Come annunciata ha avuto luogo la intitolazione di una piazza al Casino di Castelnovo ne' Monti a don Alfonso Ferretti, parroco di Cagnola per quasi mezzo secolo e figura di spicco di un clero impegnato fortemente anche nel sociale che tanto ha contato nella nostra montagna. Di seguito la nota che il prof. Giuseppe Giovanelli ha letto nella occasione utilizzando una breve biografia pubblicata nel 2009 in occasione della ricorrenza del 60esimo della morte.
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La vita di don Alfonso Ferretti, al quale viene intitolato questo parcheggio, ha molteplici risvolti: personali, religiosi, civili. Impossibile scinderli. Ma, inaugurando un’opera cittadina, alcuni aspetti della sua azione sociale e civile non possono essere taciuti. Nato a Poiago di Carpineti nel 1879, si forma culturalmente a Marola dove – scorrendo l’elenco di chi vi ha studiato tra Ottocento e Novecento – ritroviamo i montanari di maggior spicco in campo culturale e politico dei vari partiti. Nel 1906 diventa parroco di Cagnola e vi resta fino alla morte, nel 1949.
Pur restando tutto dedito a Cagnola, il suo interesse si rivolge a tutta la montagna mediante le opere alle quali si dedica a Castelnovo, ampliando quelle poche già esistenti, pensandone e organizzandone sempre di nuove di tipo assistenziale, culturale e ricreativo:
• una Cassa Rurale per favorire risparmio e credito a contadini e artigiani; una cooperativa agricola per l’acquisto colletivo di sementi e attrezzi; una cooperativa di produzione e lavoro; una mensa popolare dove anche chi ha pochi soldi o non ne ha affatto può consumare un buon pasto; una società di mutuo soccorso quando previdenza e assistenza sociale erano ancora un sogno. Mantiene aperto un servizio di tipo sindacale fino alle soglie della seconda guerra mondiale, superando e vincendo tutte le resistenze politiche che si possono immaginare;
• durante le due grandi guerra si impegna per l’assistenza alle famiglie dei combattenti e per gli orfani. Ricordiamo il suo rischioso viaggio a Giulianova per portare a casa un soldato in fin di vita perché, prima di morire, potesse riabbracciare la moglie e le due piccole figlie;
• per diversi anni apre una scuola in casa sua perché i bimbi del suo paese possano frequentare le elementari; impegna tutte le sue risorse per salvare e mantenere in funzione l’asilo infantile di Castelnovo aperto nel lontano 1867; sostiene l’Associazione Magistrale “Angelo Secchi” per incentivare lo sviluppo e la qualificazione della scuola elementare in montagna. Lui stesso mantiene agli studi alcuni ragazzi poveri. Mentre qualche esponente politico chiede l’apertura di scuole per qualificare e favorire l’emigrazione, don Alfonso lotta per far sì che sia favorita la permanenza dei montanari in montagna. Lotta per l’istruzione della donna e perché Castelnovo sia dotato di un pensionato per aiutare le ragazze che vogliono studiare e per tutelare quelle che a Castelnovo vengono dai paesi più poveri della montagna a lavorare – per usare il termine di allora – come “serve”. Il Comitato castelnove per la Protezione della Giovane ha in Alfonso l’animatore. Ricordiamo poi il suo aiuto alle famiglie che hanno membri emigrati lontano; per mantenere i contatti, difficili per famiglie analfabete, istituisce un Segretariato per gli emigranti che fornisce informazioni e perfino un servizio per leggere e scrivere lettere;
• è il primo a sostenere tutte le modernizzazioni che possono migliorare la vita in montagna, dall’apertura di strade e di autolinee, all’apertura dell’Ospedale. Una storia, questa, che vede don Alfonso tra i primi e più duratori sostenitori del professor Pasquale Marconi;
• alla cultura associa, soprattutto per i giovani, il divertimento formativo: fonda la banda chiamata “Giovane Bismantova” e le varie iniziative, dai congressi alle gite e, infine al cinema. Ricordiamo che don Alfonso è il primo a portare in montagna il cinematografo, nel 1910, subito seguito dai Capanni che, in quello stesso anno aprono anch’essi, a Castelnovo, una più attrezzata sala di proiezione.
Indagando tra giornali e documenti del tempo potremmo trovare tanti altri episodi della vita di don Alfonso, che sottolineano il suo spirito di servizio. E vedremmo che sempre egli paga di persona, con la dedizione personale e con l’impegno anche di tutti i suoi mezzi economici per quanto sempre in rosso. Spesso incompreso, spesso duramente contrastato, perfino picchiato. Egli è un perfetto esponente del carattere e della cultura montanara. Una cultura che non cerca il chiasso, ma per niente chiusa, come vorrebbe uno stereotipo troppo facilmente smentibile. Come tantissimi montanari, don Alfonso, nella sua generosità, ha quell’apertura di orizzonti che si godono dalle vette dell’Appennino. I suoi interessi vanno da Cagnola alla Cina, ma proprio per questo sanno essere profondi e autentici. Ricordarli è pagare un debito di riconoscenza verso di lui.
(Giuseppe Giovanelli – 7 maggio 2011)
Onoriamo e ringraziamo con piacere i nostri benefattori montanari, e l’impegno sempre presente del nostro prof. Giuseppe Giovanelli grande esperto di storia nostrana.
(Angiolina Casoni)