L’etimologia del termine, ci fornisce una breve ma quanto mai esaustiva spiegazione di che cos’è la paranoia:
dalla sua derivazione greca "parà - nous", letteralmente “fuori dalla mente”, secondo James Hillman, psicoanalista Junghiano e saggista statunitense che si è spesso interessato della materia (La Vana Fuga dagli Dei, 1986), "È ESATTAMENTE CIÒ CHE IL SUO NOME INDICA: PARA-NOETICA, MENTALE, COGNITIVA, QUINDI UN DISTURBO DEL SIGNIFICATO".
Esattamente, perché quando parliamo di paranoia ci riferiamo sostanzialmente ad uno stato di coscienza esagerato, irrealistico e, in quanto tale, falsato.
La paranoia, nella sua dimensione più arcaica, ha avuto connotazione positiva, laddove si collocava come funzionale alla sopravvivenza della specie. Tuttavia, oggi appare quantomeno irrealistico guardarla sotto questo aspetto.
Spesso avvicinata all’ansia, ha rispetto ad essa una differenza fondamentale:
mentre la prima può essere rivolta ad una qualsiasi situazione, la paranoia vede il pericolo negli altri. Si tratta di una generale tendenza, apparentemente priva di un evento scatenante, all’essere cauti, a sospettare, a diffidare dagli altri in quanto potenziali perpetratori di violenza e sofferenza a nostro discapito.
“CHIUNQUE PUÒ TRADIRE” è, in soldoni, il modello di pensiero di cui stiamo parlando. La cosa che stupisce del pensiero paranoide, anche nella forma propriamente psicopatologica, è che si tratta di uno stato che appare assolutamente lucido, vale a dire supportato da una serie di associazioni che appaiono totalmente razionali, oltre che sistematiche.
Nel linguaggio comune, spesso il termine è utilizzato in maniera impropria, anche per indicare il più banale riferimento a persone particolarmente apprensive; tuttavia, le conseguenze che questo modo di pensare può produrre sono tutt’altro che da sottovalutare, anche per quanto che riguarda le forme non patologiche, che sono quelle a cui vogliamo riferirci.
I tratti caratteriali di base, sono quelli dell’inclinazione al pregiudizio, dell’insicurezza, della diffidenza, elementi questi che hanno tutti ragion d’essere in rapporto all’altro da sé:
è focalizzando l’attenzione su quest’aspetto che possiamo comprendere perché la paranoia è un male sociale.
L’idea che ci possa essere qualcuno che ci fa del male, in qualche modo pericoloso per noi, ci fa sentire deboli, indifesi e la realtà che ci circonda, spesso pregna di eventi di cronaca che altro non fanno che confermare la giustezza del nostro atteggiamento guardingo, ha come effetto quello di rafforzare la tendenza ed estendere ad un numero sempre maggiore di persone l’idea che queste siano in procinto di ferirci (nell’accezione, tuttavia, più ampia del termine). Una sorta di effetto domino da cui è difficile sfuggire, poiché le nostre percezioni sono quelle a cui maggiormente ci affidiamo per valutare gli altri, e mantenersi razionali non è così facile come sembra.
GLI EFFETTI DI TUTTO QUESTO SONO DEVASTANTI:
finiamo infatti per allontanarci dagli altri, in un modo o nell’altro. Se non direttamente, le nostre elucubrazioni possono essere causa di litigi, di umore irritabile o disforico, con conseguenti problemi nelle relazioni sociali, lavorative e affettive. Oltre ai comportamenti litigiosi, nei casi più gravi possono manifestarsi comportamenti violenti, di rabbia eccessiva e immotivata.
COSA POSSIAMO FARE, quindi, per combattere l’insorgere di queste convinzioni errate, almeno per quel che riguarda la loro forma più blanda, che ci colpisce nella vita di tutti i giorni (le forme ossessive più gravi possono richiedere il ricorso a farmaci antipsicotici)?
Possiamo citare vari metodi propriamente terapeutici, nell’ambito dell’approccio teorico cognitivo-comportamentale, da mettere in atto con l’aiuto di un esperto, come la Terapia Razionale Emotiva o la Ristrutturazione Cognitiva, che potrebbero risultare utili nel trattamento di questa tipologia di distorsione cognitiva, qual è quella paranoide, in quanto vanno a modificare quei pensieri assoluti, esagerati e irrazionali di cui il soggetto è vittima, insegnandogli a valutarne l’effettiva veridicità e a provare a pensare in modo più ragionevole, oltre che più utile e più sano.
Autonomamente, invece, possiamo imparare a mettere in atto alcune TECNICHE DI RILASSAMENTO che richiedono uno sforzo limitato, se si impara a padroneggiarle. Oltre a ridurre l’ansia e gli stati di preoccupazione talvolta ossessivi, come quelli che possiamo riscontrare nel pensiero paranoico, queste tecniche aiutano a sviluppare una maggiore lucidità di pensiero, una crescente capacità di concentrazione, una maggiore fiducia nelle proprie capacità, oltre che vantaggi meramente pratici come ad avere un sonno più tranquillo e rilassato.
E’ inoltre opportuno sottolineare come nelle donne, il periodo concomitante con la cosiddetta sindrome premestruale, sintomatologia che si manifesta nei giorni immediatamente precedenti alle mestruazioni, porti con se tutta una serie di sintomi psicologici, oltre che fisici, che molto hanno in comune con quelli precedentemente elencati e propri del pensiero paranoico, quali : scarso livello di sopportazione, irritabilità e nervosismo, tensione, disagio, scarso autocontrollo, inquietudini, alterazioni dell’umore e addirittura aggressività.
Nonostante questa sindrome sia stata spesso sottovalutata, è evidente che le modificazioni somatopsichiche che apporta nella persona sono tutt’altro che di secondaria importanza, soprattutto considerando gli effetti che questo tipo di alterazioni possono avere sulle relazioni sociali, lavorative e affettive. Anche in questo caso, quindi, può essere utile padroneggiare le tecniche di rilassamento di cui parlavamo prima, che vanno dall’imparare a respirare all’assumere la giusta postura per favorire la scarica di tensione. In questi casi, anche l’attività fisica può aiutare a tenere sotto controllo i livelli d’ansia e nervosismo, senza dover ricorrere all’uso di medicinali e all’aiuto di un medico.
Oltre alle tecniche pratiche che possono aiutarci a gestire questi pensieri invasivi, ciò che dobbiamo imparare, è a valutare gli altri mettendo da parte i nostri preconcetti e i nostri pregiudizi:
non possiamo sempre sapere come si evolverà un rapporto, ma nemmeno possiamo, per paura dell’incerto, evitare di relazionarci o porci subito sulla difensiva. Capita che eventi negativi passati possano consolidare in noi l’idea che quella stessa esperienza negativa possa ripresentarsi se non staremo attenti, ma dobbiamo imparare a ragionare nell’ottica che ogni situazione ci insegna qualcosa e che, se abbiamo “imparato la lezione”, sapremo difenderci senza il bisogno di chiuderci a riccio. Tutto questo nella consapevolezza che “non siamo tutti uguali” e che, se qualcuno in passato ci ha ferito, non è detto che incapperemo sempre in quella stessa tipologia di persone.
Le relazioni sociali sono fatte anche dal rischio di rimanere delusi:
esserne consapevoli è utile, restare vittime di un’ossessione, per niente.
Da una canzone, una riflessione…
“Il tempo cura i mali… a chi non ce l’ha”.
(mn)
E va bene, anche se non si capisce:
Il tempo cura i mali… a chi non ce l’ha.
Ma… a chi non ha tempo? o a chi non ha mali?
thecorfiot