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La serata del 28 febbraio sulle fonti rinnovabili nella cronaca di Enrico Bussi

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Il Parco Tegge ha confermato di essere una sede di incontri che funziona bene in ogni stagione e nella serata di lunedì 28 febbraio scorso ha ospitato un centinaio di persone che hanno sfidato la nevicata per ascoltare l’assessore e tre ingegneri con radici montanare. Giovanni Franceschini (Piolo) e Stefano Caselli (Poiano) dirigono dipartimenti e istituti nella Facotà di Ingegneria dell’Università di Parma. Per la serata hanno offerto la loro competenza che si è sommata a quella di Ugo Manfredi (Felina), un’autorità in materia di energia solare.

Mirko Tutino, assessore alla pianificazione e all’ambiente della Provincia di Reggio Emilia, ha indicato con chiarezza le linee del Piano provinciale e la possibilità che l’area di Felina sia riconosciuta come area produttiva ecologicamente attrezzata, aprendo la porta all’intervento pubblico nell’immediato e allo sviluppo di innovazioni per utilizzare in modo adeguato le fonti di energia rinnovabili che si presentano in questo tipo di territorio.

"Impresa montagna" e "Rurali reggiani" hanno organizzato i due incontri sulle Fer sponsorizzati da Koinos: il 7 febbraio a Castelnovo ne' Monti mettendo l’accento sulle energie “pulite” e il 28 febbraio sulle energie “locali”. Anche la seconda serata, condotta da Alberto Simonazzi, realizzata con il sostegno della latteria sociale del Fornacione e della ditta Prampolini di Felina, ha avuto un’ampia partecipazione fornendo numeri in abbondanza e ragionamenti stimolanti. Le cose da fare sono sollecitate dalla crisi economica a cui si aggiunge quella dell’energia dopo l’incendio del nord Africa che fa impennare i prezzi e minaccia i flussi di petrolio e gas.

La sintesi delle intense riflessioni fatte in montagna in febbraio è la seguente.

1) L’85% dei nostri consumi di energia è fornito dalle importazioni e per rimediare occorre lavorare su un mix di interventi: aumentare il rendimento del metano con la cogenerazione, ovvero, produrre energia elettrica e sfruttare l’energia termica che viene in gran parte dissipata, utilizzare di più il carbone, offerto da almeno dieci Paesi diversi e sicuri per le forniture, una fonte che ora si avvale della tecnologia più pulita, costa molto meno del petrolio e del gas. In attesa del nucleare pulito è meglio lasciar perdere l’attuale tecnologia per il nucleare che costa più delle altre fonti di energia, dipende dall’uranio in fase di esaurimento (si recupera dagli arsenali atomici dell’ex Urss) e lascia scorie radioattive per sempre che nessuno sa dove mettere. Chi ha costruito impianti nucleari nei decenni precedenti li tiene in funzione per riuscire ad ammortizzare anche il pesante costo della loro chiusura che richiede tempi lunghissimi (quella per impianti chiusi 25 anni fa in Italia è ancora in corso).

2) Il risparmio energetico rende più di ogni altro investimento poichè ogni fonte di energia è destinata a crescere di prezzo. Occorre lavorare sulla riduzione delle perdite e dei consumi di energia con l’incentivo delle tariffe a scaglioni ed è utile fornirsi di piccoli strumenti per controllare le fasce dei consumi (accorgersi di quanto costano le apparecchiature ferme con i led accesi). Spendiamo molto nei consumi domestici, aziendali ed è conveniente mettere un involucro all’edificio per aumentare la sua efficienza energetica. Un campo dove serve un’opera estesa di formazione verso le famiglie e le imprese.

3) Le Fer possono arrivare a soddisfare più di un terzo dei consumi italiani, ma attenzione ai grossi impianti che generano più problemi di quelli che risolvono. Infatti nella maggior parte dei casi la rete non è in grado di recepire bene l’energia elettrica prodotta e si creano sprechi. Inoltre in media 1 Kwh di energia locale prodotta da microimpinati distribuiti vale 2,4 Kwh di energia prodotta lontano (con emissioni di CO2) a causa di tutte le attrezzature da costruire per poterla trasportare fino al singolo utente. Per questo motivo la diffusione di numerosi microimpianti risponde meglio ai bisogni, aiuta l’economia facendo lavorare installatori e fornitori di materiali, risolve i limiti dell’ente pubblico che non ha soldi per fare grandi investimenti e lascia spazio all’iniziativa delle piccole imprese e dei cittadini. Chi auto-produce l’energia ha interesse a ridurre i consumi, mentre chi costruisce i grandi impianti per vendere l’energia ha interessi opposti. I gruppi di acquisto solidale riescono a ottenere la trasparenza nelle forniture di tecnologia e nelle tariffe. In conclusione, per utilizzare bene le Fer occorrono valutazioni attente e partecipate senza affidare la progettazione dell’impianto solo a chi vende l’energia prodotta.

Vediamo i casi principali.

Energia elettrica con le biomasse

E’ valido un grosso impianto di combustione se il suo camino sostituisce molti altri camini attorno utilizzando al meglio l’energia termica.
La gassificazione è meglio della combustione diretta.
La produzione di biogas è meglio della combustione.
E’ sempre sbagliata l’importazione di biomasse in quanto fa squilibrare il rapporto tra l’emissione e l’assorbimento della CO2, invece le biomasse non gravano sull’ambiente locale se provengono dallo stesso posto dove si usano.
Vanno studiate le tecniche che servono a ricavare energia dalle biomasse residuali (deiezioni animali, ramaglie e alberi secchi, rifiuti alimentari con una raccolta ben differenziata) per evitare di sottrarre dei terreni alla produzione del cibo (di qualità nella nostra montagna, nella Provincia) e appesantire il deficit alimentare (l’Italia è in disavanzo, non lo sono Germania, Francia, altri Paesi).

Energia elettrica con il fotovoltaico

E’ sbagliato costruire gli impianti a terra (per la stessa ragione di prima), è giusto metterli sui tetti con impianti dimensionati ai consumi di famiglie e aziende per evitare di trasportare l’energia in un altro posto (l’impianto a terra corre pure il rischio del furto ed è capitato che delle grandi installazioni siano sparite in una notte).
Non è opportuno favorire le tecnologie importate da grossi investitori che speculano sugli incentivi pubblici.
E’ meglio scegliere le tecnologie sostenibili prodotte in Italia, recuperare pannelli solari e altri materiali dismessi per completare il ciclo e aumentare l’occupazione in zona.
Merita di essere sviluppato il fotovoltaico a concentrazione che esalta i rendimenti e, nel nostro caso particolare, una coraggiosa imprenditoria locale è stata premiata dall’intervento regionale.

Energia elettrica con l’eolico

La questione del grande impianto eolico è nota (sorgerebbero all’orizzonte altri pali in aggiunta ai ripetitori delle TV), ma il vero problema è che nessuno potrebbe tollerare l’inquinamento acustico generato dal rumore a bassa frequenza che penetra attraverso le pareti e fa impazzire.
Il microeolico riduce a livelli minimi questo effetto e le nuove tecnologie forniscono impianti che sfruttano le piccole correnti d’aria.

Energia idroelettrica

I microimpianti realizzati dimostrano la possibilità di pagarsi entro 7 anni e ne esistono in funzione nella nostra montagna.
Il Comitato per la diga di Vetto ha colto l’occasione con interventi nei due incontri per rilanciare la realizzazione del grande bacino che regola i flussi, ottimizza la produzione di energia elettrica e assicura i bisogni di acqua pulita per una comunità molto ampia (sull’argomento vale la pena di tornare e di parlare delle contropartite da riconoscere alla montagna).

Fer e comune capoluogo

Castelnovo né Monti può compiere una scelta durevole di importanza strategica per l’intera montagna reggiana se agisce a favore delle energie rinnovabili “pulite” e “locali”, oppure può continuare sulla strada sbagliata che ha imboccato l’anno scorso.
E’ un grave errore se il Comune punta a ottenere delle entrate straordinarie concedendo a un’impresa esterna la possibilità di installare impianti che producono energia bruciando delle biomasse che provengono da fonti lontane attraverso un mercato minato dall’incertezza.
Quel progetto ha sollevato un coro di dissensi a causa dell’inquinamento creato dalla combustione in mezzo ai centri abitati, a causa del danno sui Paesi poveri provocato dalle colture coloniali per produrre olii vegetali da bruciare nei Paesi ricchi, a causa dell’assenza di vantaggi per i residenti di Castelnovo e di Felina che ricevono fumo pesante senza la contropartita del teleriscaldamento e dello spegnimento di altri camini.
Per questa strada il primo Comune della montagna reggiana si allontana del tutto dall’esempio dei Comuni alpini che qualche amministratore cita del tutto a sproposito.
Al contrario, il Comune capoluogo della montagna reggiana fa una scelta lungimirante se coglie l’occasione per un corretto sfruttamento delle FER e valorizza una situazione rara presente a Felina.
Dove l’uso di biomasse residuali locali può premiare il lavoro di 100 famiglie agricole raggruppate attorno alla forma associativa più importante per il settore alimentare del nostro territorio e l’impiego di altre fonti rinnovabili può rilanciare le 100 imprese dell’artigianato e del commercio insediate nell’area artigianale e dintorni, compresa una sede della società multiservizi che ha raggiunto una dimensione interregionale.
L’amministrazione in carica ha la possibilità di lasciare un segno positivo se adopera l’occasione delle FER per il rafforzamento del settore primario e l’integrazione tra settori.
E in futuro per sviluppare innovazioni che servono a utilizzare al meglio le FER presenti nell’Appennino reggiano e nelle province vicine, da diffondere attraverso aziende preparate, formazione e altri tipi di servizio.

(Enrico Bussi)