto?
Siamo anche noi schiavi di idolatrie o di più o meno velate oppressioni? L'Egitto del popolo d’Israele incarna l'autoreferenzialità della politica, del sistema economico, ma anche dell’allora potere scientifico e della cultura. Da questo punto di vista, quella visione è quanto mai attuale. Per noi, oggi, l’Egitto non è più un’espressione geografica e politica lontana nel tempo e nello spazio, ma è l’allegoria di una condizione materiale e morale tangibile. L’Egitto raffigura l’immagine più efficace per esemplificare i dati costitutivi della realtà, del nostro mondo e delle sue illegalità e ingiustizie. L’Esodo rappresenta la fiducia che noi rimettiamo in qualsiasi gesto iniziale e in qualunque vita pronta a impegnarsi per un differente sviluppo della storia. E’ il racconto di un viaggio pieno di ostacoli, di paure, di ricadute, di dubbi, che ha ciò nondimeno come fine conclusivo il conseguimento di un luogo teoricamente definito dove rendere possibile la profezia dell’abbondanza, della giustizia sociale, della libertà, della salvezza.
Un volumetto, quello dei parroci del crinale sull’Esodo, che invita a conoscere con maggiore autorità una parte preminente delle sacre scritture, la base stessa a cui si rifanno tutti i successivi libri della Bibbia. In giorni in cui ci troviamo a dialogare con altre culture e religioni, è quanto mai importante conoscere la nostra cultura e la nostra religione, perché è impossibile il dialogo interreligioso se, da una parte e dall’altra, ci presentiamo come analfabeti.
(Normanna Albertini)