L’eccezionalità delle donne, attraverso le biografie di tre donne eccezionali, per pugno e cuore di una donna altrettanto eccezionale. Questa è, in sintesi, l’ultima impresa intellettuale di Julia Kristeva, bulgara trapiantata in Francia, classe 1941, intellettuale a tutto campo, capace di visitare le scienze umane a 360 gradi, come sta a dimostrare la sua vasta produzione, dagli esordi nella linguistica (“La rivoluzione del linguaggio poetico”, 1979) all’approdo, negli anni Ottanta, alla psicanalisi (“Sole nero. Depressione e melanconia”, 1986), poi applicata ai più importanti fenomeni sociali (“Stranieri a se stessi”), sino ad arrivare, passando per la produzione romanzesca (“I samurai”, 1991; “La donna decapitata”, 1997), alle biografie della trilogia “Il genio femminile”: “Colette. Vita di una donna” (2004), “Hannah Arendt. La vita, le parole” (2005), “Melanie Klein. La madre, la follia” (2006).
Tre donne eccezionali, a rappresentanza dell’eccezionalità del loro secolo, di quel Novecento certamente contraddittorio, ma inevitabilmente rivoluzionario: Colette ne simboleggia la componente letteraria e di costume, la Arendt il peso dei totalitarismi, Melanie Klein la pervasività della psicanalisi. Ne risulta un ritratto preciso del Novecento e delle sue eredità: è questo il secolo delle rivoluzioni nei costumi e nella letteratura, il secolo dei totalitarismi, il secolo della psicanalisi.
Tre donne eccezionali, accomunate da quei tratti caratteriali ed esistenziali che, se ricomposti, possono farsi emblema di quella potenziale eccezionalità verso cui ogni donna dovrebbe tendere, di quella unicità che rende le donne così preziosamente diverse rispetto agli uomini, pur non dimenticando che in ogni uomo è presente una componente femminile, così come in ogni donna c’è una componente maschile. Ecco perché, è il caso di dire, ogni coppia è in realtà un accostamento di binomi, è l’incontro tra la donna-uomo e l’uomo-donna.
Quali sono, quindi, gli elementi che accomunano queste tre donne eccezionali e che, per riflesso, vengono a comporre l’eccezionalità femminile?
Julia Kristeva mette in evidenza l’adattabilità delle donne, la loro capacità di far fronte alle difficoltà trovando ogni volta risorse nuove, dando lustro a una flessibilità che le rende tenaci alla sconfitta; ne è esempio il coraggio con cui Colette, la Arendt e la Klein, nonché una moltitudine di donne non celebri, siano riuscite a uscire dalla depressione. In parte riconducibile all’esperienza della maternità, vi è nelle donne una maggiore disinvoltura nei rapporti interpersonali, come se l’atto della nascita si riperpetuasse più volte nella quotidianità, a ogni incontro, a ogni scambio. Vi sarebbe nelle donne una maggiore praticità di tipo intellettuale, una capacità di compenetrazione tra vita e pensiero, come se il pensiero penetrasse nella vita vissuta, abbandonando la sua dimensione astratta e facendosi sentimentale. Da qui, la forte empatia nei rapporti interpersonali.
Colette, Arendt, Klein a rappresentare un’eccezionalità al femminile storicamente riconosciuta parecchi secoli dopo l’affermazione dell’eccezionalità maschile, nell’antichità appannaggio di dei e semidei, e poi di eroi e cavalieri. Fu il cristianesimo a proporre le prime figure di donne eccezionali, celebrando, accanto ai santi e ai beati, le prime sante. Non a caso, l’elemento discriminante della cultura giudaico-cristiana, quello per cui si differenzia in modo più netto dalle altre tradizioni culturali presenti sulla Terra, è proprio l’importanza attribuita all’individuo e alla sua individualità. Dal momento che non c’è eccezionalità individuale senza il riconoscimento da parte della società di tale eccezionalità, Julia Kristeva intravede un flusso aperto e bidirezionale tra l’eccellenza individuale e l’aspirazione a una società migliore: compito delle persone eccezionali sarebbe coltivare la propria eccezionalità, vedendosela riconosciuta dal corpo sociale in cui vivono, il quale a sua volta trarrebbe giovamento dalla presenza di queste persone, dalle loro opere, dal loro esempio, dalla loro vita.
Da qui la scelta, da parte dell’autrice, di scrivere biografie anziché saggi. Certamente sarebbe stato meno faticoso, per lei, scrivere un saggio sul genio femminile. Ma, assodato che il genio è vita, può un saggio raccontare la vita, la vita vissuta, e far sì che il lettore recepisca questa vita? Julia Kristeva ne dubita, perchè soltanto la biografia, la narrazione, ha il potere di trasformare le parole in materia viva. In materia di vita.
Raccontare vite eccezionali, da parte di una donna eccezionale, affinché altre donne tendano a questa eccezionalità: è un invito a vivere, a vivere da protagonisti la propria esistenza. Con genio.
Come sempre Zannoni coglie nel segno: più che stare a discutere su come educare i giovani, cominciamo a dare la possibilità di nutrimento intellettuale a tutti, proponendo figure come Hannah Arendt. Bravo Federico. Ci sono i giovani capaci di pensare, i giovani preparati, maturi, “adulti”. E hanno da insegnare a tanti adulti. Forse dovremmo solo prestare loro maggiore attenzione. E “usarli” sul territorio, invece di lasciarceli scappare!
(Normanna Albertini)
Il Tricolore
Domenico, posare con il Tricolore d’Italia ti fa onore (una bandiera mondiale che unisca tutti sarebbe bellissimo ma questo è pura utopia personale) e allontana il riduttivo progetto di Bossi e company di frazionare ulteriormente questa piccolissima e stupenda Penisola Italiana. Grazie e un forza Busana.
(Gennaro Tedesco)