Home Cronaca Energie sporche o pulite

Energie sporche o pulite

6
5

Riceviamo e pubblichiamo.

-----

Gli incentivi nazionali per il fotovoltaico e l’eolico erano smisurati, hanno provocato sprechi e favorito truffe colossali: adesso vengono bruscamente aboliti creando scompensi per le imprese del settore. Il guaio peggiore è che i prelievi sulle bollette della luce vengono dirottati sul nucleare dove vorremmo partire con un ritardo incolmabile, tecnologie costose e senza aver trovato il posto dove mettere gli impianti e seppellire le scorie radioattive per sempre. Per quanto riguarda l’impiego di biomasse restano le contraddizioni che emergono in periferia dove gli incentivi generano due tipi di distorsione. In pianura è conveniente bruciare cereali sottraendoli alla catena alimentare e diventiamo sempre più deficitari. In montagna è conveniente bruciare gli oli vegetali anziché complicarsi la vita a rimediare delle biomasse residuali. In questo caso l’ente pubblico per le sue scelte dovrebbe usare il criterio che importato=sporco e locale=pulito, un modo crudo che permette di giudicare con chiarezza le scelte possibili. La convenienza a importare delle biomasse (oli vegetali) da bruciare provoca ricadute negative da noi e nei paesi di provenienza.

Perciò bisogna rimediare lavorando a favore delle biomasse residuali che si possono trovare sul posto (deiezioni animali, residui del bosco e della lavorazione del legno, rifiuti organici differenziati con cura) e servono a produrre biogas da convertire senza fumi o da introdurre nella rete del metano. Per coltivare cereali destinati all’energia sono stati sottratti molti ettari alla produzione alimentare deficitaria, mentre i tedeschi (che fanno bene tutto, o quasi) premiano le aziende agricole per produrre energia in coda agli alimenti, pur essendo esportatori. Così siamo sempre più dipendenti da loro che ci prestano soldi per il nostro debito e ci vendono energia, tecnologie, automobili e cibo in quantità crescente. Noi abbiamo poca terra da coltivare e sprechiamo in tutti i modi quella migliore. I più attivi nel consumo dei terreni agricoli sono stati proprio gli enti locali che avrebbero dovuto agire da freno. Senza parlare dei legami con le mafie, i comuni si sono dedicati al marketing territoriale perché devono fare i conti con un apparato di dimensioni ingiustificate.

Per riuscire a mantenerlo in poco tempo, dal 1990 al 2005, hanno consumato il doppio delle superfici che sono servite dal 1945 al 1990: abbiamo perduto 3 milioni di ettari di terra agricola coltivabile e ne restano 9... Di fatto, il federalismo fiscale è cominciato nel 1990 con l’introduzione dell’Ici e in seguito la legge ha permesso di dirottare gli oneri di urbanizzazione a pagare le spese correnti, anziché le opere pubbliche. Il gettito delle due fonti tributarie comunali cresce con il consumo della superficie agricola. Questa autonomia tributaria ha stimolato l’estensione delle aree urbane, la costruzione di case e capannoni attirando gli investimenti di capitale di ogni tipo, compresi quelli originati dal crimine e dall’evasione fiscale fatti rientrare mediante i condoni.

Un’accelerazione ingiustificata rispetto al calo delle nascite (siamo scesi al livello più basso tra i 27 Paesi dell’Ue) tanto da raggiungere una gigantesca manifestazione di follia con 80 nuovi vani costruiti per ogni nato e 120.000 appartamenti vuoti. La corsa non è stata interrotta, anzi è sospinta dai piani per la casa e per le energie rinnovabili. Sarà mantenuta grazie alle autonomie tributarie aggiuntive in arrivo con il federalismo municipale che affida il nostro futuro alla rete di istituzioni sorta nel 1860 lasciandola immutata e del tutto inadeguata per affrontare i problemi del 2000. Il massacro del territorio è una catastrofe voluta per il “bel paese” e per la sovranità degli italiani. Accresce gli squilibri tra montagna e pianura, tra città e campagna, dove i pochi che si ostinano a cercare della terra da coltivare si sentono irrisi in una società istupidita dall’aumento dei guardoni, quelli che stanno a vedere altri che giocano e ballano e quelli che si misurano con la globalizzazione stando imboscati in un impiego.

Alla responsabilità centrale dello sfascio s’aggiunge quella periferica quando si amministra facendo galleggiare allo stesso modo di prima il barcone dell’ente locale. A Castelnovo si tenta di rattoppare il bilancio comunale dando in concessione dei locali dove bruciare biomasse importate per incassar qualcosa. Al contrario, l’energia rinnovabile è un’occasione storica per dare forza alla montagna e il Comune ha il dovere di adoperarsi per integrare agricoltura-artigianato-commercio-servizi nel produrre e utilizzare energia fornita da fonti locali e pulite.

Serve e conviene studiare impianti che producano energia per il consumo locale valorizzando il settore agroalimentare e collegandolo ad altri settori.
Anche i microimpianti, per il consumo individuale di famiglie e aziende contribuiscono a migliorare il bilancio energetico con una efficienza più che doppia rispetto agli impianti grandi che scontano le perdite di energia per trasportarla lontano.

(Enrico Bussi)

5 COMMENTS

  1. Chiaro e semplice
    Condivido quanto esposto dal dott. Bussi. Questo è uno dei rari interventi che riesce a mettere insieme fenomeni e tendenze che sono, di solito, esaminati separatamente. Considerando tutti i fattori in modo interattivo, si comprende meglio – osservando i mezzi – quali sono i fini, a cosa si tende, dove stiamo andando e, di conseguenza, cosa dovremmo fare se vogliamo andare in senso opposto.
    Complimenti per la chiarezza dell’analisi e la semplicità dell’esposizione.

    (Giorgio Bertani)

  2. Biomasse
    Allego un estratto (purtroppo è un po’ lungo) pubblicato dal Comitato termotecnico italiano (CTI) lo scorso febbraio e riguardante “…biomasse e taglia degli impianti”. E’ un punto di vista autorevole e non del tutto allineato al pensiero di Bussi. E’ un contributo sui temi “energetici” presentati dall’amico Enrico.

    (Enzo Piccinni)

    * * *

    …Il CTI ha presentato una relazione sul tema delle polveri sottili per stabilire alcuni punti fermi su un dibattito particolarmente attuale. …Le polveri sottili (PM10 o PM2,5) hanno un impatto importante sulla qualità dell’aria, circolazione d’aria e un ridotto ricambio della stessa. Le cause all’origine del problema delle polveri sottili sono molte. Tra queste, come è possibile riscontrare analizzando recenti dati diffusi dalle ARPA locali, vi è anche il ruolo delle biomasse. In particolare, quelle utilizzate nei piccoli dispositivi di combustione sembrano contribuire in maniera significativa, al pari di altri “contribuenti” storici come il traffico veicolare. Perché la biomassa produce polveri sottili? Fondamentalmente perché le caratteristiche fisiche di un ciocco di legna, di una scaglia di cippato o di un singolo pellet sono tali da renderne la combustione più difficoltosa rispetto a quella degli altri combustibili tradizionali (liquidi come il gasolio o addirittura gassosi come il gas naturale) con cui sono spesso confrontati. In linea molto generale e, semplificando il complesso processo di formazione del particolato sottile, una combustione difficoltosa determina la presenza di un elevato numero di particelle carboniose incombuste a cui si aggiungono anche tutte le componenti volatili che si liberano durante le varie fasi della combustione stessa e che, condensando attorno a micro particelle solide, accrescono ulteriormente la massa delle polveri sottili. In questo processo giocano quindi un ruolo fondamentale il combustibile, la tecnologia e le modalità di gestione dell’impianto, purché visti come parti di un unico insieme. … Non bisogna mai trascurare il fatto che legna, pellet e cippato sono combustibili di origine naturale e rinnovabili al 100%, che però, in determinate condizioni di utilizzo, possono anche essere causa importante di inquinamento atmosferico. …I due grandi settori di utilizzo dei biocombustibili solidi sono quello domestico, che vede la prevalenza di piccoli apparecchi (stufe e termo camini) gestiti direttamente dal singolo cittadino, e quello sempre residenziale, ma costituito da impianti centralizzati o di teleriscaldamento caratterizzato da impianti di medio-grandi dimensioni. Di fatto, sono due mondi completamente diversi e per certi versi solo marginalmente sovrapponibili.
    Il primo, probabilmente, soffre per una eccessiva liberalizzazione del mercato che nel tempo ha portato a un elevato numero di apparecchi installati, molti dei quali di vecchia concezione (per esempio gli obsoleti camini aperti, senza vetro a chiusura del focolare) con basse efficienze di combustione e conseguenti prestazioni ambientali scarse. Negli ultimi anni, fortunatamente, questo mercato è stato oggetto di una interessante evoluzione guidata da molte aziende nazionali (all’avanguardia anche a livello europeo), che hanno saputo introdurre novità tecnologiche di tutto rispetto contribuendo ad abbassare sensibilmente i valori di emissioni di polveri sottili dai loro apparecchi. La tecnologia, seppure ancora migliorabile, ha già fatto parte del suo dovere, ma rimane ancora da sviluppare il settore dei combustibili (di qualità) e migliorare la cultura degli utenti. Non resta quindi che da lavorare sul fronte amministrativo e su quello tecnologico. Sul fronte amministrativo bisogna cercare di trovare i migliori compromessi normativi anche per la regolazione del mercato dei combustibili e della manutenzione degli impianti; mentre sul fronte tecnologico
    il secondo settore, quello dei sistemi centralizzati e di teleriscaldamento, è invece caratterizzato da un numero di impianti inferiore ma con prestazioni medie molto più elevate, anche per impianti in funzione da qualche decina d’anni. Quando si parla di impianti di questa tipologia e taglia il vantaggio in termini di prestazioni energetiche ed ambientali rispetto ad altri sistemi è un dato di fatto, se non altro perché i limiti di emissione imposti dal legislatore sono stringenti e il meccanismo dei controlli effettuati dagli enti competenti è efficace. La virtuosità di questi impianti non è solamente conseguenza della severità dei controlli. Aspetto fondamentale è la professionalità degli operatori che, ben consci del loro ruolo ambientale, sono particolarmente attenti a garantire il rispetto delle prestazioni ottimali dei sistemi da loro gestiti. Il tutto si gioca attorno a tecnologie di combustione che oramai consentono di ottenere comunque basse emissioni e raggiungere alte efficienze energetiche (elementi fortemente connessi tra loro). A queste tecnologie si associano sempre sistemi di trattamento fumi molto performanti e di fatto obbligatori a partire da determinati livelli di potenza. Anche in questo caso, tuttavia, la scelta del combustibile gioca un ruolo fondamentale, sebbene i controlli operativi sono tali da ridurre il peso di questo elemento rispetto a quello che ha nel settore del riscaldamento domestico mediante piccoli apparecchi.
    Il Comitato termotecnico italiano ha da tempo intrapreso la strada della “qualità”, definendo le specifiche chimico-fisiche per i biocombustibili solidi. In particolare, nel 2007 sono state pubblicate due norme nazionali: la UNI TS 11263 “Biocombustibili solidi. Caratterizzazione del Pellet per fini energetici” e la UNI TS 11264 “Biocombustibili solidi. Caratterizzazione di legna da ardere, bricchette e cippato”, con le quali sono stati definiti i requisiti di qualità che devono avere questi combustibili per consentire elevate prestazioni. Tali norme nazionali saranno a breve sostituite da altrettante norme europee: il pacchetto delle EN 14961.

  3. Biomasse , sì grazie!
    Filippi ha presentato le sue iniziative: nucleare, sì grazie; Bussi ci ricorda i rischi e i non vantaggi del nucleare e ci richiama ad un corretto sfruttamento del territorio. La citazione di Piccinni è, per me, in linea con quanto esposto da Bussi. La biomassa può essere una risorsa per la montagna e per le aree marginali, ma si deve costruire la “filiera corta” e mettere in campo gestori pubblico/privati fortemente motivati alla corretta gestione ambientale di tutta la filiera.
    Approfitto per ringraziare Bussi e “Impresa montagna” per le serate di informazione di Castelnovo e Felina. Propongo infine al sindaco un tavolo di lavoro sul piano energetico e sulle buone prassi energetiche, aperto a cittadini ed associazioni dove ci si possa confrontare in modo diretto e concreto.

    (mc)


  4. Mi fanno veramente ridere coloro che continuano a parlare di “sicurezza” per il nucleare… L’abbiamo vista la sicurezza! La natura non va mai sottovalutata, ci sa sorprendere ogni giorno con i suoi prodigi meravigliosi ma anche con la sua forza distruttiva e selvaggia… Giappone insegna! Sì, e sempre sì, all’energia pulita… Ma non serve essere dei geni per capirlo, è sufficiente ragionare un attimo!

    (Marta Alberti)