Gli industriali reggiani richiamano le istituzioni e la politica alla responsabilità di prendere rapidamente le decisioni necessarie a garantire la salvaguardia del territorio e la sicurezza dei cittadini e delle attività economiche.
“L’Italia è ancora una volta colpita da eventi metereologici - si legge nella nota - intensi e con loro ritornano immagini che ben conosciamo di esondazioni, territori alluvionati e comunità in emergenza, oltre che notizie purtroppo ancora più tragiche. Nel nostro territorio l’attenzione al livello dei fiumi è ancora una volta alta, con la preoccupazione e il ricordo di quanto avvenuto pochi mesi fa in Romagna e nel 2017 a Lentigione di Brescello. A Sant’Ilario il fiume Enza ha superato nei giorni scorsi la soglia rossa.
Gli industriali si riferiscono a “progetti infrastrutturali importanti come la cosiddetta Diga di Vetto, che in questi mesi è stato oggetto di confronto e discussione anche per il rinnovo della governance del Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale. Confidiamo che i nuovi vertici del Consorzio, che presto si insedieranno, sapranno gestire al meglio e in tempi rapidi le fasi che riguardano l’assegnazione dello studio di fattibilità tecnica ed economica, l’individuazione della localizzazione dell’invaso sull’Enza, la sua dimensione e i relativi costi”.
“Questi dati, contestualizzati ad oggi, - si legge ancora - da quanto sappiamo, non sono stati ancora prodotti, ma sono fondamentali per garantire un confronto trasparente e per permettere ai decisori di fondare le proprie scelte su basi certe. Le cifre relative ai tempi e ai costi che sono state diffuse in questi giorni su quali basi si fondano? Hanno una fonte autorevole o sono strumentali a prolungare il dibattito pubblico per rimandare una reale decisione?”
“In coerenza con quanto avevamo già sostenuto – sottolineano -, inoltre, ribadiamo che l’investimento infrastrutturale dovrà soddisfare dei fabbisogni plurimi per il territorio: non solo di sicurezza del territorio - con la garanzia di 30 milioni di metri cubi per la laminazione delle piene per scongiurare le alluvioni - ma anche funzionale ad un uso irriguo e agricolo, potabile, industriale e agroalimentare, per la ricarica delle falde acquifere, per la produzione di energia idroelettrica e il rilancio del turismo. Per queste ragioni il dimensionamento del bacino non può essere inferiore ai cento milioni di metri cubi".
E concludono: “Tuttavia, il numero di metri cubi dell’invaso non potrà in ogni caso essere direttamente proporzionale al costo del singolo metrocubo, così come la realizzazione non avrà tempi biblici, ma ragionevolmente accettabili, se la progettazione sarà libera da scogli politici e lungaggini burocratiche.
Ma, come detto, senza un’analisi dettagliata di esperti e dati certi non è possibile aprire un confronto concreto. Non attendiamo il momento di tracciare ancora una volta tragici bilanci: è necessario decidere e agire, per il nostro territorio e il benessere delle nostre comunità”.