Dieci anni prima che Virginia Woolf scrivesse A Room of One’s Own, Una stanza tutta per sé, in cui la scrittrice inglese individuava l’indipendenza economica come fattore chiave per l’emancipazione delle donne, Lola Ridge (1873-1941) diceva chiaramente che i tradizionali ruoli di genere patriarcali soffocavano la creatività femminile. Ridge aveva uno spirito libero, una libertà che doveva aver sentito nel vivere culture diverse, dato che dalla nativa Irlanda, a sei anni, si era trasferita in Nuova Zelanda, per poi spostarsi ancora a Sidney e, successivamente, negli Stati Uniti, prima a San Francisco e poi a New York. In una sua poesia, il vento rispecchia appunto speranza, sogni, desideri di completezza:
Wind Rising in the Alleys, 1920
Wind rising in the alleys
My spirit lifts in you like a banner
Streaming free of hot walls.
You are full of unspent dreams . . .
You are laden with beginnings . . .
There is hope in you . . . not sweet . . .
acrid as blood in the mouth.
Come into my tossing dust
Scattering the peace of old deaths,
Wind rising in the alleys
Carrying stuff of flame.
Vento che si alza nei vicoli
Solleva con te il mio spirito come una bandiera
Che si libra da mura calde.
Sei pieno di sogni non consumati…
Sei carico di nuovi inizi…
C’è speranza in te … non dolce…
acre come sangue nella bocca.
Vieni nella mia polvere inquieta
Spargendo la pace di morti andate,
Vento che si solleva nei vicoli
Portando le cose del fuoco.
Le immagini contrapposte, la visualità delle parole insieme ad una semplicità che evita i fronzoli ricordano il movimento imagista. E fu infatti a questo movimento poetico che Ridge si avvicinò nei primi anni del novecento. Lo spirito della poeta desidera unirsi al vento che corre tra i vicoli, desidera essere portato come fosse una bandiera, desidera condividere la speranza, i sogni, il cambiamento, vera essenza di questo vento. Ma Ridge era vicina anche ai movimenti anarchici di quello stesso periodo, aveva vissuto anni di povertà come emigrata, e quindi è assai facile vedere in questo vento la spinta della rivoluzione. E’ un vento che nasce nei vicoli poveri, che sogna il mutamento, che spera in un inizio nuovo, che riempie la bocca col sapore del sangue, che trasporta le fiamme per bruciare nella lotta. Una lotta che il verbo rise, sollevarsi fisicamente ma anche in protesta, richiama efficacemente già nel titolo.
Il giorno dell’esecuzione degli anarchici, ed emigrati italiani, Sacco e Vanzetti, avvenuta vicino a Boston il 23 agosto del 1927, Lola Ridge partecipò alle proteste davanti alla prigione. Avanzò da sola, lasciandosi gli altri alle spalle, sulla piazza vuota e non si spostò neppure quando la polizia a cavallo la caricò. Un uomo tra i dimostranti la riconobbe e la portò in salvo tra la folla. Non aveva paura di protestare per ciò in cui credeva e lo fece nella vita e nella poesia, rendendo così quest’ultima un tramite per le sue idee. Ovvero un tramite per come le sue idee veicolavano emozioni. Nel 1919, l’anno precedente alla raccolta in cui la poesia venne pubblicata, ci furono numerose sommosse di tipo razzista contro la gente di colore, nonché di stampo anticomunista. E i famosi attivisti anarchici Alexandr Berkman ed Emma Goldman furono deportati in Russia quello stesso anno. Anche solo da questi brevi cenni, si comprende quanto coraggiosa e determinata fosse Lola Ridge.
L’uso delle parole per accendere immagini nella mente si ritrova anche in una poesia dai toni personali:
Mother
Your love was like moonlight
turning harsh things to beauty,
so that little wry souls
reflecting each other obliquely
as in cracked mirrors . . .
beheld in your luminous spirit
their own reflection,
transfigured as in a shining stream,
and loved you for what they are not.
You are less an image in my mind
than a luster
I see you in gleams
pale as star-light on a gray wall . . .
evanescent as the reflection of a white swan
shimmering in broken water.
Madre
Il tuo amore era come il chiaro di luna
che muta in bellezza ciò che è aspro,
così che piccole anime beffarde
riflesse l’un l’altra in obliquo
come in specchi crepati…
videro nel tuo spirito luminoso
il loro stesso riflesso,
trasfigurato come in un rivo luccicante,
e ti amarono per ciò che non erano.
Sei meno un’immagine nella mente
che una lucentezza
Ti vedo nel barlume
pallido come una luce di stelle su un muro grigio…
evanescente come il riflesso di un cigno bianco
che brilla sull’acqua increspata.
I versi accendono la mente di luce bianca. La luna, i riflessi nell’acqua e negli specchi, l'acqua di un ruscello luccicante, la luce di stelle, il cigno bianco sono immagini accumulate una sull'altra attorno alla figura impalpabile della donna, restando, però, come dice Ridge nella seconda strofa, una percezione di luminosità più che una vera e nitida forma. La luce della madre riflessa negli specchi frantumati mostra ai figli ciò che saranno, ma anche ciò che non saranno nel diventare creature autonome, identità che non rispecchiano esattamente quella della madre, essendo, piuttosto, riflessi obliqui, mai uguali. L’identità materna illuminerà i figli di una luce nuova, luce trasformata nelle acque increspate di un rio. E infatti la memoria non porta un’immagine della donna definita con precisione, ma piuttosto il ricordo di una presenza luminosa, una sensazione di luce chiara, mai opprimente, mai soffocante, ad illuminare la notte o il muro grigio di una futura sofferenza; la visione di un cigno bianco, leggiadro ed elegante che muove sull’acqua il proprio riflesso, increspato e indefinito. E se il cigno accende di bello il ricordo addolcendo nel suo scivolare anche il proprio sé rispecchiato nel tremolio dell’immagine, l’amore di questa madre riesce a trasformare le asperità della vita in bellezza allo stesso modo in cui il chiarore della luna mitiga le asperità delle forme.
Dobbiamo presumere che la madre di Ridge abbia avuto una discreta influenza sulla poeta visto che fu lei a decidere, dopo la morte del marito e quando Lola, che allora si chiamava Rose Emily, era ancora una bambina, di trasferirsi in Nuova Zelanda. E fu solo alla morte della madre che la poeta lasciò l’Australia per gli Stati Uniti.
Ma Ridge stessa era una madre: il primo figlio, nato da un matrimonio finito presto, morì di bronchite quando era ancora molto piccolo e il secondo, Keith, frutto dello stesso matrimonio, nacque nel 1900, nel momento in cui la poeta iniziò a dedicarsi seriamente alla poesia ed alla pittura. Nel 1903 lasciò il marito e, prima di andare a Sidney a studiare arte, lasciò il figlio alla madre. Portò poi il piccolo con sé a San Francisco, ma prima di spostarsi a New York, e dopo aver cambiato il nome in Lola e aver tolto dieci anni dal conto della sua età, lo lasciò in un orfanotrofio di Los Angeles e lo rivide solo sei anni dopo. Per tre anni Lola ed il figlio vissero insieme col nuovo compagno di lei, per poi separarsi nuovamente e non vedersi mai più. Keith, che nel frattempo si era trasferito in Cile, morirà suicida un anno dopo la morte della madre.
Così, questa donna abile tessitrice di versi, consapevole, perché vissute sulla pelle, delle difficoltà di una vita da emigrante, vibrante sostenitrice dei diritti delle donne e dei diversi gruppi etnici, compì sul figlio un tradimento incomprensibile. Vero è che, in quegli anni, non era inusuale per genitori poveri lasciare i figli in orfanotrofi dove avrebbero almeno avuto cibo a sufficienza ed una pur basilare istruzione. Ma è altrettanto vero che gli sforzi di Ridge nel favorire le cause anarchiche e comuniste di quegli anni, sforzi che le permisero di conoscere le migliori menti poetiche e letterarie dell’epoca, nonché di organizzare salotti letterari a Greenwich Village, sono decisamente superiori di quelli che fece per essere parte della vita del figlio.
Abbandonare un figlio per essere liberi di seguire le proprie cause e forgiare un futuro disegnato da noi e da noi solamente suona talmente crudele da non riuscire quasi a trovare le parole per descriverlo. Eppure. Eppure, sarebbe lo stesso se Lola Ridge fosse stata un uomo? Perché ci si aspetta da una donna quello che non ci si aspetta da un uomo? Giudicheremmo allo stesso modo un uomo che combatte contro tutto per seguire la libertà? La libertà di essere se stessi e riuscire a concretizzare i propri sogni e maturare le proprie doti nonostante una partenza svantaggiata. E’ vero, suona comunque incomprensibile. Un tabù. Eppure anche questa non è che l’ennesima dimostrazione di quanto forti siano i condizionamenti sociali.
Certo che non sarebbe lo stesso se Lola Ridge fosse stata un uomo. Perché sono innumerevoli gli artisti e letterati che non si sono curati dei propri figli per seguire la propria arte. Perché sapremmo che sempre e comunque, se non in casi estremi, ci sarebbe stata una donna a coprire le mancanze dell’uomo, a riempirne le assenze. La maternità è molto spesso, ancora troppo spesso, una scusa per imprigionare le donne, ma anche gli uomini, in ruoli predefiniti.
E’ un tema complesso, che non ha una sola soluzione. E’ un tema che nel periodo in cui viveva la poeta era molto più complesso di quanto non sia ora, perché allora le donne che volevano la libertà di decidere dovevano davvero fare scelte estreme. La speranza è che la madre soffusa di luce bianca della luna, con la bellezza suprema di un cigno bianco che scivola sull’acqua, possa essere se stessa, possa non rinunciare né a i suoi sogni né alla sua libertà ed essere comunque ricordata come una luminosità soffusa che si riflette sui figli senza rinunciare ad accompagnarli.