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Vendita abusiva di carne, pasture illegali: ecco il business del cinghiale in Appennino

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Ma chi è che ha interesse a pasturare i cinghiali? E quindi a farli prolificare? Sono alcune delle domande che pone Stella Borghi, presidente dell'associazione "Amici della Terra", che, sul tema, dice: "Ben sappiamo che una carcassa di cinghiale abbattuto vale molti soldi; la carne costa ed è apprezzata. Ben sappiamo anche che in modo illegale – in alcune parti della nostra montagna - vi è la pratica illegale della pasturazione".

Ed ora c'è anche un documento scattato in Appennino: "Proprio un agricoltore ha fornito a nostri simpatizzanti la foto di una mangiatoia appesa in un bosco e che periodicamente rilascia mais al fine di alimentare i cinghiali e quindi farli 'affezionare' ad una determinata area territoriale; in modo tale che appunto il branco non si sposti da lì e sia pronto a disposizione di chi spara e poi rivende la carne".

CinghialeDa qui partono alcune riflessioni: "Ben sappiamo - dice Stella Borghi - anche che gli agricoltori hanno da tempo compreso questa problematica. Non conosciamo tuttavia quali siano le richieste degli agricoltori al fine di far cessare queste iniziative illegali di pasturazione. Di certo noi ambientalisti abbiamo richiesto alla Provincia di Reggio Emilia (in relazione al piano di controllo del 29 maggio a Valbona): il motivo per il quale le femmine di cinghiale non sono state abbattute nel periodo invernale, vale a dire prima che partorissero i piccoli; che sorte è stata riservata a tali cucciolate (perché riteniamo utile comprendere l’intera “gestione” del piano di controllo del 29 maggio 2011), il motivo per il quale non vengono utilizzati i cacciatori di selezione (dato che appare evidente da anni che le squadre di battuta al cinghiale non sono in grado di assicurare l’eradicazione dei cinghiali, cioè la eliminazione totale di questa specie dal territorio. Eliminazione che noi ambientalisti da tempo chiediamo)".

"Oggi noi ambientalisti - prosegue la Borghi - chiediamo agli agricoltori di riflettere in ordine a ben precisi temi: chi sono i soggetti che ci 'guadagnano' dalla presenza dei cinghiali che si alimentano sui loro campi (purtroppo danneggiandoli), chi sono i soggetti (per fortuna si tratta di episodi isolati, per ora) che hanno interesse a pasturarli per conservarli ben localizzati proprio su di un dato territorio, chi risponde del fatto che non si riesce mai a raggiungere l’obiettivo della eradicazione integrale del cinghiale dai nostri territori".

"Tutto questo sempre in attesa di avere dalla Provincia di Reggio Emilia risposta alle nostre domande sui criteri che hanno 'condotto' al piano di controllo a Valbona il 29 maggio 2011".

12 COMMENTS

  1. cinghiali si cinghiali no
    Cara sig Stella Borghi non capisco tutto questo accanimento su quelle povere bestiole, la pasturazione é illegale chi l’ha messa si fa preso a sapere, guardate la squadra del cinghiale che è autorizzata a cacciare in quella zona e il dilemma è risolto, in quanto all’eradicazione del cinghiale come fa a toglierlo se il 70% viene dal polmone del parco nazionale ?

    (Commento firmato da un cacciatore montanaro)

  2. Alla Sig.ra Borghi
    Guardi, lei parla, parla ma in montagna non la si vede mai, siamo stanchi delle sue polemiche, si trasferisca da Bagnolo e venga a vivere qua, comodo fare l’ambientalista la domenica, noi montanari lo facciamo tutto l’anno!! Sappiamo benissimo come è il nostro territorio, sappiamo come viverlo e ne siamo orgogliosi, se deve dare consigli, lo faccia, ma la smetta di fare polemiche.

    (Commento Firmato)


  3. Cara sig.ra Borghi se vuole le spiego io di chi è l’interesse. E’ovvio che chi ci guadagna di più in questa storia sono i contadini. Prendono soldi, e parecchi, denunciando danni molte volte gonfiati.
    Mi spieghi gentilmente il perché di questo accanimento verso il cinghiale tralasciando il ben più grosso problema, cioè il CERVO che di danni ne fa più del cinghiale. Questa specie come sa bene non è cacciabile e chi subisce danni per causa di questo animale non viene risarcito. Le faccio un esempio, mi diletto a coltivare alberi da frutto, per me è un hobby, ho circa una quarantina di piante di vario tipo. I CERVI vengono di notte e fanno razzia, oltre a mangiare i frutti distruggono le piante, a me i danni non li paga nessuno lo sa perchè? Non ho una partita iva. Siamo nella solita Italietta!!!!!!! La saluto cordialmente.

    (un CACCIATORE un po’ Contadino)

  4. A conferma del CACCIATORE un po’ contadino…….
    Anche a me è capitato di subire danni dai cervi, ma non essendo titolare di p.iva, non mi viene riconosciuto nessun danno….
    Credo che come noi, in tanti ci troviamo più o meno nella stessa situazione, per non parlare dei caprioli….. Ecco, invece dei CINGHIALI sarebbe meglio estirpare questi ultimi, oramai non esiste più SOTTOBOSCO, ma questo forse fa comodo alla Sig.ra Borghi, che quando passeggia la domenica, non corre il rischio di trovare cespugli spinosi o quant’altro!!!!!!
    W IL CINGHIALE!!!!!!! Anche se non sono cacciatore, ed in passato mi ha distrutto la macchina……

    (Stefano)


  5. al Cacciatore un po’ Contadino
    Fare il Contadino non sa forse cosa vuol dire, lavorare la terra in montagna non è come in pianura, e il quantitativo raccolto neppure. E’ un grosso sacrificio e i risultati non sono sicuramente soddisfacenti … infatti di contadini ormai qui in appennino ce ne sono sempre meno si possono contare, intendo non il contadino che ha partita iva e tiene solo due galline e poco altro!!!!! Per quanto riguarda i danni se arrivano i risarcimenti ci mettono almento un anno … quando arrivano!!! e sicuramente non pagano il tempo per arare, concimare e seminare (in piu’comprare il concime, e il seme). E il ricavo del raccolto dove lo mettiamo, pensi quanto costa del grano,orzo o fieno per allevare gli animali! Non crede?!!!

    (Un contandino allevatore della Montagna)


  6. Chiedo scusa a chi mi ha preceduto, ma vorrei ritornare sull argomento principe per evitare che un argomento molto interessante e sentito in montagna si trasformi in una sterile polemica.
    E’ evidente che tutti noi cittadini e cacciatori dobbiamo avere grande rispetto per i pochi contadini che con il loro coraggio e sudore stanno tentando di portare avanti un mestiere nobile, ma purtroppo di grandi sacrifici, ma è altrettanto evidente che la sig.a Borghi, che rispetto molto per le sue idee a tutela dell ambiente e della fauna, stavolta è andata un po’ oltre e forse si è contraddetta in modo clamoroso.
    D’accordo con lei sig.a Borghi quando dice che l’intervento (piano di controllo) a Vallisnera e non magari alla Pietra grida allo scandalo, sia per lei che per ogni cacciatore che abbia un briciolo di etica venatoria. Forse lo stesso intervento è sfuggito un po’ di mano, ma che sia proprio lei ad affermare che un patrimonio animale della montagna debba essere “estirpato” è altrettanto scandaloso e credo che qualcuno della sua associazione glielo avrà ricordato.
    La invito ad andare presso una delle case di caccia, precedentemente in sfacelo, acquistate e ristrutturate proprio da quei cacciatori che secondo lei farebbero un bussines con la ipotetica vendita di pochi kg di carne derivanti dalla spartizione di cio che rimane (carne) degli animali abbattuti per confermare l’inattendibilità delle sue affermazioni.
    Per quanto riguarda la pasturazione spesso e volentieri la si fa per allontanare proprio cinghiali,caprioli e cervi dalle zone coltivate, per evitare quindi danni ben più seri mantenendoli il più possibile in aree boschive.
    La selezione non è e non sarà mai la soluzione per risolvere il problema in oggetto:
    In montagna è stato il corso naturale della natura che, attraverso una malattia, ha dimezzato gli animali in sovrannumero in questi anni perche gli abbattimenti di selezione erano insufficienti.
    Infine esiste un aspetto a cui tengo in modo particolare e che pochi comprendono, soprattutto chi con arroganza non rispetta le passioni altrui: la caccia COLLETTIVA al cinghiale è rimasta una delle poche manifestazioni di aggregazione e amicizia in una società triste che si basa sull’individualismo e gli stessi praticanti difenderanno con le unghie tale passione e le sensazioni che ne derivano.
    Invito la sig.a Borghi a continuare le battaglie che la contraddistinguono a tutela dell’ambiente e degli animali, ma a non cadere nella trappola demagogica di chi non vuol vedere che se ci sono i cinghiali o altri ungulati è perchè qualcuno li ha voluti, perchè ci sono aree protette dove non si possono cacciare e che gli stessi sono tutelati proprio da quelle leggi che li vorrebbero estirpati
    commento firmato

  7. noi ambientalisti… noi ambientalisti…
    “Voi” autoproclamati “ambientalisti”, proprio voi venite a lamentarvi del fatto che ci sono troppi cinghiali? Proprio voi che avete reso la nostra montagna impraticabile per via delle zecche portate dal numero assurdo di caprioli iper tutelati anche a causa vostra? L’equazione “pasturare” uguale “far prolificare” dirime ogni dubbio su quanto “voi ambientalisti” sappiate dell’argomento. O è un modo come un’altro per attirare l’attenzione e per suggerire che i cacciatori sono sempre quelli di Bambi e invece voi siete “buoni”. Può darsi che qualcuno ci caschi, a me sembra un modo goffo e superficiale di affrontare l’argomento. Dovreste “voi ambientalisti” sapere che è l’equilibrio dell’ecosistema che deve essere tutelato, non questa o quella specie… altro che “Eradicazione integrale”! Ambientalisti… voi?

    (Andrea Zannoni)


  8. In tutta sincerità non capisco come sia possibile che persone che per definizione sono contro la caccia si possano esprimere come in questo articolo.
    Tenendo presente che ormai molti cittadini hanno la fortuna di conoscere il “nostro appennino” e quale sia il valore della biodiversità che questo esprime: basti pensare al “Parco Nazionale” e al patrimonio di specie selvatiche presenti, che è tra i più qualificati e apprezzati in campo internazionale; basti pensare ai progetti LIFE che la Comunità Europea finanzia sulla ricerca naturalistica sui nostri ecosistemi; per capire che di qualità si tratta.
    Non solo, le normative nazionali, regionali e il Piano Faunistico provinciale dicono che il nostro appennino è altamente vocato per diverse specie e tra queste il lupo, il cervo, il cinghiale, ecc.
    Spiace che un’associazione ambientalista abbia dichiarato di essere favorevole alla “ERADICAZIONE DEL CINGHIALE” nella nostra Provincia.
    Il cinghiale è una specie autoctona e, pur con le connesse criticità, integrata con i nostri ecosistemi. Inoltre non c’è nessuna base scientifica né alcuna ragione di tipo pianificatorio o gestionale per invocare un tale concetto, molto superato, come “l’eradicazione”.
    Rispetto all’articolo, vorrei anche sottolineare che sembra che vogliano far litigare cacciatori ed agricoltori e questo non fa davvero nessun bene a nessuno, è molto più proficuo lavorare insieme a favore della montagna, risolvendo le criticità e non aumentando le difficoltà, con vantaggi per la biodiversità.
    Il presidente ATCRE4 Ferruccio Silvetti

  9. i cinghiali autoctoni non esistono
    I piccoli cinghiali autoctoni sono oramai quasi scomparsi, soppiantati dai ben più massicci e distruttivi cinghiali alloctoni.

    La responsabilità dello sviluppo incontrollato dei cinghiali sul territorio è prima di tutto dei cacciatori stessi: prima con l’introduzione del tipo ungherese, vero e proprio maiale nero travestito da cinghiale, che pesa il doppio e prolifica il triplo dei nostri cinghiali autoctoni; poi con la pratica della pasturazione.

    E’ importante ricordare che la specie autoctona, molto più piccola e molto meno prolifica (da 2 a 4 cuccioli per parto) è stata quasi completamente sterminata dalla caccia fin dagli anni 50-60 del secolo scorso.

    Già da qualche decennio purtroppo, per non creare problemi allo “sport” (che non condividiamo) della caccia, è stata trovata la brillante soluzione di introdurre un animale molto prolifico (proveniente dall’Europa dell’Est) così da garantire il divertimento agli appassionati di questo tipo caccia. Nessuno si preoccupò di capire quali sarebbero state le conseguenze sul resto della selvaggina, sull’ambiente naturale e sulle attività agricole e nessun esperto etologo, forestale o agronomo fu interpellato in proposito.

    Inoltre è risaputo che nonostante questo soprannumero di ungulati, si continua ad alimentarli “con governi illegali”, per garantirsi un gran numero di animali da abbattere; addirittura si leggono “confessioni” al riguardo da parte di chi pratica la pasturazione illegale, salvo poi trincerarsi dietro l’anonimato perché si è ben consapevoli della violazione della legge statale e regionale.

    Su questo tipo di gestione del cosiddetto controllo degli ungulati si è poi inserito un commercio, non adeguatamente monitorato, di carne di cinghiale, sempre presente nei menù della ristorazione montana.

    Tutto ciò indica che nel controllo degli ungulati i cacciatori, con le loro fucilate, non sono la soluzione ma il problema.

    I prelievi selettivi di contenimento dovrebbero essere affidati solo a chi e’ adeguatamente formato allo scopo e non a chi pratica la caccia come divertimento.
    Gli agricoltori potrebbero diventare i veri protagonisti della riduzione dei cinghiali gestendo recinti di cattura che consentono un vero intervento selettivo e non trasformano in “sport” quella che e’ una necessità per il mantenimento dell’equilibrio nell’ecosistema.
    Cordiali Saluti

    (Stella Borghi Presidente Amici della Terra di Reggio Emilia)