«Abbiamo letto di tutto in questi giorni su Seta e sui gravi problemi del trasporto pubblico locale: dallo stato dei mezzi ai disservizi, fino alle pessime condizioni di lavoro del personale e sui bassi salari degli autisti”. Così si legge nella nota del sindacato Usb lavoro privato».
«La prima questione – aggiungono - è l’assetto societario e il futuro dell’azienda: siamo dentro ad un processo che dovrebbe portare alla creazione di un’unica società regionale, operazione che prevede l’assorbimento da parte di Tper delle principali aziende emiliano-romagnole compresa Seta (Modena, Reggio E. e Piacenza) ma con l’esclusione Tep di Parma. La nostra preoccupazione è legata al fatto che essendo una Holding questa società unica potrebbe rivelarsi solo una operazione “finanziaria” ma disarticolata nei territori. Ad esempio, già oggi, la Tper gestisce il servizio tramite tante piccole, piccolissime aziende: Omnibus, Herm, TPB, TPF, Cose Puri, Saca, Ricci bus, Zetaway, Coerbus, poi ci sono le partecipazioni in Seta, Start Romagna e altro».
«Se fosse così – spiegano nella nota - rimarrebbe una selva di aziende con diversa qualità del servizio e diversi trattamenti per i dipendenti, a questo si aggiunge il problema di quale peso potrebbe avere la voce di una amministrazione comunale nei confronti di un gruppo aziendale come questo. Non ci meraviglia che a Modena si stia ragionando sull’alternativa di una società in house, cioè direttamente legata al territorio e all’amministrazione locale, scelta portata finora avanti dal Comune di Parma con TEP».
«La seconda questione – sottolineano – è la gestione dei finanziamenti: quelli che arrivano dal Ministero dei trasporti passando dalla Regione che gira alle Agenzie per la mobilità (che sono otto in regione), per poi arrivare alle aziende per far girare le ruote. Su questo sottolineiamo che siamo di fronte a un trattamento diseguale che si traduce nel pagamento differente dei chilometri coperti con le linee per ogni azienda: dai 4 euro a chilometro per Tper a 2.52 euro a chilometro per Seta.
Per non parlare della questione delle consulenze esterne, un'altra piaga delle cosiddette, un giro di spesa ad assegnazione diretta. Ciliegina sulla torta il ricorso al mercato delle obbligazioni, cioè, emissione da parte di Tper di un prestito obbligazionario per un ammontare di 100 milioni di euro, quotato alla Borsa di Dublino, emissione che segue la precedente del 2017 da 95 milioni di euro».
Terza e ultima, ma non per importanza per i sindacalisti è la questione sindacale. «Siamo al paradosso – affermano - le stesse sigle sindacali che oggi parlano di eleggere delle rappresentanze sindacali (RSU) sono quelle che finora hanno impedito il voto e mantenuto i lavoratori lontano dall’esprimere democraticamente i loro delegati, monopolizzando accordi, trattative e diritti sindacali. Sono gli stessi sindacati che oggi parlano di “contratto unico” per i lavoratori di Seta ma che sono quelli che hanno sostenuto e firmato accordi che differenziano dal 2012 il trattamento contrattuale tra vecchi e nuovi assunti, con paghe da fame per questi ultimi».
E concludono: «Per garantire un servizio pubblico degno per i cittadini e per i lavoratori del trasporto pubblico locale è necessario affrontare questi nodi e porvi rimedio rapidamente. Di sicuro la soluzione non può arrivare da chi per anni ha gestito e cogestito Seta, portandola alle attuali gravi condizioni».