Home Cronaca Al Texas Hold’em on line… è preferibile una sana briscola in montagna?

Al Texas Hold’em on line… è preferibile una sana briscola in montagna?

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Il Texas Hold'em è una variante del poker. E' la specialità più giocata nei casinò degli Stati Uniti, patria delle World Series of Poker, ovvero i campionati mondiali del poker. Esistono inoltre circuiti a livello continentale e mondiale (come ad esempio l'European Poker Tour e il World Poker Tour) che organizzano tornei e campionati nelle maggiori città del globo (fatto tappa anche nei casinò di Sanremo e di Venezia). Intorno al fenomeno del poker texano girano contratti pubblicitari milionari e sponsorizzazioni per i migliori giocatori.
Naturalmente il Texas Hold'em ha avuto un grosso successo anche in Italia, grazie a trasmissioni televisive che raccontano i tornei internazionali e l'affermazione a livello mondiale di qualche giocatore italiano.

Tutta questa popolarità non ha però sconfitto la diffidenza verso quello che è sempre stato considerato il gioco d'azzardo per antonomasia, il poker. Stanze fumose, soldi sul tavolo, pistole, imbrogli, il pollo che rimane in mutande: l'iconografia cinematografica ha reso il poker tradizionale il mito dell'azzardo, del rischio, del piacere della sfida. Ma il Texas Hold'em non è niente di tutto questo, almeno nelle forme più comuni. Poi naturalmente anche un sette e mezzo 'cattivo' può degenerare in situazioni eccessive e pericolose.

Il Texas Hold'em giocato in formula torneo viene anche definito poker sportivo, in primo luogo perchè il montepremi è generato da una quota di iscrizione definita e certa: quando partecipi sai che quella è l'unica cifra che spenderai, le fiches sono un valore simbolico che regola lo svolgimento del gioco, ma non c'è diretta corrispondenza tra il valore delle fiches e valore dei soldi. Inoltre la componente aleatoria non è fondamentale: il fatto di avere delle carte comuni scoperte in mezzo al tavolo permette di definire un range di possibili punti in mano agli avversari, la matematica e il calcolo delle probabilità sono aspetti fondamentali del gioco, che contano probabilmente più della fortuna.

Fino a luglio dello scorso anno in Italia si giocava a Texas Hold'em in circoli privati, la quasi totalità alla luce del sole, che soltanto con una comunicazione alle autorità competenti organizzavano tornei, seguendo alcune indicazioni fornite da sentenze di Cassazione o Consigli di Stato relative alle quote di iscrizione e le modalità di gioco.
Ad eccezione di alcune realtà dove il gioco era degenerato in vere e proprie bische, con un giro di soldi elevato e non del tutto pulito, il Texas Hold'em è stato vissuto nei circoli soprattutto come momento di aggregazione: ritrovarsi faccia a faccia con altre persone per passare una serata in compagnia, commentare le mani, scambiarsi pareri e consigli, e perchè no anche insulti! Senza l'ansia di dover fare soldi per forza, anche perchè ci sono modi più rapidi e meno impegnativi per tentare la fortuna rispetto al passare 4-5 ore intorno a un tavolo da gioco.
Non voglio essere ipocrita: la componente 'soldi' esiste ed è fondamentale, è ciò che fa in modo che si giochi con un certo criterio per raggiungere un obiettivo ambito, senza affidarsi esclusivamente alla componente fortuna. Ma che differenza tra passare una serata giocando a Texas Hold'em e alienarsi davanti a un videopoker!

La Legge Comunitaria n°88 del 07/07/2009 ha stabilito che per organizzare tornei dal vivo di Texas Hold'em è necessario disporre di una concessione dei Monopoli di Stato. Nella stessa legge si affida la disciplina del cosiddetto poker sportivo non a distanza alla emanazione di un regolamento di attuazione da parte del Ministero dell'Interno che stabilisca, in particolare, le modalità di svolgimento del gioco rispettando le quali il poker stesso assume fisionomia di gioco lecito.
Ad oggi, dopo più di un anno, questo regolamento non è ancora stato pubblicato e ci troviamo di fronte ad una situazione alquanto variegata e complessa: molti circoli subito dopo l'uscita della legge hanno chiuso in attesa della regolamentazione, molti di questi hanno poi riaperto, altri hanno proseguito nelle loro attività. Da parte della polizia e degli organi di controllo c'è il caos più completo: si va dalla Valle d'Aosta e il Piemonte dove è vietato giocare se non nel casino di Saint Vincent (chissà come mai), a veri e propri blitz con denunce per gioco d'azzardo in diversi circoli di Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Marche (denunce che difficilmente vengono poi ratificate a causa delle lacune normative che non permettono ai tribunali di infliggere sanzioni), alla situazione Puglia dove una sentenza del TAR ha decretato la possibilità di organizzare tornei di Texas Hold'me freezeout a condizione che siano rispettate le direttive espresse dal Consiglio di Stato con parere nr. 3237/2008, nello specifico iscrizione massima di 30 euro, nessun rientro possibile e premi non in denaro.

Molta confusione quindi e un ritardo colpevole da parte del Governo, che non prende decisioni in merito, molto semplicemente perchè non sa come tassare il gioco dal vivo. Laddove è riuscito tecnicamente a regolamentare il proprio tornaconto, il gioco è consentito e addirittura promosso.
Sto parlando del poker online, che è esattamente il medesimo gioco ed è considerato skill game (gioco di abilità). E pensare che online il gioco è molto più veloce - le carte sono mescolate e distribuite da un software non da una persona umana - un giocatore può aprire anche 4-5 tavoli contemporaneamente, rischiando di spendere quindi molto di più e più velocemente che in un torneo dal vivo. Senza considerare l'alienazione, tipica delle patologie di gioco compulsivo, generata dal passare ore da solo davanti al pc.
Dall'avvento delle poker room italiane, due anni fa, lo stato italiano ha guadagnato 139 milioni di euro circa dal poker online, mentre il "giocato" lordo si aggira su quasi 5 miliardi di euro. Quindi non è un discorso di morale, ma solo di profitto. Basti pensare anche ai videopoker, ai gratta e vinci o alle innumerevoli lotterie (lotto, superenalotto, 10elotto, winforlife, ecc...) per comprendere quanto lo stato poco si preoccupi dell'eticità del gioco.

Riprendendo quindi le argomentazioni precedenti, una serata in compagnia intorno al tavolo verde è un modo di 'giocare coi soldi' molto più sano di tanti altri definiti leciti.
D'altra parte una gara di briscola, molto comune dalle nostre parti, non è tecnicamente uguale dal punto di vista dell'iscrizione e dei premi? Davvero nessuno sa che in ogni bar dove ci sia un tavolo di ramino si scommettano dei soldi?
Tuttavia il Texas Hold'em nella concezione comune del benpensante è visto ancora come vizio e trasgressione, una pratica per debosciati. C'è tanta ipocrisia.

3 COMMENTS

  1. Concordo
    Concordo con te, Ciccio, è proprio vero l’articolo che hai scritto, c’è tanta ipocrisia sul tema che hai portato alla luce perché basterebbe entrare in un qualsiasi bar per veder giocare soldi con le carte. Nessuno si scaglia contro “Bestia”, “Briscola a 5” o “Ramino”; sono tutti lì a criticare il Texas, chissà come mai.

    (Luca Malvolti)


  2. Hai pienamente ragione, Ciccio, è uno scandalo che non ci sia una legislazione che consenta il Texas Hold’em nei locali pubblici… Così facendo si è obbligati a giocare su internet, spendendo molti soldi solo in tasse che ingrassano i conti dello Stato… Inoltre voglio sottolineare che il poker non è un gioco puramente d’azzardo (come le famigerate macchinette da bar), bensì un concentrato di abilità e logicamente un pizzico di fortuna…

    (Marco Tondelli)

  3. Ovviamente
    Ovviamente hai perfettamente ragione, quante volte ci siamo soffermati a parlare di queste tematiche? Ovviamente in Italia tutto ciò che si chiama POKER viene osteggiato, ostacolato perchè richiama a qualcosa di illecito e sconvenevole anche quando è perfettamente controllabile. Se si chiamasse in qualsiasi altro modo non ci sarebbe tutta questa avversione. Ovviamente lo Stato ha fatto chiudere i tanti circoli privati dove si giocava tranquillamente a questa pratica “di moda” perchè sfuggiva alla sua rete di tassazione. Sappiamo quanto lo Stato incassi dai giochi d’azzardo ogni anno e, non appena ha potuto mettere le mani su questo nuovo “BUSINESS”, lo ha fatto. Non importa molto al legislatore se è più pericoloso per l’individuo la dipendenza da videopoker o il sedersi ad un tavolo da gioco dove paghi una quota d’ingresso e basta, senza degenerare in abusi. Ovviamente, però, mandano in onda spot dove ricordano di giocare con moderazione!

    (Alessio Zanni)