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alla fiera di san michele

Elda racconta: ci sono tornata

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Elda racconta: ci sono tornata

Si carissimi sono tornata alla fiera.

Oggi domenica, mia figlia non lavora, perciò mi dice.

“Preparati alle dieci andiamo alla fiera”,

Figuratevi, ero già pronta mezz’ora prima è proprio vero che diventando vecchi si torna bambini. Lasciamo la macchina nel parcheggio dei dipendenti ospedalieri e ci accorgiamo che per l’occasione è stato aperto anche al pubblico.

Da lì comincia “la via Crucis”, cioè la via della fiera.

Vi dirò che San Michele è stato molto generoso con noi, nessuna nuvola, niente vento, una bellissima giornata di inizio autunno.

Incominciamo a percorrere via Roma, c’era già parecchia gente, ma si camminava tranquillamente ammirando le varie bancarelle, che mostravano merce svariata, dalle scarpe, alle giacche a vento o biancheria, tutta roba di marca, anche questi commercianti si sono adeguati alle esigenze delle persone.

Mi fermo nel banco della biancheria personale, so che mi servono dei pigiama “caldo cotone”, sapete da quando è venuto a mancare Giuliano, questa cosa l’ho un po’ trascurata e mia figlia me lo fa notare.

Va bene ne ho presi due, così il mio contributo a questa fiera l’ho dato anch’io.

Il percorso continua, al grattacelo altra fermata, ci sono banchi, sempre gli stessi, che ogni anno si impiantano lì con merce apprezzabile.

La passeggiata continua e io guardo tutti questi colori le pezze di stoffa che pendono ondeggiando, nei vari banchetti e scruto le persone che incontro.

Com’è mio solito, osservo una signora molto anziana, accompagnata da due ragazzi sulla trentina, mi fanno tenerezza forse era una nonna, che guardava trasognata e loro sorridenti che parlavano con lei e le spiegavano.

Altra fermata in farmacia da Manfredi, dal momento che mi trovo ne approfitto per fare scorta di “pile” per i miei orecchini preziosissimi, senza di loro qualsiasi voce mi arriva ovattata, e si cari miei, anche se non me ne vanto, una certa età l’ho raggiunta anch’io.

Ecco arrivate al punto cruciale della mia fiera, dove ogni anno faccio tappa obbligatoria, mi metto a sedere vicino a un tavolo e aspetto che mia figlia, ultima di una lunga fila, arrivi col famoso bombolone.

Intanto osservo una famiglia che sta divorando bomboloni e gnocco zuccherato e due bambini piccoli, maschio e femmina, che osservano senza parlare, bambini molto educati che aspettano con pazienza che arrivi il loro piatto pieno di cose diverse da quelle dei grandi.

Finalmente è pronto anche il nostro “bombolone” bello grande ricopre tutto il piatto, ripieno di una crema squisita, e dico:

“Ma che ore sono, non ho fame per niente”.

Difatti non erano ancora le dodici, comunque me lo gusto lo stesso, molto adagio, era il nostro pranzo, non siamo delle divoratrici, mangio ricordando quando molto più giovane venivo sempre qui coi miei bambini.

Davanti al nostro tavolo stavano due innamorati, a loro il bombolone sarà parso molto più buono, difatti mangiavano guardandosi negli occhi, mi hanno fatto tenerezza e ho sentito un pizzico di nostalgia.

Mi distraggo guardando quel mucchio di scope per togliere le ragnatele nel banco di fronte, scope col manico allungabile, una in mostra poteva benissimo arrivare sotto le grondaie di casa mia.

Riprendiamo il cammino verso le scuole elementari e incontriamo mia nuora con al braccio sua mamma, ci guardiamo e scoppiamo a ridere, la mia stessa situazione, naturalmente dopo i convenevoli ripartiamo in direzioni opposte.

Altro incontro “Angela” questa è una mia nuova conoscenza, lei si trova nella “Casa di Riposo Villa Paola” a tre passi (si fa per dire) dalla mia casa

Ha novant’anni, ma è più in gamba di me, arriva da un paesino vicino a Carpineti, ha sempre fatto la contadina, parla correttamente solo in italiano, sempre elegante nella sua semplicità

L’ho conosciuta, perché ogni mattina, la trovavo seduta sul muretto che costeggia la strada vicino a casa mia, con un libro in mano che stava leggendo.

Così mi sono fermata e ci siamo conosciute, ma raramente sono riuscita a farla entrare nel mio cortile e farla sedere in una poltrona, più comoda del muro di cemento.

Mi ha raccontato che era vedova ed erano venuti a mancarle anche i due figli maschi che aveva, con serenità e rassegnazione, una persona che io ritengo molto intelligente.

Mi fermo un attimo a salutarla e lei mi presenta una sua nuora che era venuta a trovarla, poi mi ha detto che era il secondo giorno di fiera e aveva intenzione di tornarci il giorno dopo.

Come vedete la mia generazione questa fiera la ricorda così, non importa il vociare, non importa se devi rasentare le persone o alle volte aprirti un varco, importante è esserci alla fiera.

Poi mentre cammino continuo a guardare le coppie di anziani, che mi passano vicino, di solito l’uomo è più eretto e fermo sulle gambe, mentre la signora mostra il suo corpo, non più perfetto, sformato dalle gravidanze e anche dal lavoro pesante fatto in campagna.

Non scordiamoci che questa fiera era la fiera del bestiame, difatti gli animali sono in mostra in un’altra piazza, ma quest’anno io proprio ci rinuncio ed è il primo anno che faccio questo.

 (Elda Zannini)