ELDA RACCONTA: IL PARADISO
Prima di ricominciare vi voglio dire che le bellissime illustrazioni che vi trovate, sono state ricavate da una bibbia per bambini fatte da Piet Worm per i suoi piccoli. Lui fu un famoso architetto Olandese che lavorò in tutto il mondo e per queste illustrazioni ha usato molto l’oro dato che le parole che vi erano scritte per lui erano d’oro.
***
(Italiano)
Per poter andare avanti con questi racconti devo fare un passo indietro:
Sapete bene che Dio abita in paradiso, ma non è solo, Lui ha creato anche un’infinità di angeli, arcangeli, cherubini, serafini e chi più ne sa più ne metta. Loro ascoltano e adorano Dio continuamente e Nostro Signore appena nasce un bambino sceglie uno di questi angeli e lo manda sulla terra per sorvegliarlo, proteggerlo e stargli vicino per tutta la vita. Anzi vi voglio anche dire che noi ci scordiamo spesso di lui a stento ci ricordiamo la preghierina che ci hanno insegnato da piccoli e dovremmo recitarla più spesso “Angelo di Dio”.
Ora però andiamo avanti, molto tempo prima, che Dio creasse la terra questi angeli stavano soltanto in paradiso.
Dovete sapere che in mezzo a tutti ce n’era uno bellissimo e anche molto intelligente, si chiamava “Lucifero”, ma era talmente pieno di boria che ha cominciato a pensare che avrebbe potuto prendere lui il posto di Dio e sedersi sul Suo trono.
Ha cominciato col suo modo di fare molto persuasivo a convincere altri angeli più ignoranti a seguirlo mettendoli contro Dio, così si prepararono per fargli guerra. Si bambini, una guerra in paradiso, perciò non facciamocene caso se ancora scoppiano guerre sulla terra.
Così gli angeli cattivi cominciarono a combattere contro gli angeli buoni, fra questi c’era un arcangelo che si chiamava Michele.
Lui era molto coraggioso, stava davanti a tutti con la sua spada fiammeggiante, combatteva contro Lucifero che era il capo di quel gruppo di ribelli e riuscì a cacciarlo dal paradiso, lo spinse sull’orlo di un baratro da dove uscivano fuoco e fiamme e lo fece cadere laggiù in quel posto che si chiama “Inferno”.
Quel posto era stato preparato da Dio stesso, perché Lui sa tutto, perciò sapeva già che questo doveva succedere, poi ordinò all’Arcangelo Michele di mettersi sulla porta del paradiso e di sorvegliarla in eterno con la sua spada sguainata.
Adesso possiamo andare avanti:
Dopo aver creato Adamo ed Eva, Dio li aveva messi a vivere in un posto bellissimo che aveva chiamato “Paradiso Terrestre” e loro là erano molto felici, andavano d’accordo e non bisticciavano mai.
Adamo si prendeva cura di questo giardino, dove c’era una gran quantità di alberi da frutta e loro potevano mangiarne a sazietà.
Però Nostro Signore aveva proibito loro di mangiare i frutti di un albero che si chiamava “albero della conoscenza del bene e del male” e stava al centro di questo luogo, se ne mangiavano sarebbero morti.
A loro questo non interessava, di frutta ne avevano in abbondanza senza prendere quella lì.
Mentre Adamo lavorava nel giardino, Eva non aveva un gran che da fare, non doveva lavare i piatti e non doveva rifare i letti e neanche lavare i vestiti, perché erano completamente nudi. Allora gironzolava di qua e di là raccogliendo qualche fiore.
Intanto da laggiù dentro all’inferno, Lucifero “che era diventato il principe dei diavoli” li guardava con grande invidia, così pensò di metterli contro Dio, dopo li avrebbe accolti nel suo inferno e pensò di andare ad insidiare Eva che non aveva niente da fare.
Prese le sembianze di un serpente, e strisciando, riuscì ad entrare in quel bellissimo giardino e piano, piano arrivò vicino all’albero proibito. Allora nascose la sua lingua biforcuta in fondo alla gola, perché non si vedesse, poi facendo una vocina sottile e persuasiva chiamò:
“Eva…Eva vieni qua…!”
Intanto faceva finta di sorridere, ma teneva i denti ben chiusi in modo che la lingua non si vedesse. Intanto Eva si era avvicinata senz’altro si stava annoiando e faceva volentieri quattro chiacchiere.
“Eva, ascolta, mi sai dire, perchè non mangiate mai di queste mele?”
“Nostro Signore ce lo ha proibito se ne mangiamo moriremo, poi non vedi quanta frutta abbiamo?”
“Morirete? Ma tu ci credi? Povera sciocca, vi ha detto così, perché se ne mangiate diventerete come Lui”.
Eva cominciò a girare attorno all’albero e il serpente, mentre lei gli girava le spalle, tirava fuori la sua lunga lingua e si leccava i baffi, poi la nascondeva in fretta.
“Eva, ma guarda come sono belle lucide queste mele, prova ad assaggiarne una, cosa vuoi che ti faccia una morsicatina, vedrai che ti sentirai subito più forte e intelligente”.
Eva guardava l’albero ancora un po’, intanto il serpente era salito sopra un ramo e si allungava giù, cercando di convincerla.
Lei lo ascolta ancora per un po’, poi zach, stacca un frutto lo morsica e gli sembra delizioso, allora corre a cercare Adamo e glielo allunga. Lui povero rimbambito, quando ha davanti quella donna non capisce più niente e gli dà una bella morsicata anche lui.
Dopo poco però sentono Dio che li chiama, allora si accorgono di avere disubbidito, si nascondono in mezzo ai cespugli e scoprono di essere nudi, allora si coprono il sedere con delle larghe foglie di fico.
Intanto Dio chiama:
“Adamo…Adamo dove sei?”,
“Siamo qui ci siamo coperti perché eravamo nudi”.
“Ma chi vi ha detto che eravate nudi? Non avrete mangiato il frutto di quell’albero”.
“E’ stata Eva a darmelo”.
Ed Eva.
“E’ stato il serpente a convincermi”.
Allora Dio si arrabbiò con tutti, ma più di tutto col serpente e rivolto a questo gli disse:
“Tu striscerai sempre per terra e mangerai la polvere per tutta la vita, poi arriverà una Donna che schiaccerà la tua testa col Suo piede”.
E rivolto ad Adamo disse:
“Tu d’ora in avanti ti guadagnerai da mangiare ricavandolo dalla terra con gran fatica e gran sudore”.
Ad Eva disse:
“Tu donna starai sottomessa a tuo marito e metterai al mondo molti figli con gran fatica e gran dolore”.
Poi li cacciò dal Paradiso Terrestre e mise uno stuolo di cherubini a sorvegliarne le entrate con la loro spada fiammeggiante, perché proteggessero l’albero della sapienza e che nessuno tornasse indietro.
Era la mamma che ce lo raccontava, quando finiva noi restavamo in silenzio, era più bello di una favola.
Quando quella sera arrivò mio padre, stanco come un mulo, perché dopo il lavoro da manovale da Zuccolani prima di tornare aveva scavato una tomba nel cimitero, però come sempre mi prese in braccio e io:
“Lo sai papà cosa ha fatto Eva, ha mangiato la mela e ne ha dato anche a suo marito e Dio li ha mandati via”.
E lui:“Queste donne combinano sempre dei guai”.
Allora gli prendo il viso e lo guardo severamente negli occhi e lui scoppia a ridere:
“Ma tu non sei una donna, tu sei solo la mia bimba piccola”.
Allora gli chinai la testa e gli diedi un bacio sulla fronte. Ho cercato nella mia memoria, ma non ho trovato altro, quello è stato l’unico bacio che ho dato a mio padre per tutta la vita e anche lui non l’ha mai fatto, nemmeno quando sono partita per il viaggio di nozze, quando a stento tratteneva le lacrime.
Ora per gli amanti della nostra prima lingua, racconterò in dialetto come faceva mia madre:
LA BIBBIA IN DIALETTO “LA GUERA IN PARADIS”
Per pudér andar avanti cun chi racùnt chè, i duvema far un pass indré:
I saì ben che Déo al sta in paradìs, ma anghè méa da leù, perché l’ha anch creà na mùcia d’angel, arcangel, cherùbìn, serafìn e chi peù a n’in sa peù agh n’in zunta. Lur po’ iascultne é iadorne Déo cuntinuamént e Nostre Sgnur apèna a ven al mònd un ragasèt a n’in ciàma eùn e a li manda insèma àla tèra per stàgh avsìn teùta la véta. Ansi iv veòi anch dir che nuatre i sa scurdèma spess da ste angel a stént i s’arcurdéma clà preghierina chi s’an insignà da cèch i duvrèn dila peù da spèss “Angelo di Dio”.
Adèsa però andéma avanti, tant temp préma che Déo al créesa la tèra, sti angéle i stévne sultant in paradìs.
I duvì saver che in meza a teùc agh n’era eùn belésme e anch tant inteligént, as ciaméva “Lucifero”, ma l’era tant pien ed boria cl’hà cumincià a pensar cl’arè pudù ciapàr al post ed Déo e sedse inséma al su scranùn.
L’ha cumicià cul su mod ed far a cunvinsre ed iatre angel pù ignurant a seguìl e a mètia cuntra Déo, achsè is preparevne per far la guèra. Se ragasèt, na guèra in paradìs, in duvema méa fasne càs sa scoppia ancòra dal gueri insema àla tèra.
Achsè iangel cativ iàan cumincià a cumbatre cuntra iangel bun, fra quisc po’ agh n’era eùn c’as ciaméva Michele.
Lù l’era curagiùs a steva davanti a teùcc cun la spada clà feva la vampa, al cumbatìva cuntra a Lucifero cl’éra al càp di ribé, agh là cavàda a mandàl feòra dal paradìs a la fàt arivàr insèma al’urle d’un burùn e a l’ha fatt cascàr lasò in cul post c’as ciàma inferne.
Qul post lè l’era po’ sta già preparà da Déo, perché Leù al sa teùtt, prciò al saiva già c’asré sucess, po’ l’ha urdna a l’Arcangel Michele ed metse inséma àla porta dal paradis e ed survegliala in eterne cun la su spada sguainada. Adèsa i pudéma cuntinuar la storia:
ADAM e L’EVA
Déo a iaiva méss a vevre in t’un post belésme c’as ciaméva Paradìs Terestre e lè lur iérne sempre cuntént, Adam al curéva ste giardìn dòva a gh’éra na gran quantità d’albre da frùta e lur i pudivne mangiàn fin chi n’érne sadòll, però Nostre Sgnur al s’era rcmandà d’an tucàr mai cl’albre ca stèva in t’al mezz c’as ciameva “albre ed la cgnusénsa dal ben e dal mal”.
L’Eva invéci l’an gh’aiva méa tant da far, l’an duviva né lavàr i piatt, né arfar i lett, e gnan lavàr i vestì, perché iérne cumplétament nùd. Alura la girundlèva ed sa e ed là, po’ la cuiva suquanc fiur e basta.
Intant ded lasò int l’inferne, Lucifero cl’era dventà un diavle, a ià guardèva e adventéva sempre peù invidiùs, achsè là pensà d’infilàs dentre al giardìn e tentàr l’Eva cl’an gaiva gnent da far,
Al s’è travestì da serpènt e pian pian l’è arivà atàca a l’albre pruibì, po’ al s’è mandà in gula la léngua cul deù punti, al suridiva, po’ al féva na vuslna stila e al ciaméva:
“Eva…Eva ven chè…”
Intant al féva finta ed surédre, ma atgniva i dent bei stréch pr’an far méa gnir feçra la su linguàsa. Eva intant la s’era vsinada sens’atre la s’anuieva e la féva ed luntera deù ciàcre.
“Eva, asculta, ma perché an magnèv mai chi bei pòmb che?”
“Nostre Sgnur as l’ha pruibì si n’in magnèma i murèma”.
“E te agh credte? Povra cuiunsluna! Al và détt achsé, perché si ià magné i dventè cumi Lu”.
E mentre l’Eva l’agh vultéva al spàll al serpènt al tiréva feòra la lengua cul deù pùntàsi e as berlèchèva i bàfi, po’ a la scundiva ed longa.
“Eva, ma guarda sièn bèi chi pomb che, pròva a asàgiàn eùn cusa vòt cl’at fàga na bucadina, po’ it vedrè t’et sentirè subét pu forta e inteligénta”.
Intànt l’era rampà insema a l’albre e al se slunghéva zò per cunvinsla.
Le a l’asculta ancòra un po’, po’ zach la stàca un pòmb e l’agh dà na bucàda,po’ la camina a sercàr Adam e la ghe slonga ste pomb.Lu povre imbambì quand al gh’à davanti clà dòna lè an capéss pu gnent e agh dà na bucàda anca leù.
Dop a pògh però i sentne déo ca ià ciàma:
“Adam…Adam”.
Lur i capésne d’avel disubdì e is n’adàn anch d’esre nùd i sa scòndne in meza a di maciùn e is quercne al cul cun dal fòi beli grandi ed figh, po’ Adam al rispònd:
“I sèma che, is sèma quercià perché ierne nud”.
Chi t’ha dètt chi t’ere nud, in arì mèa mangià ed cl’albre là?”
“L’è stada l’Eva a damne”
E l’Eva:
“L’è sta al serpènt c’al mà invuì”
Alura Déo al sé arabià cun tucc, ma di peò cul serpènt e al gh’ha détt:
“Te i ta strisciarè sempre per tèra e it magnarè sul dla puvra per teùta la vèta, po’ l’arivarà na Dòna clà te schisarà la testa sòta al su pè”.
Po’ là dètt a Adam:
“Tè d’ura inans it magnarè al pàn, ma t’et la guadagnarè cun gran fadiga e gran sudùr lavurand la tèra”.
E a Eva:
“Te dòna i ta starè sutumésa a tu marì e it metrè al mond na mòcia ed fieò cun gran fadiga e dulùr”.
Po’ a ià vestì cun dal pèli e infìn a ià mandà véa da Paradìs Terestre e ai cherùbin al gh’ha urdnà da star inséma al’ ientradi cun la spada da la vampa in mod da difèndre l’albre ed la sapiensa e che ansùn arturnésa indré. Elda Zannini