Riceviamo e pubblichiamo
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Siamo noi, ma cosa siamo?
Siamo appenninici, per scelta. In molti casi per nascita, in altri per volontà, in altri ancora per caso. Che ci piaccia o no, l’ Appennino appartiene a noi, e noi ad esso.
“ Qui comanda l'acqua comanda il vento moderno è un ruolo subalterno “ scriveva il nostro concittadino poliedrico in “Alla pietra” il 9 luglio 2003.
La storia delle nostre vite risulta indissolubilmente, e mai come ora, consapevolmente legata alla geografia del nostro territorio.
Siamo Parco, siamo crinale, siamo confine e siamo patrimonio Unesco, siamo Mab.
Siamo stati tanti, ora siamo pochi e diversi, accoglienti, multietnici e ibridi, come i lupi con i quali condividiamo l’habitat.
Siamo persone che ogni mattina rinnovano un rito d'amore con la terra che appartiene loro: un rito condiviso, che sancisce ogni legame degno di essere definito tale.
Il rito del grattino per i vetri dell'auto nelle albe d'inverno, della legna da aggiungere alla stufa, per non farla spegnere durante la giornata fuori casa. Le gomme da cambiare molto spesso, la Sparavalle che delimita la linea quasi indissolubile della nebbia che sale dalla bassa. La Pietra e il Cusna, che ricordano dove siamo e perchè. Un rito di amore adulto, maturo, consapevole.
Il privilegio di avere il numero privato dell'assessore, del sindaco, del medico di base. Un sistema culturale e sanitario che permette, nonostante le difficoltà, di accedere in ps con una frattura al braccio, ottenere una lastra in pochi minuti e passare la serata al Teatro Bismantova, alla presentazione di un libro o alla proiezione di un film, magari non l'ultimo uscito, ma scelto e selezionato per noi, da professionisti del settore.
Un rito d'amore che fa due chiacchiere con la commessa della coop, con artigiani e commercianti, con il fruttivendolo che indovina se vogliamo broccolo o cavolo cappuccio, questa settimana.
La biblioteca, gli impianti sportivi, i servizi di prossimità, le associazioni di volontariato, i progetti sulle Aree Interne. La politica giovanile e per la terza età. Le montagne che ci circondano, avvolgendoci in un abbraccio, ora materno, ora severo.
Vivere qui è un privilegio, per chi lo sceglie. Lavorare qui lo è altrettanto, per chi lo sceglie. La scelta consapevole pare essere la vera discriminante. Il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro, si coevolvono con il territorio, in una danza di corpi intricati e quasi indistinguibili. Cosa siamo? Chi siamo? Cosa facciamo?
Ci avrete visti sicuramente, o ci avranno visti i vostri figli, i vostri familiari, i vostri amici o i vostri colleghi. Siamo però quasi trasparenti, a volte invisibili, per definizione, necessità e a tutela della privacy dei nostri “utenti”. Abbiamo auto sgargianti, comode, stravaganti. Come i contenuti dei loro bagagliai e il chilometraggio che segnano.
Facciamo spesso due lavori, uno per mantenere l'altro, non solo economicamente. Ogni mattina, assieme agli Auser (raro esempio di socialita’ transgenerazionale) apriamo i portoni principali degli istituti scolastici e a seguire, popoliamo la quotidianità con i servizi più vari. Accompagnamenti, integrazione scolastica, educative domiciliari, interventi in outdoor, in famiglia, dentro e fuori. Facciamo incontri di equipe, telefonate, riunioni.
Lavoriamo con e per i servizi, eccellenti in qualità ma carenti in quantità: spesso a corto di personale.
Attendiamo con i nostri "utenti" nelle sale d'aspetto, chiacchieriamo con colleghi e insegnanti, studenti e bidelli, genitori, rifornitori alle macchinette automatiche di snack, psicologhe scolastiche e ex alunni ora universitari. Parliamo con avvocati, medici, neuropsichiatri, psicologi, volontari, mediatori culturali, genitori in altri continenti, in lingue ibride. Con la questura e con le forze dell'ordine. Con e per i nostri “utenti”.
Aiutiamo i bambini ad imparare ad allacciarsi le scarpe ai servizi di prescuola, laviamo baffi alla nutella alle 7 di mattina, favoriamo l'integrazione scolastica e relazionale dei ragazzi più fragili. Al termine dell'orario scolastico, il servizio alle famiglie continua, con un prolungamento di un'ora ogni pomeriggio, con noi. Svolgiamo servizi delicati e molto sensibili, difficilmente descrivibili in questa sede, a tutela di educatori e utenti. Seguiamo gruppi educativi per adolescenti, progettiamo attività, uscite, studio e compiti. Ci
affianchiamo alle insegnanti di sostegno, supportiamo madri e padri, veniamo segnalati, denunciati, firmiamo relazioni, dopo aver osservato, ascoltato, condiviso, dopo essere arrivati alle lacrime per il senso di impotenza e di angoscia condivisa…facciamo da tramite tra generazioni diverse, professionalità diverse, volontari, realtà sideralmente distanti ma unite dal comune denominatore, universale e trasversale, della sofferenza umana. Del disagio, della difficoltà, dell'umiltà profonda e a volte portatrice di vergogna, di chiedere aiuto.
Condividiamo le gioie immense dei progetti educativi di successo, ci misuriamo con piccoli fallimenti e aggiustiamo il tiro, quando qualcosa non funziona. Le famiglie che seguiamo ci trasmettono preziosi insegnamenti in modo spontaneo, informale, quasi improvvisato: non c'è alternativa al futuro, e il futuro riserva sempre sorprese.
Educhiamo, ovvero “tiriamo fuori”: non solo problemi, ma anche sogni, speranze, bisogni, aspettative, desideri mai espressi e capacità sommerse, nuove possibilità, alternative, risorse e limiti. Si, perché ci confrontiamo quotidianamente con i limiti. Limiti di tempo, ci avete mai visti camminare con lentezza, tra un servizio e l'altro?
Limiti personali, siamo esposti quotidianamente a sofferenza, stress, empatia, emergenze. Il nostro fisico è sempre in allarme.
Limiti geografici, perché l’Appennino, quel fazzoletto di terra per molti insignificante o di poco rilievo economico, sa diventare sconfinato quando in una giornata lavorativa è previsto un servizio a Civago e uno a Cerreto Alpi.
Limiti progettuali, perchè i nostri interventi di integrazione scolastica sono limitati alla presenza in aula, del ragazzo per cui è stato richiesto un intervento educativo: la sua mancata presenza a scuola rende obbligatoria la nostra assenza. Il senso di impotenza e inutilità si accentua, quando i ragazzi in classe chiedono attenzioni, ascolto, consigli...ma noi dobbiamo tornare a casa, perchè il nostro “utente” riferito è assente.
Limiti economici, si. Perché quando i nostri utenti riferiti sono assenti, torniamo a casa e andiamo a fare la spesa, ma quelle ore sono perse, a livello retributivo.
Limiti assenti negli orari di lavoro, nella privacy, nella vita privata. Telefonate notturne, messaggi, referti da leggere in tempo reale, chiamate ai carabinieri e ai servizi sociali, alle strutture sanitarie, fuori dall'orario di lavoro previsto. il telefono di servizio è privilegio di pochi, i nostri familiari ci comprendono, ci supportano, ci ricordano il senso del limite e ci evitano il burn out quando ci consigliano di spegnere il telefono. Ci consigliano un supporto psicologico, ci prenotano le vacanze, ci preparano il pranzo da asporto, da smangiucchiare in auto tra un servizio e l'altro.
Siamo quotidianamente esposti a una fragilità che ci contraddistingue tutti, nessuno esente, in quanto umani. Le famiglie e gli “utenti” che seguiamo sono come noi, “solo” più vulnerabili e più consapevoli, tanto da chiedere aiuto.
E noi chi siamo? Noi siamo i bidestri e le madelle, neologismo coniato dai nostri più piccoli utenti, perchè non siamo maestre, ma nemmeno bidelli.
Ci collochiamo in uno spazio versatile, fluido, a volte troppo. A volte informale a volte troppo formale, in un limbo professionale che contraddistingue, da sempre, la figura dell'educatore.
Non siamo vittime, non siamo nemmeno supereroi, anzi. Siamo orgogliosi di fare il nostro lavoro, che abbiamo scelto, studiando all'università. Siamo grati di poterlo fare “ a casa nostra”. Siamo adulti consapevoli dei nostri limiti. Impariamo quotidianamente, dai nostri utenti, l'unica lezione di vita che conta davvero: avere l'umiltà di chiedere aiuto ed accettarlo, quando arriva, in qualsiasi forma.
Fare compromessi, osservare, non giudicare, ascoltare, identificare i bisogni altrui e renderli fruibili è la base del nostro lavoro. Spesso ce la caviamo con gli altri, ma non con noi stessi.
Noi siamo educatori professionali e lavoriamo nel nostro territorio, l'Appennino.
Abbiamo bisogno di essere riconosciuti professionalmente, oltre che come singole persone. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci ricordi che tutto sommato siamo preziosi, come gli insegnamenti che accogliamo con stupore da chi è considerato fragile, marginale, socialmente pericoloso, vulnerabile, diverso.
“La felicità è autentica solo se condivisa”, si leggeva… invece le difficoltà si accentuano nella solitudine. Abbiamo bisogno di uscire dall'ombra, di aiuto, di condivisione.
Siamo una comunità difficile, variopinta, invecchiata e fragile, ma coesa.
Facciamo in modo di continuare ad esserlo” lasciandoci un caffè sospeso”, alle sei di mattina. Certi privilegi sono invisibili agli occhi, solo la loro improvvisa mancanza li rende fluorescenti, come le grida di aiuto delle generazioni di futuri adulti che stiamo crescendo.
Le responsabilità, se condivise assumono il sapore di una torta di farina di castagna appena sfornata.
(Una educatrice tra tante)
Ps: qualche giorno fa al largo delle coste della Libia hanno perso la vita 61 persone, in cerca di dignita’.
Siamo indignati, inorriditi, intristiti nell’anima. Ma la nostra paura atavica del diverso ci rende paurosi, titubanti, vulnerabili.
E’ Natale, non ci costa nulla aggiungere un posto a tavola e dire buon anno nuovo In urdu, in hindi, in tunisino o in ucraino. Basta dirlo con il cuore.
Colonna sonora consigliata:
Una canzone a caso di Simba
Harakiri, Silvestri
Alla pietra, pgr
La cura, Battiato
Stelle marine, Le luci della centrale elettrica
Una canzone a caso di Babygang
Curami, Cccp
Fin che la barca va, non so di chi sia
Una qualsiasi di Mariannadama e Davide Grotta
Le vent nous porterà, Noir Desire
Del Mondo, Csi
Siamo i ribelli della montagna, Ustmamò
Waltz degli scafisti, Le luci della centrale elettrica
kill em all, Metallica
La casa in riva al mare, Dalla
Hades, Luca Correggi
La storia siamo noi, De gregori
Si accettano proposte.