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UNO SGURADO SUL MONDO

È di nuovo emergenza migranti

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È di nuovo emergenza migranti.

A partire da settembre 2022 stiamo registrando arrivi numericamente paragonabili al periodo 2014-2017, ovvero che si aggirano attorno ai 150-160 mila persone all’anno. Questa situazione sta spingendo l’Unione Europea nell’azione di esternalizzare le proprie frontiere. Il caso dell’accordo con tra Italia e Albania è un esempio. Roma ha firmato lo scorso 6 novembre, un memorandum d’intensa con Tirana in merito agli sbarchi e all’analisi delle domande di richiesta asilo presentate dagli aventi diritto.

Facciamo il punto con Gino Fontana, esperto di politica internazionale.

Gino Fontana

Gino, innanzitutto, cosa si intende per memorandum d’intesa?

In gergo diplomatico potremmo tradurlo con lettera d’intenti, ovvero un documento dove si riportano e chiariscono le posizioni dei Paesi firmatari, fissando i punti fondamentali per un futuro accordo bilaterale vincolante.

Ma cosa prevede l’accordo?

Senza addentrarci negli aspetti politici ed economici di tale accordo, il memorandum con l’Albania prevede la creazione di due strutture (gestite da personale italiano e sotto la giurisdizione delle leggi europee ed italiane), per verificare le domande di protezione internazionale o effettuare il rimpatrio, delle persone salvate nel Mediterraneo. Queste due strutture saranno gestite da personale italiano e i relativi costi saranno a carico del nostro Paese.

In questi giorni il dibattito politico è più acceso che mai…

Sì, è molto intenso, sia in Italia che in Albania. Nel nostro Paese, sono sorte polemiche in merito alla tutela e rispetto dei diritti umani. In particolare, l’accordo prevede che solamente gli uomini salvati in mare vengano trasferiti in questi centri. Quale sarà il criterio di selezione degli uomini che entreranno in Italia e quelli che verranno invece inviati nei centri in Albania? Non mancano le discussioni in merito ai costi che l’Italia dovrà sostenere, e, in ultimo, la ratifica in Parlamento dell’accordo.

E in Albania…

Non solo a Roma ma anche a Tirana si è acceso un intenso dibattito. Il premier Edi Rama potrebbe aver violato la Costituzione albanese in quanto prima di concedere, anche una minima parte della sovranità del territorio albanese ad uno Stato terzo, necessiterebbe innanzitutto dell’approvazione del Presidente della Repubblica Albanese Bajram Begaj.

Dicevamo all’inizio che i flussi migratori verso il nostro Paese stanno aumentando: ci sono differenze rispetto al passato?

Si, i numeri stanno aumentando, tuttavia, se questi sono paragonabili al periodo, 2014-2017 vi sono sostanziali differenze. Innanzitutto prendiamo i Paesi di provenienza dei migranti. Durante il periodo 2014-2017, i dati del Ministero dell’Interno hanno riscontrato che quasi l’80% degli arrivi irregolari nel nostro Paese provenivano dall’Africa subsahariana, in particolare dai Paesi dell’Africa occidentale come la Nigeria. Tra il 2020 e il 2022 invece abbiamo registrato importanti arrivi dal nord Africa, in particolare di tunisini ed egiziani, mentre a partire da settembre 2022 i principali Paesi di provenienza sono: Guinea, Tunisia, Costa d’Avorio, Bangladesh, Egitto, Siria e altre.

Un’altra sostanziale differenza riguarda il luogo di imbarco. 7-8 anni fa, il 90% di chi è arrivato in Italia in modo irregolare è passato per la Libia. Sempre citando cifre ufficiali, è interessante notare come i dati forniti dall’UNHCR evidenzino un cambio delle zone di imbarco tra il 2022 e il 2023. Se nel 2022 dalla Libia sono partite circa il 50% delle persone ed un 30% dalla Tunisia, nel 2023 invece dalla Tunisia sono partite ben il 56% mentre dalla Libia il 36%. Se prima, chi arrivava in Libia si imbarcava principalmente in Tripolitania, ora molti si imbarcano anche dalla Cirenaica.

Come va il dibattito a livello europeo?

Il tema delle migrazioni ha sempre offerto strumenti retorici nel dibattito politico italiano ed europeo, e con l’avvicinarsi delle elezioni europee nel 2024 il tema migranti caratterizzerà sicuramente un punto importante nell’agenda politica. A livello europeo l’obiettivo principale è la riduzione dei traffici ed il rimpatrio. Tuttavia, per attuare efficaci politiche di riduzione dei flussi, non ci si può esimere nello studiare e comprendere le ragioni profonde delle migrazioni. Perché le persone decidono di lasciare il proprio Paese? In merito alla riduzione dei flussi ci sono state diverse iniziative a livello europeo. Citiamo l’esempio del Niger. Nel 2016, l’UE promosse un accordo col Niger per diminuire i transiti irregolari, tanto che i passaggi di migranti irregolari dalla frontiera tra il Niger e la Libia crollò del 90%. Le conseguenze? Chiusa una strada se ne trova un’altra, magari attraverso il Mali per poi entrare in Algeria e Tunisia.

Uno dei temi centrali sono i rimpatri.

Si, un altro dei temi caldi è proprio il rimpatrio dei cittadini stranieri ai quali non viene riconosciuta alcuna forma di protezione internazionale o viene negata la permanenza nel nostro Paese per altre ragioni. A livello comunitario si fa riferimento alla Direttiva sui rimpatri del 2008, ma i Paesi membri non sembrano molto inclini a concedere ulteriore sovranità all’Unione Europea in materia di rimpatri. Si prediligono accordi bilaterali con i Paesi di origine dei migranti, col rischio di far dipendere le relazioni con questi al solo tema dei migranti e a possibili ricatti.

Come sono gli accordi con la Tunisia e la Libia?

Facciamo una comparazione con il memorandum tra UE e Libia e tra UE e Tunisia. Nel 2017, l’UE strinse un accordo con la Libia per il controllo delle frontiere. Questo accordo fu possibile perché le milizie libiche erano ben note all’Europa e all’Italia, quindi si sapeva qual era l’interlocutore, e all’interesse di queste milizie di mantenere gli obblighi dell’accordo, spesso e volentieri a spese dei migranti stessi. Il Memorandum con la Tunisia del luglio scorso invece, non ottenne i risultati sperati, anzi, i flussi aumentarono, per varie ragioni, una delle quali era l’interesse del Presidente tunisino Kaïs Saïed di ridurre il numero di migranti africani subsahariani nel suo Paese.

Quali potrebbero essere le conseguenze dell’accordo Italia-Albania, i flussi diminuiranno?

Credo innanzitutto che serva valutare l’efficacia e i vincoli di tale accordo, se e come verrà ratificato. Ripeto quello che ho detto poco fa: se non c’è la volontà di capire e comprendere le ragioni profonde di questi flussi migratori, difficilmente si realizzeranno politiche efficaci nel pieno rispetto dei diritti e della dignità della persona.

1 COMMENT

  1. Dal mio punto di vista, il contenuto di questo articolo si presta a trarne alcune considerazioni o riflessioni, iniziando dal constatare che i flussi migratori vanno incontro a significativi e semmai imprevisti mutamenti, circa i Paesi di provenienza e luoghi d’imbarco, il che starebbe a dirci, da quanto posso capirne, che in quei Paesi vanno via modificandosi le situazioni e dinamiche economiche, politiche, sociali e militari-belliche (così che cambia di riflesso la natura delle rispettive criticità ed emergenze, quali premessa per cercare di andarsene onde ricostruirsi una vita altrove).

    Viene poi da mettere in relazione tale movimentato orizzonte geopolitico col passaggio dell’articolo in cui si legge che “per attuare efficaci politiche di riduzione dei flussi, non ci si può esimere nello studiare e comprendere le ragioni profonde delle migrazioni. Perché le persone decidono di lasciare il proprio Paese?”, e immagino che le ragioni di un eventuale esodo migratorio possano verosimilmente appartenere ad una delle suddette quattro categorie (ho elencato quelle che mi parrebbero essere le principali tra le cause o motivazioni potenzialmente inducenti a lasciare il proprio Paese).

    Dopo di che, una volta individuate le ragioni dell’esodo, l’attuazione di politiche volte alla riduzioni dei flussi non potrebbe che tradursi, io credo, in aiuti economici, o azioni tese a risollevare quelle economie, agendo, a mò di esempio, sul piano organizzativo e tecnologico, o fornendo supporto nella preparazione del personale, ove ne giungesse richiesta, non sembrandomi possibile intervenire sugli altri tre fronti (pena il configurarsi di interferenze che potrebbero avere sapore “neocolonialista”, o apparire come tali), talché resterebbe un’ampia zona fuori dal “raggio d’azione” di chi vorrebbe portare aiuto..

    Posso naturalmente sbagliarmi, ma fatico poi a pensare che i Paesi membri della UE prediligano “accordi bilaterali coi Paesi di origine dei migranti”, qualora fosse l’Unione Europea a gestire i rimpatri, e forse succede invece che anche quest’ultima incontri non poche difficoltà in proposito, tanto che gli Stati membri si trovano a muoversi per proprio conto, cercando una qualche soluzione in questo delicato e complesso scenario (anche il controverso accordo con l’Albania può giusto rientrare in questa logica, e del resto i suoi critici, o ipercritici, non mi paiono avere realistiche proposte alternative)

    P.B. 27.11.2023

    • Firma - P.B.