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Il postino suona a vuoto in Appennino

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"Il postino suona sempre due volte", recita un vecchio adagio, ma nelle tranquille montagne dell'Appennino potrebbe suonare a vuoto. Secondo un nuovo studio della Fondazione Openpolis, più della metà delle abitazioni in queste zone risulta totalmente disabitato per gran parte dell'anno, se non addirittura abbandonato. Questo fenomeno è una diretta conseguenza dello spopolamento verificatosi negli ultimi decenni, con gli abitanti delle aree interne che si spostano verso centri più urbanizzati, attratti da maggiori opportunità di lavoro e servizi.

Il movimento di popolazione, evidenzia la Fondazione, "incide su numerosi aspetti, uno dei quali la disponibilità di abitazioni. Da un lato, infatti, nelle zone più attrattive ci si trova di fronte a vere e proprie emergenze abitative, data la scarsità di case disponibili, mentre dall'altra, nelle aree più distanti dai poli, ci sono strutture non abitate. Si tratta di temi centrali anche nell'ottica delle amministrazioni: a seconda di quanto le aree sono popolate e del tipo di locazioni presenti, possono predisporre in modo più o meno capillare i servizi, oltre ad ottenere diverse entrate di tipo economico".

A Ventasso il fenomeno è particolarmente evidente. Su 7.618 abitazioni, ben 5.491 risultano non occupate, pari al 72,1% delle abitazioni complessive.

ComuneAbitazioni totaliAbitazioni vuotePercentuale abitazioni vuote
Baiso229284436,8%
Canossa261295036,4%
Carpineti3777202653,6%
Casina3713165544,6%
Castelnovo ne' Monti7322270436,9%
Toano3434160346,7%
Ventasso7618549172,1%
Vetto1988112356,5%
Vezzano253171028,1%
Viano229579534,6%
Villa Minozzo5115328164,1%

Se Ventasso piange, il resto dei comuni dell'Appennino non ride. A Villa Minozzo ci sono 5115 abitazioni di cui 3281, pari al 64,1%, non occupate. A Vetto ci sono 1988 abitazioni di cui 1123, pari al 56,5%, non occupate. A Carpineti, su 3.777 abitazioni, 2.026, pari al 53,6%, non sono occupate. A Toano ci sono 3434 abitazioni di cui 1603, pari al 46,7%, non occupate. A Casina, su 3.713 abitazioni, 1.655, pari al 44,6%, non sono occupate. A Castelnovo ne' Monti, su 7.322 abitazioni, 2.704, pari al 36,9%, non sono occupate. A Baiso, su 2.292 abitazioni, 844, pari al 36,8%, non sono occupate.  sono occupate. A Canossa, su 2.612 abitazioni, 950, pari al 36,4%, non occupate. A Viano ci sono 2295 abitazioni di cui 795, pari al 34,6%, non occupate. A Vezzano ci sono 2531 abitazioni di cui 710, pari al 28,1%, non occupate.

Se da un lato il fenomeno può essere spiegato dall'abitudine ad avere seconde case in montagna, dall'altro è evidente che la causa principale è lo spopolamento.

Lo spopolamento della montagna, anche questo ormai un vecchio adagio.

2 COMMENTS

  1. C’è chi ha pensato, e casomai lo pensa tuttora, che lo spopolamento della nostra montagna sia soprattutto ascrivibile alla perdita di servizi, il che sembrerebbe tuttavia smentito, almeno in parte, dal fatto che l’esodo dai nostri luoghi non si è interrotto neppure ai tempi in cui la dotazione dei servizi aveva poco o nulla da invidiare rispetto a quella di altri comprensori.

    Se ne potrebbe di riflesso dedurre che i motivi dello spostamento dal nostro territorio siano soprattutto legati alla questione occupazionale, ossia alla minore offerta di lavoro in confronto ad altre zone, ma potrebbe anche desumersi che i posti di lavoro proponibili dal nostro Appennino non siano molto attraenti per i nostri giovani o per quanti sono in età lavorativa.

    Rimanendo sempre nel campo delle ipotesi, la seconda eventualità potrebbe trovare parziale conferma dal dato che vede la minor percentuale di abitazioni vuote nei Comuni più vicini ai distretti di pianura o della fascia pedemontana (salvo il caso di Castelnovo Monti che fa un po’ storia a sé), dove la potenzialità occupazionale è più articolata e varia, oltre che maggiore .

    Il pendolarismo sta probabilmente ovviando in certa qual misura a detta “disparità”, il che può dar ragione a quanti, per fermare lo spopolamento, punterebbero su una scorrevole viabilità di fondovalle, atta a servire pure l’area del crinale, ma c’è chi vi esprime contrarietà per il relativo costo ambientale, e a cui passerebbe la ragione se poi il risultato atteso non si verificasse

    Per invertire la tendenza a trasferirsi altrove, io proverei ad agire con lo strumento fiscale, ossia con forme di significativa detassazione per le attività esercitate in montagna, una misura che a mio vedere metterebbe tutti d’accordo, ed è priva di controindicazioni, salvo quella della compatibilità economica per i conti pubblici, visto che adesso le risorse non abbondano.

    Dal momento che fino ad ora il rilancio delle cosiddette aree interne sembra non esser riuscito a decollare, nel corso di questi anni, credo irrealistico l’aspettarsi che l’attuale Governo trovi di colpo la soluzione, in una con le rispettive risorse, ma potrebbe forse valer la pena di fare intanto una qualche simulazione, anche a livello regionale, per sondare la fattibilità della cosa.

    P.B. 13.12.2023