Il Parco dell’Appennino ricorda Fabio Fabbi “il suo ultimo impegno per i valori Unesco”.
“Fabio Fabbri è stato sempre un uomo del bene e del fare che si è speso per l’Italia e per la sua ‘heimat’ di montagna con la stessa limpida intatta passione civile e politica” il Parco nazionale dell’Appennino, con queste parole del presidente Fausto Giovanelli, ricorda l’onorevole e senatore scomparso nella giornata di ieri a 90 anni.
Di professione avvocato, nato a Ciano d’Enza, ma vissuto nella sua Tizzano Val Parma, fu ministro degli affari regionali nel V governo Fanfani, quindi delle politiche comunitarie nel II governo Craxi e ministro della difesa del governo Ciampi. Quindi sottosegretario all'agricoltura e foreste nel II governo Cossiga, nel governo Forlani e nel I e II governo Spadolini, e sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel I governo Amato.
“Semplicemente noi lo vogliamo ricordare come una persona cara, amico personale del Parco nazionale e dei suoi valori, profusi sino in ultimo anche per la nascita della Riserva Mab Unesco Appennino in cui credeva fortemente – spiega Giovanelli –. Ai nostri territori mancheranno sempre sagacia, intelligenza, esperienza e generosità di un uomo raro come è stato Lui. Ai suoi familiari amici concittadini e conterranei di Tizzano Val Parma e dell’intera provincia porgiamo le più sentite condoglianze. Ci saranno certamente occasioni per ricordarne l’impegno di molti anni e in ultimo i preziosi consigli di cui abbiamo potuto beneficiare”.
Tra le sue ultime volontà, nel 2019, la volontà di dare voce alla Riserva di Biosfera dell’Appennino tosco-emiliano con la rivista monografica “Apenninus”, di cui coniò il nome, e fu attivo promotore. “Amo intensamente il ‘mio’ Appennino – spiegò all’epoca -, che comprende l'Alta Val Parma, da Torrechiara-Langhirano fino al crinale, le valli montuose d'oltre Enza e le Terre della Lunigiana: è il microcosmo, ora dichiarato dall'Unesco ‘patrimonio dell'umanità’. Qui serve una ‘squadra’ – redazione ndr - in grado di compiere un’attenta ricerca e un accurato inventario delle tante eccellenze (…) di questa piccola ‘patria’ benedetta dall'Unesco con una identificazione geografica e, a ben vedere, anche storico-politica”.
“Una grande emozione conoscerlo e collaborare – ricorda Gabriele Arlotti, direttore responsabile di Apenninus, il periodico da lui voluto con caporedattrice Doris Corsini -. Ci colpì la sua modernità unita alla sua bontà e pazienza, fu l’uomo che scelse l’Appennino come terra di pace e da valorizzare nel segno dell’Unesco. Aveva la vitalità e i propositi di un giovane pur consapevole dell’età, volle puntualizzare ‘questo sarà il mio ultimo progetto’. Salvo poi chiosare auspicando ‘il compimento l'iter della statizzazione della "strada al confine massese", che è la via di accesso alla Riserva MaB’ o ‘l'attuazione di un piano generale di difesa del suolo’”.
Ho sempre sostenuto che chi lascia questa vita terrena per “andare avanti”, come diciamo noi Alpini, sarà giudicato da chi resta per quanto fatto, per se o per gli altri, nel bene e nel male, a questa “legge” non sfuggono i politici, anzi sono i più chiacchierati.
Nel passato i paesi del nostro Appennino hanno dato alla luce personaggi che grazie alle loro capacità hanno raggiunto i gradini più alti della politica; e dalle posizioni raggiunte sono riusciti a realizzare opere importanti di cui tutti noi siamo testimoni; tra questi personaggi vorrei ricordare Giuseppe Micheli, Giovanni Marcora e Pasquale Marconi, politici che dopo tanti anni dalla loro scomparsa ricordiamo con stima, affetto e riconoscenza.
Purtroppo da vari decenni non riscontro più personaggi politici che hanno dato il loro contributo alla realizzazione di grandi opere, opere concrete da toccare con mano e non solo belle parole, opere che darebbero valore aggiunto a queste terre montane, abbandonate e spopolate, opere in grado di garantire un futuro alle nuove generazioni, opere come la fondovalle Val d’Enza, Val Secchia, Val di Lonza e Diga di Vetto.
Alcune di queste opere non solo non sono state sostenute, ma sono state osteggiate; ricordo come se fosse ieri un convegno sulla Fondovalle Val d’Enza, che si teneva al ristorante Valle dei Cavalieri a Ranzano; io e altri, ancora presenti e testimoni, ascoltavamo un politico che sosteneva che quest’opera andava sospesa, che su questa strada ci sarebbe cresciuta l’erba, che non ci sarebbe passato nessuno, che si stavano buttando via miliardi (di vecchie lire); tanti di noi ascoltavamo increduli quest’uomo e tralascio i commenti, la strada era stata picchettata e i lavori erano avviati da molti mesi; noi conoscevamo l’importanza che avrebbe avuto questa strada di fondovalle per raggiungere Reggio Emilia, Parma e l’autostrada, per le fabbriche esistenti a Selvanizza, per le imprese locali e per i turisti di questa valle, ma entro breve arrivò la sospensione dei lavori.
Stessa cosa capitò alla Diga di Vetto, ricordo benissimo chi nel Reggiano si opponeva a quest’opera e chi nel Parmense sosteneva che la diga di Vetto avrebbe cambiato il clima e impedito la stagionatura dei prosciutti a Lagrimone, cosa assolutamente non vera in quanto Lagrimone dista circa 30 Km da Vetto.
Confido nella Giustizia Divina e chi contribuì alla sospensione di queste grandi opere, spero ne renderà conto ha chi ha creato il mondo.