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Mostra fotografica, Giannantonio: “Un omaggio alla montagna reggiana”

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“La fotografia esce dalle stanze delimitate da pareti e diventa parte della natura”.

Con queste parole il fotoamatore Domenico Giannantonio annuncia l’inaugurazione della sua mostra “Fotografia nel bosco. Cime tempestose: Appennino, Appennini”, che si terrà sabato 29 giugno.

La mostra si terrà nella casa-cultura di Francesca Bottazzi, che si trova all’interno del bosco, a Casone di Vetto, sopra Spigone e Pineto. E' la casa dove in estate apre il servizio di bookcrossing che offre libri gratuiti ai camminatori in cambio di un altro libro.

Dopo l’inaugurazione seguirà un buffet con prodotti dell'Appennino e ci sarà un angolo dedicato alla vendita di prodotti olistici e manufatti locali. In sottofondo musica bucolica oltre ai suoni della natura.

Domenico è anche l' autore della fotografia ‘Tempesta a Felina’, pubblicata su Redacon lo scorso anno e che ha raggiunto oltre quattromila visualizzazioni.

E la mostra sarà dedicata proprio alle tempeste sugli Appennini: mette in relazione quello reggiano con quello abruzzese.

 

 

L'intervista

Come è nata la collaborazione con Francesca Bottazzi?

Francesca è la zia di mia moglie Elena e, sapendo della mia passione per la fotografia, già da diverso tempo mi propone di fare qualcosa su, a Casone di Vetto; ma non siamo mai riusciti perché siamo passati dalla Pandemia a piogge continue o altri eventi che hanno fermato la possibilità di realizzare le idee. Quest’anno quindi, incrociamo le dita, pare sia l’anno buono.

Come e quando è nata la passione per la fotografia?

Io sono un fotoamatore, intanto. È importante specificarlo perché la fotografia professionale oggi attraversa un momento difficile dovuto alla larghissima diffusione di mezzi fotografici - intendo in modo particolare gli smartphone - che hanno notevolmente ridotto l’esigenza di avere sul posto fotografi professionisti. Essendo un fotoamatore non voglio in alcun modo invadere il campo di chi con la fotografia deve camparci. Quindi mi limito a fare foto per mia pura passione. Da molto tempo, oltre venticinque anni. Ma soprattutto perché con la fotografia ho potuto “esplorare” il territorio, quello reggiano in particolare. E la montagna fa parte di queste mie esplorazioni.

In cosa consisterà questa mostra?

Posso dire che sarà un omaggio ad una montagna intanto vista nel senso geografico del termine: un territorio che va dai 600 metri in su. Non è l’alta montagna vista dallo scalatore, ma è ciò che possiamo vedere quando sussistono quelle condizioni meteorologiche che ci fanno immaginare, da quaggiù, come sarà lassù. La fotografia, e io per fotografia intendo proprio quella che scrive con la luce, anche quando c’è buio, dovrebbe avere il potere di farci immaginare come noi potremmo trovarci in determinate situazioni. Se io guardo il Cusna immerso in un profondo nero di nuvole piene di tempesta, dovrei poter immaginare: ma se fossi lassù adesso, che cosa farei?

Quante fotografie saranno esposte?  

Venti foto circa, penso che molte le esporrò nel bosco che circonda la casa di Francesca e Manlio, il marito, immerse in una natura che può ancora essere selvaggia. Alcune saranno di grandi dimensioni, se mi arriveranno in tempo per l’inaugurazione che però non sarà solo delle mie foto ma di tante cose che si scopriranno quel giorno.

Perché ‘mette’ in relazione l’Appennino reggiano con quello abruzzese?

Beh, perché io sono abruzzese. Vivo a Reggio dal 1988 e la frequento dal 1985, dopo alcuni anni a Milano. Considerando che ho 60 anni, ho trascorso quasi quarant’anni qua dove mi sono sposato con una reggiana doc, Elena, ho due figli, Daniele, di 28, e Giacomo, 26 anni, in giro per l’Europa.  Sono abruzzese ma ormai in Abruzzo si accorgono del mio accento differente. Conosco abbastanza bene molte montagne laggiù. Un Appennino diverso da quello reggiano. Ma la montagna è montagna… Quando ci sei in mezzo, puoi pensare di essere Superman, di poterla “dominare”, di poterla sfidare, ma resti sempre un piccolo fuscello in balia di un qualsiasi improvviso colpo di vento, di un piccolo strato di ghiaccio che hai sottovalutato, di un sasso che decide di cadere in quel momento.

E’ questa consapevolezza che bisognerebbe sempre portare con sè quando si decide di andare in montagna: l’umiltà. E un minimo di conoscenze di base per non restare bloccati laddove si sarebbe potuto evitarlo.