Per la terza volta in quattro anni si è costituita una situazione di allarme per la carenza d’acqua ad uso irriguo a causa della secca del fiume Po. I consumi d’acqua potabile per scopi civili, industriali ed agricoli sono in costante aumento e la siccità di questi giorni ha risollevato il problema della scarsità di acqua potabile nella nostra provincia e in quelle limitrofe”.
Nella pianura padana è in atto, da diversi decenni, un cambiamento climatico che ha comportato, secondo gli scienziati ambientali e i meteorologi, un differente regime delle precipitazioni, concentrate in eventi più intensi e di breve durata durante le stagioni invernali e prolungati periodi di siccità durante le stagioni estive. La stessa Regione Emilia-Romagna ha denunciato il preoccupante fenomeno dell’abbassamento delle falde acquifere. L’abbassamento del livello delle falde comporta un’alta concentrazione di nitrati nelle acque utilizzate attualmente nelle abitazioni, costringendo i fornitori all’esecuzione di complessi trattamenti di potabilizzazione.
Le organizzazioni agricole di due regioni, la Lombardia ed il Piemonte, hanno richiesto lo stato di calamità naturale, mentre gravi difficoltà si preannunciano anche in Emilia-Romagna, non solo nelle aree alimentate dal Po, ma, soprattutto per quelle dipendenti dai corsi d’acqua appenninici e di cui fino ad ora non si è mai parlato.
La situazione, seppur drammatica, dei territori il cui sistema irriguo è alimentato dal Po sembra che possa far fronte alle emergenze fino al 30 luglio per effettuo dei rilasci d’acqua dai laghi idroelettrici lombardi, concordati in sede di cabina di regia dell’Autorità di bacino del Po, così non può essere per i territori emiliani e romagnoli che fanno riferimento ai corsi d’acqua appenninici, notoriamente in secca nel periodo estivo e non sostenuti da invasi accumulo di monte.
Una situazione di questo tipo non può essere sostenibile da parte della nostra agricoltura che viene chiamata ogni giorno a reggere il confronto con agricolture meglio strutturate e dotate di impianti di trattenimento dell’acqua per irrigui.
Da più parti è stata riconsiderata l’ipotesi di rispolverare il progetto di un invaso artificiale nel comune di Vetto d’Enza nel reggiano, l’intenzione di costruire un invaso sull’Enza di 100 milioni di metri cubi per la fornitura di acqua potabile e a sostegno dello sviluppo dell’agricoltura delle vallate sottostanti risale ormai ad una cinquantina di anni fa. Sono tanti anni che se ne parla ma nulla è stato fatto, a tutt’oggi il progetto della diga sembra l’unica soluzione per risolvere l’emergenza d’acqua.
I lavori per la costruzione della diga furono iniziati negli anni ’90 e subito interrotti per equilibri politici e di potere sulla gestione delle acque. La diga potrebbe essere utilizzata oltre che per la fornitura di acqua potabile anche per la produzione di energia elettrica.
(Fabio Filippi, consigliere regionale per Forza Italia)
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Il consigliere reggiano ha presentato un’interrogazione in Regione Emilia-Romagna chiedendo alla Giunta di valutare le prospettive derivanti dalla costruzione dell’invaso artificiale della diga Vetto.