La tenuta dei servizi essenziali in montagna.
E’ un mantra, un’ossessione forse. Ma è anche la grande, forse l’unica, sfida che oggi impegna tutti coloro che hanno a cuore la qualità della vita nel nostro Appennino.
Non c’è un colore politico nell’affrontare questa sfida. Non vale nemmeno l’antico sport nazionale del puntare il dito nei confronti dell’avversario, c’è semplicemente da lavorare e fare sistema il più possibile per “strappare con le unghie e con i denti” (citazione del dottor Carlo Boni, presente ieri, ndr) quello che spetta a questi territori.
Un messaggio, quello certamente più significativo, emerso ieri al termine dell’interessante convegno sui problemi della Sanità territoriale organizzato dai consiglieri regionali della Lega, Maura Catellani e Gabriele Delmonte con un focus sul concetto di “Appennino Trascurato?”.
Nel foyer del Teatro Bismantova di Castelnovo ne’ Monti, di fronte ad una platea formata da una 30ina di persone, si sono confrontati amministratori, politici e medici che operano nei reparti di medicina d’urgenza.
“OCCORRE CONDIVISIONE”
Delmonte e Catellani nel moderare il dibattito non hanno mancato di sottolineare l’importanza di: “Lavorare tutti assieme su questi temi per affrontare e risolvere le problematiche. Sulla riforma della medicina territoriale in Regione non siamo mai stati interpellati. La decisione è stata presa dalla Giunta, facendola ‘calare’ dall’alto. Né la Commissione né il Consiglio hanno potuto discutere di queste scelte che possono avere un impatto enorme sulle vite dei cittadini dei territori, in particolare di quelli delle zone più disagiate o estreme. Certe scelte dovevano essere frutto di condivisione e analisi obiettive dei dati”.
“E’ ciò che chiediamo – concludono i due consiglieri della Lega -. Chiediamo condivisione sui temi fondamentali della nostra vita, nel rispetto delle differenze politiche sia chiaro, ed occorre che tutte le parti coinvolte all’interno di questi processi possano fornire il loro contributo”.
“LA MONTAGNA DIVENTI POLO DI ATTRAZIONE PER PROFESSIONISTI”
“Bisogna rendere i nostri territorio attrattivi per i professionisti, anche e soprattutto in tema di sanità”, è il nocciolo del discorso, introduttivo, di Mattia Casotti, della segreteria politica del consigliere Delmonte.
“Dispiace, sotto certi aspetti, che vengano investiti 70 milioni di euro sul Mire, che sorgerà a Reggio Emilia, mentre i nostri territori vengono pressoché abbandonati. Abbiamo potuto esaminare il Documento programmatico di Economia e Finanza della Regione – conclude Casotti -. Abbiamo potuto notare che vi sono 1.5 milioni di euro su Castelnovo Monti, tra cui vi è anche la costruzione del nuovo Ospedale di Comunità. Sono opere considerate fondamentali, la speranza, però, è che tutto ciò non vada a discapito del Sant’Anna, che è una vera e propria ‘perla’ e soprattutto una grande azienda, punto di riferimento, per tutta la nostra Montagna”.
“SI INVESTE TROPPO NEL ‘MATTONE’ E POCO NEI SERVIZI”
L’intervento del consigliere di minoranza del Comune di Castelnovo, nonché portavoce del comitato ‘Salviamo le Cicogne’, Nadia Vassallo ha posto al centro quella che è una vera propria battaglia che il suo gruppo consigliare sta portando avanti sulla chiusura del punto nascite all’ospedale di Castelnovo: “Non è solo una questione medica, ma anche identitaria – è una delle linee guida che la consigliera Vassallo porta avanti nella sua azione politica -. Dal 2017 non esistono più codici fiscali di persone nate a Castelnovo. Non è possibile”.
“Con la cittadinanza non vi è confronto. Ma senza un dialogo con le persone, è difficile auspicare un possibile cambiamento. Noi non siamo esperti, siamo cittadini che portano avanti una battaglia di principio perché il punto nascite possa riaprire”.
“Cosa penso che si debba fare? – rimarca Vassallo -. Credo che la Regione debba tornare indietro. Riaprire il punto nascite e la rianimazione h24 in ginecologia. In generale è fondamentale ripristinare quel grande asse provinciale della medicina territoriale che da Guastalla arriva fino a Castelnovo Monti, passando per Reggio Emilia. La verità? E’ che la promessa elettorale di riaprire il punto nascite a Castelnovo era appunto… una promessa! Ma quando si parla di identità, di sicurezza per madri e figli, di capacità di poter riunire una famiglia attorno alla partoriente la Regione deve fare il suo corso, mettersi in ascolto e provvedere”.
“Vedo che ci sono molti investimenti nel mattone, ma poco nelle professionalità ed i servizi – conclude Vassallo -. I 70 milioni sul Mire sono l’ultimo esempio. Si sta portando tutto a Reggio, spogliando i territori circostanti, compreso il nostro. Perché svuotare i nostri territori dei servizi essenziali per concentrarli sul Comune capoluogo? I ‘territori alti’ non vanno abbandonati, sono stati riscoperti dopo l’emergenza Covid. Perché martoriarli con queste scelte scellerate?”
“UN’AUTO MEDICA IN MENO SIGNIFICA STRESSARE UN INTERO SISTEMA”
Il dottor Roberto Pieralli (presidente regionale Snami – Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani) e la dottoressa Daniela Pellati, referente regionale dello stesso sindacato, hanno evidenziato le criticità della riforma della medicina territoriale, in particolare con le criticità che nascono dalla riorganizzazione del 118: “Oggi come oggi le auto mediche sono tre in tutta la provincia, escluso Reggio: Montecchio, Scandiano e Castelnovo. Da dicembre verrà soppressa quella di Montecchio, quindi ne rimarranno solo due”.
“Chiaro che le risposte alle esigenze del territorio saranno diverse - rimarcano i medici -. Soprattutto si metterà sotto stress un intero sistema, che già deve agire con velocità ed efficienza. Partendo dal presupposto che i parametri vitali di un paziente in emergenza calano del 10% ogni minuto che passa”.
“Sul territorio di Reggio Emilia vi sono circa 8000 richieste di interventi all’anno, se si abbassa il numero dei mezzi disponibili su territorio, si possono allungare enormemente i tempi di attesa per arrivare sul luogo dell’emergenza, con tutte le conseguenze critiche del caso. Magari il cittadino chiama l’auto medica che però è già impegnata in un altro intervento o in un trasporto di un paziente, quindi si rischia davvero di giocare alla roulette russa (sulla vita delle persone, aggiungiamo, ndr)”.
“Poi vi è anche la problematica dell’elisoccorso che si va ad aggiungere a quelle del personale impegnato sul campo. Parma, per esempio, di notte non vola più. Quindi dopo una certa ora, siamo legati al servizio da Bologna (infatti sulla tragedia di Caprara di Campegine è intervenuto l’eliBologna per trasportare un ferito grave al Maggiore di Parma, ndr) o Brescia. Quindi anche in questo caso è come se si lanciasse in aria una monetina”.
“Sul servizio delle automediche (fondamentali per l’emergenza/urgenza), come Snami, già nel 2018 avevamo interrogato la Regione se vi erano dati, elementi statistico/numerici, per valutare lo stato di efficienza dello stesso. Ci è stato risposto che non vi erano rilevazioni – concludono Pieralli e Pellati -. Abbiamo ripresentato la richiesta. La risposta? La stessa. Allora, la domanda sorge spontanea: cosa si vuole chiudere un servizio se non si hanno dati certi che misurino l’efficienza del servizio?”.
GLI INTERVENTI DI FERRETTI E BONI
All’interno di un dibattito vivace, ma altrettanto civilissimo, spiccano anche gli interventi del sindaco di Ventasso, Enrico Ferretti, e di quello del capogruppo della maggioranza presso il Comune di Castelnovo ne’ Monti, il dottor Carlo Boni.
“Il funzionamento dei servizi essenziali è parte integrante del vivere civile di una comunità. Che come tale accomuna tutti, non può essere oggetto di battaglia politica – spiega il primo cittadino di Ventasso -. Dispiace, ed è anche molto triste, che della soppressione della Guardia Medica a Busana se ne sia fatta una battaglia politica”.
“E’ stata una decisione che ci siamo ritrovati calata dall’alto, mentre eravamo in sede di Unione dei Comuni. Tanto è vero che nella delibera, che ho qui con me (il sindaco l’ha mostrata alla platea presente, ndr), il tema di un’eventuale riduzione doveva essere discussa in sede di Comitato di distretto. Che non si è mai tenuto. Quindi è stata assunta una decisione a discapito dei territori coinvolti. I sindaci dei territori, perché è il ‘Sistema Appennino Reggiano’ che deve farsi carico ed affrontare queste problematiche, proprio per il discorso di cui sopra, ne parleranno con l’Asl di Reggio in un incontro che si terrà a breve”.
“Concludo dicendo – termina l’intervento Ferretti -, che il sottoscritto è a capo di una lista civica. Con diverse sensibilità e idee, che discute ma che ha come obiettivo primario il bene della cittadinanza. Il tema della Guardia Medica è un tema di civiltà e di essere al fianco dei cittadini che vivono i territori, un supporto, anche psicologico. L’invito è quello a discutere superando steccati idelogici e politici”.
Il dottor Boni, dal canto suo, rimarca come il Punto Nascite (elemento rimarcato anche da Nadia Vassallo nel suo intervento) non potrà tornare prima del 2026: “Il problema è che appunto non riapre. Oggi non c’è, e dobbiamo fare con ciò che abbiamo, invece. Ma soprattutto dobbiamo lottare, il più possibile con compattezza, per cercare di strappare con le unghie e con i denti servizi che definiscono qualitativamente, non solo quantitativamente, i nostri territori. Lo abbiamo sempre fatto e dobbiamo continuare a farlo. Dividerci su questi temi, che sono di principio, è come tirarsi la zappa sui piedi”