Sono 5.414, nel 2010, le imprese registrate sull’Appennino reggiano, 25 in più rispetto al 2009. Una leggera crescita che sfida la crisi economica che non ha certo risparmiato l’area montana e che rappresenta un seme di speranza per il futuro.
A rivelare gli effetti della difficile congiuntura economica mondiale dal 2009 ad oggi, è l’indagine condotta dalla Camera di Commercio nell’ambito dell’attività dell’Osservatorio economico, coesione sociale, legalità e presentata nel corso della II Conferenza dell’Appennino reggiano.
I dati rilevano che il 60% delle aziende intervistate segnala, quali effetti conseguenti alla crisi, cali di fatturato ed il 40% problemi di liquidità. Il 34%, inoltre rileva un aumento dei costi e nel 16% dei casi si è purtroppo registrato anche un calo di occupazione. Per il prossimo biennio il 43% delle imprese prevede una stazionarietà del fatturato.
Per far fronte alla crisi il 54% delle aziende ha innovato in prodotto/servizio, il 30% nell’organizzazione ed il 18% nel processo. ùIl 62% delle imprese ha rapporti per fornitura di servizi con altre imprese della comunità montana, mentre solo il 24% per subfornitura produttiva.
“Si tratta di un’area – sottolinea Enrico Bini, presidente della Camera di commercio reggiana – alla quale, proprio per le sue peculiari caratteristiche, occorre dedicare particolare attenzione. E’ una realtà con un ambiente unico che va preservato e valorizzato e sul quale occorre investire per incentivare i giovani a rimanere. Solo con la loro presenza, le loro idee e la loro intraprendenza potremo assicurare un futuro al nostro Appennino”.
I fattori che determinano la presenza dell’impresa sul territorio sono prevalentemente dovuti, nel 74% dei casi, alla zona di residenza dell’imprenditore e/o dei soci, al legame affettivo di appartenenza al territorio (71%) ed alla qualità della vita e dell’ambiente (67% ). Molto meno per i servizi offerti dal territorio (6%), per la vicinanza della materia prima (8%) e trasporti e viabilità (11%). La carenza delle infrastrutture (54%), le difficoltà finanziarie (52%) e la riduzione dei mercati di sbocco (51%) rappresentano i maggiori rischi che potrebbero indurre a delocalizzare l’attività.
Fra gli interventi ad elevata priorità che le aziende auspicano per poter mantenere la loro attività in loco si registra, al primo posto (74% delle risposte), la richiesta di potenziare le infrastrutture viabilistiche, seguito dagli incentivi per progetti di ricerca e sviluppo (62%) e dalla richiesta di incentivi per impiego di energie rinnovabili (61% delle risposte). Sono inoltre ritenute priorità, ma con un’intensità decrescente, anche il sostengo all’innovazione tecnologica (49%), allo sviluppo delle reti telematiche e informatiche e progetti di collegamento scuola-lavoro (48%), sostegno alle reti d’impresa (41%), progetti di formazione imprenditoriale (38%).
Per l’Appennino nel suo insieme le priorità di intervento che gli imprenditori indicano, sono: economia e lavoro (82%), seguiti a ruota da trasporti e viabilità (80%) e dal turismo (78%). Molto importanti anche sanità, tecnologia, innovazione, servizi sociali e ambiente.
Secondo le imprese, i settori con maggior possibilità di sviluppo in montagna sono da individuare nell’ambito della difesa e della valorizzazione del territorio (60,2% delle risposte), dell’assistenza sanitaria (44,3%) e delle produzioni agricole (31,8%).
I risultati di questa e delle altre indagini condotte dalla Camera di Commercio nell’ambito dell’Osservatorio dell’Appennino reggiano a cui partecipano la Provincia di Reggio Emilia, i Comuni dell’area montana in collaborazione con le Associazioni imprenditoriali, le organizzazioni sindacali e le componenti della Scuola locale, sono disponibili sul sito http://osservatorioeconomico.re.it