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Elda racconta: Mosè e i dieci comandamenti

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Il giorno 15 del secondo mese dopo la loro uscita dall’Egitto, tutta la comunità degli Israeliani arrivò al deserto di Sin, che si trova fra Elim e il Sinai.

Il monte Sinai

Gli Israeliti cominciarono a lamentarsi e a rimpiangere il pane che potevano mangiare quando erano schiavi, si lamentavano dicendo che sarebbero morti di fame.

Allora il Signore disse a Mosè:

“Ho inteso le mormorazioni degli Israeliti, ecco io farò piovere    pane dal cielo, il popolo riuscirà a coglierne la razione per un solo giorno, vedremo se cammineranno secondo la mia legge”.

Allora Mosè disse ad Aronne:

“Devi dare questo comando a tutte le comunità, il Signore ha sentito le vostre lamentele, al tramonto mangerete carne e al mattino vi sazierete di pane, sappiate che Io sono il vostro Dio”.

La stessa sera un’infinità di quaglie salirono e coprirono l’accampamento, così il popolo mangiò carne, al mattino poi trovarono uno strato di rugiada che poi sparì e la superfice del deserto si ricoprì di una cosa minuta e granulosa come la brina sulla terra, loro non sapevano cos’era, ma Mosè disse loro:

“Questo sarà il vostro pane giornaliero, ognuno di voi ne deve raccogliere solo per il fabbisogno di un giorno”.

Molti ubbidirono, ma certi ne raccolsero di più e la mattina dopo lo trovarono imputridito e marcio.

Essi perciò impararono a coglierne tutte le mattine e in misura di un giorno, solo il sesto giorno ne prendevano il doppio, il settimo era il sabato, giorno del Signore dedicato solo a ringraziare e glorificare Dio. Nessun lavoro doveva essere fatto e solo in quel giorno non imputridiva né marciva.

Il popolo perciò il settimo giorno si riposava e pregava come Dio aveva comandato loro.

Questa cosa, che li sfamava, la chiamarono manna, aveva la forma di semi di coriandolo e il sapore di una focaccia col miele.

Poi il Signore ordinò, di conservarne un omer (che era la decima parte di un efa) di metterla dentro una mina e di conservarla per portarla come testimonianza ai posteri.

Loro mangiarono manna per quarant’anni, fino al loro arrivo in una terra abitata, cioè fino ai confini di Canaan.

Durante questo lungo viaggio gli Israeliti levarono l’accampamento dal deserto di Sin, seguendo gli ordini del Signore arrivarono fino a Refidin, ma lì non c’era acqua e cominciarono a lamentarsi con Mosé, allora egli parlò al Signore:

“Signore, che posso fare io per questo popolo?”

“Prendi il tuo bastone, vai vicino alla roccia e battila”.

Mosè ubbidì e dalla roccia sgorgò una grossa fontana che dissetò il popolo e gli animali”.

Quel posto si chiamò Massa e Meriba “che significa prova e protesta” a causa delle proteste degli israeliti che misero alla prova Nostro Signore dubitando della Sua presenza.

A Refidin, Amalek, fece guerra agli Israeliti, non so dirvi per quale ragione, forse occupavano le sue terre.

Allora Mosè disse a Giosuè:

“Scegli alcuni uomini e portali a combattere contro costui, io salirò sulla montagna e pregherò Dio di proteggervi”.

Giosuè ubbidì a quest’ordine, mentre Mosè, Aronne e Cur, salirono sulla montagna.

Quando Mosè alzava le braccia invocando Dio, gli uomini di Giosuè vincevano, quando stanco le abbassava, perdevano.

Allora Aronne e Cur lo fecero sedere e gli tennero loro due le braccia alzate fino al tramonto e Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo.

Allora il Signore disse a Mosè:

“Scrivi nel tuo libro tutto questo, che resti per ricordo”.

Mosè costruì un altare e lo chiamò:

“Il Signore è il mio vessillo”.

Intanto Ietro sacerdote di Madian e suocero di Mosè, quando ebbe questa notizia, prese la figlia Zippora che Mosè aveva rimandato a lui coi due bambini per tenerli al sicuro, lontano da ciò che stava per fare e lo raggiunse nel deserto.

Furono accolti con una grande festa, poi Ietro diede a Mosè consigli utili per non addossarsi tutto sulle proprie spalle e rendergli la vita un po’ più semplice, difatti fu così.

Al terzo mese, dopo l’uscita dall’Egitto, arrivarono al deserto del Sinai. 

Mosè salì su quel monte e parlò con Dio, Lui gli diede le tavole della legge, cioè i Dieci Comandamenti.

Mosè rimase quaranta giorni lassù vicino a Dio e quando scese trovò gli Israeliti che avevano costruito un vitello d’oro e lo adoravano e ballavano come se fossero ubriachi.

Allora si infuriò spaccò le tavole della legge, prese il vitello d’oro e lo distrusse bruciandolo col fuoco, poi si rivolse ad Aronne:

“Perché gli hai permesso questo?”

“Non ho potuto oppormi mi avrebbero ucciso”.

Dio richiamò Mosè sul Sinai e il popolo si era radunato ai piedi della montagna e tutta la moltitudine di gente percepiva i tuoni, i lampi e il suono del corno e videro il monte fumante, vide e preso da tremore si tenne lontano. Quando Mosè ritornò fra il popolo, questi non potevano guardarlo in viso, tanto che questo risplendeva e gli dissero:

“Parla tu e noi ascolteremo, ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo”.

“Non abbiate timore: Dio è venuto per mettervi alla prova, perché il timore di Lui vi sia sempre presente e vi tenga lontano dal peccato.

Poi costruirono una tenda dove dentro a una cassa di rame venivano conservate queste tavole, che non erano di legno, ma di roccia, sulle quali stava inciso:

1°) Io sono il Signore Dio tuo, che ti ha fatto uscire dal paese 

 d’Egitto e dalla schiavitù non avrai altri dei di fronte a me.

2°) Non userai invano il nome di Dio tuo, perché il Signore non lascerà impunito chi bestemmia.

3°) Ricordati del giorno di riposo per santificarlo, non farai e non farai fare alcun lavoro agli altri.

4°) Onora il padre tuo e la madre tua, perché si prolunghino i tuoi giorni su questa terra.

5°) Non uccidere.

6°) Non commettere adulterio

7°) Non rubare.

8°) Non dir falsa testimonianza contro il tuo prossimo.

9°) Non desiderare le cose del prossimo tuo.

10°) Non desiderare la moglie del tuo prossimo, ne’ la sua schiava, ne’ il suo schiavo.

Come vedete anche se alcune frasi sono cambiate, il significato e sempre lo stesso, sono quelli che conosciamo anche noi e i nostri vecchi ce li hanno inculcati bene nella testa fin da piccoli, poi a dottrina li abbiamo imparati a memoria. 

 Mia madre col racconto della Bibbia era arrivata fin qui. Io ho pensato di continuare ancora un po’, spero di non stancarvi troppo, ma ricordate questa è storia antica, la storia della nostra religione sia che crediate o no.

E ora in dialetto, cuma a feva mi mama

Musè e i des cmandament 

Ai 15 dal secònd mès dop ch’ièrne gnù fòra da l’Egétt teùcc iisraèlian ièn arivà in t’al desert dal Sin ca stròva vsin al Sinai.

Teùta sta genta l’ha cumincià a lamentàs, urmai i murivne ed fam.

Alura Nostre Sgnur l’ha détt a Musè:

“Iò sentì ch’is lamentne, alura iò pensà ed fal piòvre al pan dal cel, degh però chi i n’in còine sul prùn dè”.

Alura Musè l’ha dètt a su fradel Aronne:

“It dev far savèr a teucc chi Nostre Sgnur l’ha sentì ch’iv lamentè. Quand a càla al sul i mangiarì dla carna e dmatina i cuirì dal pan. I duvì savèr cl’è al voster Dèo ca vli manda”.

Difati la stesa sira l’acampament al s’è impi ed quai, achsè teuta la pupulasiùn l’ha s’è impida la pansa ed carna. La matina po’ ian truvà al desert quert da na strana brina i l’an asagiàda la gh’aiva al savur ed na carsenta cun dentre ed la mela.

Nostre Sgnur po’ l’ha urdna ed metne un po’ dentre a un bidun e da tgnila per fala vedre a qui ca gniva dop a lur.

Lur po’ ian mangià sta màna (i l’aivne ciamada achsè) per quarant’an fin chi n’en arivà ai cunfìn ed Canaan.

Po’ ian cavà l’acampament ded lè e ièn arivà a Refidìn, ma l’è an gh’era mèa l’acqua e sti Israeliàn ian cumincià a lamentàs ancòra, iaivne paura ed murìr dàla sé. Alura Musè l’ha dèt a Nostre Sgnur:

“Ma cusa pòsi far me pra ste genta!”

 Alura al gh’à rispost:

“Ciàpa al tu bastùn e pìcle cuntra àla rocià duva me i stagh insema”.

Musè l’ha ubdì e lè sgurgà na gran funtàna cl’à butèva acqua in cuntinuasiùn, achsè iàn pudù bevre teùcc omi e besti.

Lè a Refidin po un sert Amalek al ghà fàt la guèra, forsi ste genta l’aiva invas la su tèra. Alurà Musè l’ha incaricà Giosuè ed radunàr ed iomi chi difendesne l’acampament chi lu po’asrè andà in sema al munt a pregàr cun Aronne e Cur.

 

Quand Musè a tgniva i brass alt vers Dèo, Giosuè e i seò suldà i vinsivne, quand l’era steuff e al tireva zò i brass iomi ed Giosuè i perdivne. Alura Aronne e Cur ian fàt sedre Musè e lur due un da na parta e un da cl’atra i ghan tgnù i brass alt fin al calàr dal sul e Giosuè l’ha vint sta guera.

Alura Nostre Sgnur l’ha urdnà a Musè da screvre ste fat in t’al su lebbre per lasàr na testimuniansa.

 Musè, po’, l’ha anch fat far un altàr per ringrasiar Dèo.

Quand po’ al suocero ed Musè, Ietro, cl’era un pret d’alura a Madian, l’ha saeù quest, la tot seù su fieòla Zippora e i du ragasèt chi Musè l’aiva mandà da lu per metia al sicur luntan da quel ca steva per far e l’è andà a truval in t’al desert.

Alura Musè la fàt na gran festa, po’ Ietro c’al gh’aiva peù esperiensa l’ha insignà a Musè cusa al duviva far per far meno fadiga a tgnir adrè a teuta sta genta.

Al ters mes, po’ dop esre gnu feòra da l’Egétt ièn arivà in t’al desert dal Sinai.

Alura Musè l’è rampà fin insema a cul munt l’è per parlar cun Dèo e Lu al gh’ha dà al tavle ed la legg ch’iérne po’ i Des Cmandament.

Musè l’è rmas laseù cun Dèo quaranta dè, ma caro mio ii Israelian i s’érne stufà d’aspetàl e s’érne fàtt un idolo, un videl d’or.

Quand Musè l’ha vést sta genta ca l’aduréva e la baleva cumi si feòsne teùcc beriagh, an gh’ha peù vést dàla rabbia, l’ha spacà al tavle ca ghaiva dà Nostre Sgnur, po’ la spacà e breùsà al videll d’or e l’ha dett a Aronne:

“Perché an et mèa impedì teùtt quest”:

“In ho mèa pudù far gnent i m’arèn masà”.

Dio po’ l’ha arciamà Musè insema al Sinai pr’ater quaranta dè, stavolta la genta la l’ha aspetà in fonda àla muntagna e ian sentì i trun e i lamp e al corne c’al sunèva e  la muntagna cl’à fumèva e la tèra clà termeva, davanti àla vus ed Dèo e ian aù tanta paura, i termevne teùc, po’ quand Musè l’è arturna in pudivne mèa guardàl in fàcia tan chi quela l’agh risplendiva e i gh’an dètt:

“Parla te nuatre i t’ascultema, ma sa parla Dèo i murèma dàla paeùra”.

“In duvì mèa aver paeùra: Dèo l’ha vrù metve àla pròva, perché la paeùra ed Leù i dùvì avela sempre achsè in farì méa di pcà”

Po’ iàn fatt na càssa ed ràm e i gh’an mess dentre al tavle ed sass dòva suvre a gh’era schrètt:

1°)Me i sun al tu Déo t’en gh’are ansun ater déo stranier fòra chi me.

2°)T’èn druvarè mai al nom ed Nostre Sgnur bastaséa

3°)Arcòrte ed santificar al dè dedicà a Nostre Sgnur

4°)Unura tu pà e tu mama s’it veò vèvre di peò

5°)An masàr anseùn

6°)An tradìr né tu marì né tu muiéra

7°)An rubar gnent

8°)An dir mèa mai al fals gnanch al busèi

9°)An invidiar méa la cà ed chiatre

!0°)An desideràr mèa la muiéra ed chiatre e gnan la su schiava u al su schiav.

Cuma i vdì, ién pò qui chi s’an iculcà ben in tla testa da cècch, anch si qualca parola l’è diversa in fin di cunt a veòl dir la stesa còsa.  

Elda Zannini

2 COMMENTS

  1. In realtà il secondo comandamento di Mose’ è un po’ più complesso, come si legge bene nella Bibbia, infatti nel secondo comandamento oltre a: non avrai altro Dio all’infuori di me , recita: non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque o sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché Io, il Signore sono il tu Dio, sono un Dio geloso che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza o quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore…
    Mi sembra che ci scordiamo sempre di una parte importante!

    • Firma - Vulzio Abramo Prati
  2. Grazie per la correzione, capirà io non sono una studiosa della bibbia
    cerco solo di scrivere il più semplice possibile per non fare confusione ai miei lettori
    che sono vecchi o bambini. Ciò che mi ha fatto notare lei non è il 2° comandamento, ma il 1°
    come vede è facile sbagliarsi e farli diventare 11 invece di 10 mi perdoni, ma ho dovuto farlo notare
    Elda Zannini

    • Firma - Elda Zannini