Riceviamo e pubblichiamo.
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Ho seguito con estremo interesse il dibattito che si è creato in questi giorni a proposito della Festa della Canapa tenutasi a Felina lo scorso week end. Si è levato un coro di opinioni così disparate da creare un prezioso e unico caleidoscopio per uno psicologo sociale. Il compito della psicologia non è stabilire la correttezza di un comportamento, ne prende atto. O decidere se siano legittime le leggi che lo determinano, per quello ci sono gli organi preposti, bensì cercare di comprendere a fondo le motivazioni in causa. Che il tema sia di interesse collettivo è visibile dal numero degli interventi.
Credo che vadano fatte delle considerazioni cercando di tener presenti tutti i punti di vista, nessuno escluso. Alla luce di tutti i pareri, Redacon ha dato spazio a tanti anche non facili da pubblicare, fornendo una campionatura di opinioni socialmente rilevante.
Analizzando tutte le voci occorre partire dalla lettera del genitore in questione. La sua altro non è che una richiesta di aiuto e di rassicurazione. Ha esposto con umiltà le difficoltà genitoriali, rivelando un’ansia condivisa e universale che è quella del padre per il figlio adolescente. Traghettare un giovane dall’infanzia all’adultità è compito arduo, pieno di insidie, corredato da tempeste emotive, ricerca spasmodica di un’identità da parte del giovane non sempre facile da scoprire. E confusione lecita nel genitore che non riconosce più il figlio. Le paure che egli intraprenda condotte devianti fanno parte dell'inconscio collettivo.
Reggere le redini del conflitto tra generazioni costa fatica, energia, scatena rabbia, senso di impotenza. E si creano terreni minati da incomprensioni, litigi, sfide, e lotte per affermare gli uni la propria autorevolezza, gli altri l’esigenza di autonomia, di quello spazio necessario per differenziarsi, individuarsi. E questo avviene anche attraverso la ribellione, il bisogno di intraprendere e esplorare percorsi diversi e propri.
Per il genitore occorre attraversare la consapevolezza che i figli non sono come si erano pensati, e accettare che il figlio reale sia diverso da quello immaginario, idealizzato.
Sostare nel conflitto implica scontrarsi, è doloroso, e la famiglia attuale, quella non più patriarcale delle regole, ma quella attuale degli affetti, è incentrata sul bisogno di mantenere viva l’affettività, e dire un no suscita spesso nel genitore moderno la paura di non essere più amato o in armonia col figlio.
Lo si capisce bene dal genitore che ha cercato di non proibire, come suggerivano alcuni commenti, ma di capire. Invece di deriderlo o giudicarlo, credo che il suo parere vada accolto, di pari passo con la voce dei giovani che si sono fatti sentire a difesa di questa festa. Che non sono delinquenti. Sono giovani corretti, onesti lavoratori, propositivi, impegnati a costruire qualcosa in cui credono. Non è demonizzando o radicalizzando una posizione rispetto all’altra che si può far nascere socialmente una progressione di eventi.
Se alla paura del genitore si risponde con arroganza urlata e pretenziosità non lo si aiuta. Se ai giovani si risponde proibendo la festa tanto meno.
L’uso di sostanze è antico come la storia dell’uomo, da sempre affascina per il suo potenziale di alterare gli stati di coscienza. E questo se da un lato attrae, dall’altro spaventa la collettività.
L’essere umano è ammaliato dai vari mondi possibili, così come il divertimento è associato spesso all’evasione dal quotidiano e per questo si utilizzano anche dei mezzi per poterlo fare. Non è questa la sede per stabilire se sia giusto o sbagliato, i fenomeni sociali vanno letti e compresi.
Tuttavia è necessario prendere atto che l’uso di sostanze, come tutti i comportamenti che creano dipendenza, sono vissuti dalle persone con scopi diversi a seconda della loro personalità, fragilità, bisogni di emulare, di farsi accettare dal gruppo, o semplicemente si utilizzano mezzi per necessità di evadere, consolarsi, e qui si apre un universo di sensi possibili.
Invece di eliminare una sostanza, o proibire un comportamento come ad esempio il gioco d’azzardo (neo eletta piaga sociale), in psicologia si riflette sul perché una persona sviluppa una dipendenza, e un’altra no.
Va inoltre distinto, consumo, abitudine, uso, abuso, di qualsiasi prassi che può sfociare nella dipendenza. Non è l’oggetto responsabile del comportamento dipendente, ma l’individuo nel suo insieme di credenze, cultura, cognizioni, vissuti, mancata elaborazione di eventi dolorosi ecc. che cercherà più o meno consolazione in Altro. E dal rapporto che svilupperà con esso.
Sono d’accordo con i commenti che sottolineano l’importanza del processo educativo, del dialogo, di uno scambio di racconti, di ascolto reciproco, tra generazioni, oltrepassando luoghi comuni banali quali giovani delinquenti, anziani bacchettoni, moralisti, rincoglioniti. La derisione e il denigrare non sono mai costruttivi, nascondono insicurezza. Cercare luoghi di incontro, ai confini tra le parti è molto più produttivo.
Se si leggono in fila tutti i commenti si ha la percezione che ognuno allo stesso evento ha attribuito significati differenti, indice questo che non esiste un solo punto di vista, ma una pluralità di pareri, che ognuno dà a seconda dell’età, cultura, visione della vita. Screditare l’uno o l’altro non serve. Nessun punto di vista è migliore di un altro. È soltanto UN parere, frutto di un percorso di vita. Uno dei tanti possibili sguardi sul mondo.
Nell’inclusione degli opposti si possono creare nuove visioni, che possono comprendere il bisogno di espressività, creatività, impegno dei giovani coinvolti, e le paure del nuovo e del diverso di chi giovane lo è meno.
Tra tutti questi pareri, tra gli organizzatori della manifestazione, Pietro Magnani e Mattia Rontevroli mi pare abbiano risposto raccogliendo il bisogno di comprendere dei lettori e con chiarezza hanno specificato alcuni punti, essendone loro a conoscenza, e facendo ordine in qualcosa che agli occhi di alcuni pareva non averne.
Chi è più adulto ha la responsabilità di dare fiducia alla generazione successiva, costruendo insieme un ponte condiviso, dando voce a bisogni che sono sì opposti a volte, ma che possono incontrarsi solo se si resta in ascolto di tutte le parti, in atteggiamenti non di rigida reciproca condanna, ma di collaborare per costruire nuovi panorami comuni. La chiave non è nella demonizzazione, né nel perpetuare tabù atavici, ma nel cercare un incontro di mondi possibili, che avviene pensando, ripensandoci, parlandone e riparlandone.
Le ansie dei genitori, nessuno escluso, sono legittime, i bisogni di farsi sentire e ascoltare delle nuove generazioni pure. Questo non può non essere tenuto presente.
(Ameya G. Canovi)
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Riassunto
Questo articolo chiarisce il tutto: saggezza, razionalità, equilibrio.
(Patrizia)
Ringrazio la redazione
Ci tengo a ringraziare la redazione per lo spazio concesso nel esprimere i molti punti di vista riguardanti l’evento di Felina. Spero che spazi di dialogo simili possano prima o poi aprirsi anche all’interno del governo, con analisi approfondite sulla leggitimità costituzionale della legge Fini-Giovanardi (L. 46/2006); e sulla persecuzione che questa legge mette in atto a discapito del popolo italiano, ma sopratutto sui cittadini che in base alla costituzione vanno contro la legge Fini-Giovanardi per contrastare le mafie e la malavita organizzata.
Grazie di cuore.
(Carmagnola Sativa)
Apprezzabilissimo il Suo commento, ma purtroppo si continua a non voler vedere i due aspetti che determinano qualche volta delle reazioni stizzite, cosa che io cerco di non fare, ma che tra i più giovani, tartassati e criminalizzati da questa società neo-puritana, qualche volta per stanchezza dell’incomprensione e per insofferenza di un’educazione bigotta, è qualche volta inevitabile!
1° punto:
L’opinione pubblica non sa quello che avviene in Italia a causa di una legge assurda che prevede la “PRESUNZIONE DI REATO” e che da 5 anni ha reso “potenziali” criminali circa 5.000.000 di persone! Ogni giorno in Italia ci sono tra i 5 e i 10 arresti per modiche quantità detenute o per piccole coltivazioni domestiche! Questo ha reso enormi benefici al mercato illegale gestito dalla criminalità organizzata, ha affollato le carceri, ingolfato i tribunali e ha distolto le forze dell’ordine da un reale ed efficace controllo del territorio. Dagli ultimi dati rilevati circa il 70% dei detenuti è in carcere per reati connessi alla droga e circa il 50% per reati minori come la detenzione o la coltivazione domestica! Questi episodi generano delle vere e proprie devastazioni nella vita quotidiana di migliaia di famiglie e ingrassano l’apparato giudiziario che con una eventuale legalizzazione o regolamentazione si ritroverebbe di fatto senza lavoro! Incredibile ma è così, questa legge favorisce la mafia, le case farmaceutiche che si oppongono alle ricerche pro-cannabis, l’industria del petrolio e della carta che nella canapa vedono un reale nemico e non ultimo la corporazione degli avvocati che dai nuovi criminali trova un mercato inesauribile! Tutto questo non viene trattato dai media a livello nazionale, ma relegato nelle cronache dei giornali locali, nascondendo di fatto la drammaticità del fenomeno!
Sembra quindi logico ed inevitabile che quando si crea l’occasione per manifestare l’indignazione per una repressione così fobica, la si prenda al volo.
2° punto:
Per poter piantare anche una sola pianta di cannabis servono speciali permessi e la pianta chiaramente non deve contenere percentuali superiori al 2% di thc. Come è possibile tollerare invece che ognuno possa impiantare una vigna e tirarci fuori quanto alcol è in grado di produrre senza che alcun controllo venga effettuato? E’ un problema culturale, se fossimo in un paese arabo assisteremmo esattamente al contrario e questo tipo di contraddizioni e anomalie non è più sopportabile né nelle nuove generazione e né in quelle adulte che della libertà personale e della dignità nel rispetto delle cose e delle persone, ne hanno fatto uno stile di vita!
Grazie per l’ospitalità nel vostro sito, buon lavoro.
(Giancarlo Cecconi)