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Elda racconta: il battipanni

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Elda racconta: il battipanni

Mio caro amico, ci ritroviamo per l’ennesima volta seduti sulla panca davanti a casa mia e mentre osserviamo la Pietra che domina su di noi, cominciamo ad immergerci un’altra volta nel passato.

Io ti dico che forse una volta tribolavano meno ad allevare ed educare i figli, allora non c’erano tutti questi stimoli esterni che ci sono adesso.

“Tu come la pensi?”

Non mi hai risposto, ma mi hai mostrato una foto che mi ha fatto sorridere, è la foto di un vecchio “battipanni” di vimini che ai denominato “attrezzo educativo” e dici:

“Mia madre ha allevato da sola tre figli maschi molto vivaci.

Lavorava a servizio tutto il giorno, la domenica lavorava in una trattoria, accudiva alla casa e ci preparava da mangiare e da sola gestiva tre ragazzini non molto tranquilli.

Forse l’uso di quest’attrezzo “educativo” era sbagliato, però io la ringrazio per quelle sculacciate, date, o soltanto minacciate.

In questo modo ha cresciuto tre figli, educati, rispettosi, ubbidienti e laboriosi, lei è venuta a mancare ancora abbastanza giovane, all’età di sessantasei anni, quando io ne avevo trentasette, ma la ringrazio ancora per tutto ciò che ha fatto per noi”.

Allora anch’io mi metto a frugare nella mia mente, per trovare i metodi che si usavano in casa mia.

Anche la nostra educazione dipendeva più dalla mamma che dal papà, lui bastava che ci guardasse con quegli occhi color del cielo che diventavano scuri, come quando c’è in arrivo un temporale e subito chinavamo il capo.

Né lui né la mamma ci hanno mai toccati.

No, ecco che mi sbaglio, mi sto ricordando un’unica volta che mia madre usò le maniere forti verso mio fratello Nilo, che si rifiutava di entrare nel mastello di legno pieno d’acqua (che era la nostra vasca da bagno).

Era sporco come un maialino e doveva andare alla Pieve a servire messa, si era lavato il viso e tutto attorno collo compreso, era nero di polvere imbevuta di sudore e non parliamo delle gambe, ma si rifiutava di fare il bagno e per far valere le sue ragioni, gli scappò dalle labbra una lieve bestemmia, nominando il nome di Dio.

Allora mia madre, che non avevo mai vista adirata, lo prese con la forza mascolina che aveva lei, gli diede una fila di sculaccioni abbastanza violenti che gli piovvero da tutte le parti, poi lo infilò mezzo vestito dentro al mastello pieno d’acqua.

Credete quella schiaffeggiata gli fece così bene, che non gli passò mai più per la mente di bestemmiare, anzi qualche anno dopo volle entrare in seminario per farsi prete.

Come vedete, come dicono i miei amici Molisani.

“Quando cè vò, …cè vò”.

Traduco: quando ci vuole, ci vuole.

Perciò riflettendo bene, forse al giorno d’oggi, manca qualche sculacciata o scappellotto, che anch’io non ho fatto mancare in casa mia, che col solito “senno di poi” mi pentivo di averlo fatto, però ripensandoci bene proprio male, male, non era, dal momento che posso essere orgogliosa dei miei figli.

Allora, caro amico, hanno sbagliato i nostri genitori? Abbiamo sbagliato noi stessi?

Ma come mai che noi, invecchiando siamo sempre alla ricerca di certi argomenti e forse anche sensi di colpa?

Forse vivevano meglio i nostri vecchi che non si facevano tante domande e passavano il resto della vita più serenamente e noi pensavamo che fossero soltanto un po’ “indementiti”, ma forse non lo erano affatto, volevano solo farcelo credere.

Amico mio e se cominciassimo a fare così anche noi?

Mi risponde un profondo sospiro e i nostri occhi si perdono nel verde della Pietra.

Ecco, veramente, gli occhi sono solo due, sono soltanto i miei.    Elda Zannini