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la lettera

Montagna: fiscalità e altro

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Riceviamo e pubblichiamo

Montagna: fiscalità e altro

In ordine al presente e al futuro della nostra montagna, nell’articolo di Redacon del 23 agosto, dal  titolo “Le attività estive bastano ?”, tra  le  considerazioni  ivi contenute e volte  ad evidenziare le criticità del nostro territorio, si parlava  di “fiscalità di vantaggio, che sarebbe doverosa”, un’idea  rispetto  alla quale, ossia l’agire sulla fiscalità, non posso che trovarmi d’accordo, trattandosi di tematica,  ipotesi, o prospettiva su cui mi esprimo ormai da anni (vedesi ad esempio  l’articolo di Redacon del 4 maggio 2016, con  titolo “Ogni forma di sgravio fiscale dà un aiuto concreto ed immediato al bilancio di famiglie ed imprese”).
A sua volta un articolo di altro autore, pubblicato il  26 agosto come “Urge realizzare subito l’accordo col Governo e la legge sulla montagna”, ci diceva che “il disavanzo del nostro Stato e il pesantissimo costo degli interessi sul debito pubblico …. pongono una barriera - forse insuperabile - a sgravi fiscali per le cosiddette Aree interne”, facendo quindi supporre che la fiscalità sia  materia di sola spettanza  statale, talché non sarebbe di riflesso destinabile  ad eventuale  tassazione agevolata una quota dei  687 milioni di euro dei quali, sempre da tale fonte, disporrebbe la nostra Regione per finanziare progetti ritenuti strategici
In effetti l’art. 14 della legge sulla montagna n.97/1994, richiamato nell’articolo del 26 agosto, prevede che le Regioni possano promuovere e supportare il decentramento, verso le aree montane, di attività e servizi, azione niente affatto secondaria ma in ogni caso saremmo sempre al di fuori della sfera fiscale, da quanto ne capisco, e pure l’art. 117 della nostra Carta, come modificato dalla legge costituzionale n 3/2001, sembra  assegnare in via esclusiva allo Stato il “sistema tributario” (pur se detto termine rispunta poi tra quelli elencati  nella  legislazione concorrente, insieme alla voce “finanza pubblica”).

Potestà legislativa statale  e regionale 

Io non sono certamente  in grado di interpretare e coniugare i diversi passaggi legislativi,  e potrei dunque districarmi in modo erroneo o impreciso tra gli intrecci e le  eventuali sovrapposizioni delle reciproche competenze, ma se da un lato potrebbe dedursi che la Regione non può impegnare ed investire risorse, indipendentemente dalla loro entità, per alleggerire la fiscalità delle zone interne/montane, ho maturato nel contempo l’impressione, ovviamente opinabile, che andrebbe fatta maggiore chiarezza riguardo agli ambiti della rispettiva potestà legislativa (ossia quella intercorrente tra  Stato  e    Regioni).
E una risposta a tal proposito a  me sembra poter  venire dalla Autonomia differenziata, quale strumento  idoneo a precisare meglio, o perfezionare, le rispettive attribuzioni, di Stato e Regioni, consentendo semmai alle seconde, che si trovino ad averne la capacità finanziaria, di poter supportare le Aree Interne anche abbassando il carico fiscale delle attività ivi esercitate, mediante ad es. procedure di rimborso, o altre  tali comunque da non “scalfire” la titolarità dello Stato in campo fiscale, salvo concordate forme di delega (ove dispositivi del genere esistessero già,  io vedrei bene il farvi  sin da adesso ricorso).

Autonomia differenziata  

C’è tuttavia una parte politica fortemente contraria alla Autonomia differenziata, paventando il rischio di veder incrinata l’unità e la coesione  del Paese, una tesi che a me pare stridere non poco in bocca a chi, se ben ricordo, e con la legge n. 3/2001, ha ritenuto di apportare modifiche al Titolo V della Costituzione, segnatamente i suoi artt. 116 e 117, immettendo  nel secondo il principio della legislazione concorrente, tra Stato e Regioni (a mio sommesso avviso, chi oggi si oppone alla Autonomia differenziata, dovrebbe quantomeno riconoscere, per coerenza, che fu sbagliata quella scelta politica del 2001).
Tanto più che l’art. 116 della Costituzione, nella vigente versione uscita dalla  legge n. 3/2001, prevedeva già di poter attribuire alle Regioni a statuto ordinario “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” in molteplici materie, su iniziativa della Regione interessata, così’ da far parlare di  “Regionalismo Differenziato”, e per quanto capisco l’Autonomia differenziata concepita dall’attuale Governo si inserisce in detto disposto costituzionale, nell’ottica di ottimizzarne la fruizione, il che mi rende piuttosto inspiegabile l’ostilità espressa  dai suoi  oppositori (specie chi volle la nuova odierna veste dell’art.116).
(P.B.)