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Protesta dei trattori, cosa succede nel mondo agricolo?

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Protesta dei trattori, cosa succede nel mondo agricolo?

Fonte Facebook

I contadini italiani si mobilitano. Trattori in marcia, strade occupate, seguendo l’onda delle proteste in Europa. Dal 22 gennaio nelle piazze di varie città italiane, sono scesi gli agricoltori autonomi sotto la sigla del Comitato degli agricoltori traditi (Cra) ma non solo. Al centro del malcontento, le politiche agricole dell'Unione Europea. Sotto la lente, la riforma da 55 miliardi di euro per la Politica Agricola Comune (PAC), di cui i contadini contestano alcune misure: destinazione del 4% dei terreni a usi non produttivi, rotazione obbligatoria delle colture, riduzione del 20% nell'uso di fertilizzanti. La preoccupazione? Un'agricoltura europea meno competitiva, schiacciata dalle importazioni.

La protesta a Reggio Emilia

Fonte Facebook

Non sono mancati manifestanti e trattori anche a Reggio Emilia, il 25 gennaio hanno preso posizione lungo la storica via Emilia, dinanzi al centro Primavera, teatro di un incontro organizzato dal Partito Democratico tra l'assessore regionale all'Agricoltura, Alessio Mammi, e un nutrito gruppo di circa ottanta titolari di aziende agricole della provincia di Reggio Emilia. Nonostante le tensioni sottese, l'assemblea si è svolta in un'atmosfera relativamente serena. Al centro del dibattito, le tematiche chiave quali la salvaguardia del marchio Made in Italy, la difesa dei consumatori da prodotti standardizzati, gli alti costi dei carburanti e le problematiche finanziarie che gravano sui produttori, senza tralasciare le sfide imposte dai cambiamenti climatici e le difficoltà a tutelare le proprie attività.

La posizione della Cia

Marco Lamberti, Cia01

Marco Lamberti delinea con precisione chirurgica la mappa dei disagi che affliggono il mondo agricolo. Si parla di una politica agraria comunitaria percepita come distante, di burocrazie asfissianti e di una guerra dei prezzi che minaccia la sopravvivenza stessa delle imprese rurali. "Come Cia siamo stati in piazza già il 26 ottobre 2023," ricorda Lamberti, segnalando come il fermento non sia un fulmine a ciel sereno ma il culmine di un percorso di crescente frustrazione.

“Tra i principali motivi di disagio vi sono i costi elevati delle materie prime, esacerbati dalla guerra in Ucraina, che rendono difficile per l'agricoltura generare reddito. Chiediamo anche una maggiore attenzione verso la politica commerciale europea, soprattutto per quanto riguarda il Mediterraneo e le regole negli scambi commerciali. L'agricoltura è inoltre una delle prime vittime dei cambiamenti climatici. La necessità di grandi invasi per accumulare acqua, utilizzabile non solo in agricoltura ma anche per l'industria e come risorsa potabile, è sentita fortemente. In particolare, nella nostra regione e nella provincia di Reggio, si discute della necessità di una diga per garantire l'irrigazione delle coltivazioni. Un altro punto critico riguarda la Politica Agricola Comune (PAC), troppa burocrazia e inapplicabilità degli eco-schemi che colpevolizzano l’agricoltura e gli sottraggono importanti risorse. Va abolito, immediatamente, l’obbligo al 4% di incolto. Occorre, dunque, stringere i tempi e intervenire efficacemente per una Pac non più punitiva, ma incentivante, capace di orientare le risorse verso la tutela del reddito delle imprese e non sulla rendita fondiaria e per politiche attive di gestione del rischio. Gli agricoltori, soprattutto quelli operanti in zone montane e collinari, svolgono un ruolo ecologico fondamentale, mantenendo vivo il territorio e prevenendo il suo abbandono.”

2 COMMENTS

  1. Buona sera ,Marco, leggo il tuo articolo in parte condiviso, ma purtroppo anche la nostra associazione CIA dopo la manifestazione del 26 ottobre non ha dato seguito, facendo quasi pensare alla platea agricola che non vi fosse l’esigenza di intraprendere altre agitazioni o magari uno sciopero generale.
    Ti do atto che la nostra associazione è stata l’unica a portare il dissenso in piazza a differenza della COLDIRETTI che ha esortato e quasi minacciato gli iscritti a scendere in piazza, parole riportate a gran voce durante la manifestazione spontanea davanti alla sede della Regione Emilia Romagna svoltasi a bologna il 22 gennaio.
    Vi sono problematiche inerenti al mancato riconoscimento del prezzo di produzione, del costo del denaro, del costo delle materie prime, delle pratiche sleali sui prezzi, dei prodotti che entrano in ITALIA, vedi grano Canadese , pieno di fitosanitari tipo il GLIFOSATE vietato nel nostro paese. Ma la problematica maggiore a mio modesto parere , problema che tocca le tasche di tutti è la SPROPORZIONE del prezzo dei prodotti agricoli che i cittadini trovano sugli scaffali e i prezzi pagati all’agricoltore. Dal campo allo scaffale aumenti del 500/600 % ingiustificati che vanno ad ingrassare i “colletti bianchi” o le catene tipo Coop, Conad ecc ecc , ma vanno a uccidere chi veramente SUDA per produrre il cibo. Tralascio il parmigiano reggiano, acquistato dai soliti 4/5 noti a 10.50 € sugli scaffali della Rinascente a € 40.00 evviva evviva.
    Una grave colpa è sicuramente delle associazioni e questo tumulto che vediamo oggi in italia, questi contadini sui trattori sono arrabbiati proprio per questo, per il silenzio assordante di chi dovrebbe difendere i nostri diritti ed il nostro reddito.
    Tu sei conscio che la montagna, vive in parte grazie all’agricoltura e che se non vi sarà un cambio di rotta non vi saranno più le condizioni per fare impresa o nuovi investimenti.
    Una tirata di orecchie la “invio” anche ai miei colleghi agricoltori che a parer mio assopiti dal tepore dei BAR non sono scesi a Reggio Emilia, Bologna, Mantova e Verona per far valere i propri diritti di sopravvivenza, ricordatevi che non dovete sempre sperare che altri lottino per voi.
    Cordialmente

    • Firma - Malvolti Roberto
  2. A me pare che alla montagna possa essere comunque risparmiato di dover mettere a riposo produttivo il 4% dei propri terreni, poiché gli incolti che possiamo notare percorrendo la nostra campagna danno l’idea di aver ampiamente superato tale percentuale, e il numero dei campi “abbandonati” sembra poi essere in continua crescita.

    Quanto allo “scendere in piazza”, come avrebbe preferito l’autore del primo commento, gli agricoltori appartengono ad una categoria che raramente, o mai, lo ha fatto, e altrettanto vale per lo scioperare, posto che la cura degli animali e della terra non consentiva loro di “staccare” dal proprio lavoro, e forse si è conservata nel tempo detta mentalità.

    Mi sarei infine aspettato, ma potrebbe ancora succedere, di sentire la voce in argomento del mondo ambientalista, dal momento che, se ha senz’altro senso ragionare dei limiti di velocità anche per le nostre strade, non è a mio avviso da meno l’importanza rivestita dall’agricoltura per la nostra montagna, dove peraltro è di casa la rotazione delle colture.

    P.B. 03.02.2024

    • Firma - P.B.