Era il 24 febbraio 2022 quando la Russia invase l' Ucraina e la crisi sembra lontana da una risoluzione. Un conflitto che, secondo l’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, “si chiuderà quando Stati Uniti e Cina si metteranno d’accordo”.
Cosa c’entrano gli Stati Uniti e la Cina con la guerra in Ucraina?
È sempre difficile riassumere in poche righe la complessità del mondo, ma ci proviamo con la consulenza del carpinetano Gino Fontana, esperto di politica estera e relazioni internazionali, da sempre appassionato di politica internazionale e diplomazia. E’ autore del saggio “De Gasperi e l’Europa unita – La politica estera italiana nel dopoguerra”, edito dalla casa editrice Consulta Librieprogetti, disponibile in tutte le librerie e su Amazon. Fontana è collaboratore del Centro Studi Osservatorio Globalizzazione dove tratta di politica estera italiana, americana e geopolitica.
“Non vi è ombra di dubbio che per la Federazione russa l’operazione militare speciale, così è stata chiamata ufficialmente da Putin, doveva concludersi in pochi mesi. Queste erano le aspettative russe, invece ormai sono passati più di un anno e mezzo".
Così Fontana inizia la sua analisi e aggiunge: “Torniamo alla citazione di Prodi. Stati Uniti e Cina al giorno d’oggi rappresentano le due principali superpotenze mondiali. Ma come si vedono e si percepiscono l’un l’altra?
Gli Stati Uniti dal canto loro sostengono che la Cina sia l'unica potenza che possiede adeguate capacità economiche, militari e tecnologiche per riorganizzare l'ordine internazionale. Pechino, come sostengono gli americani, è intenta a seguire un programma di modernizzazione militare al fine di ottenere l’egemonia nell’area dell’Indo-Pacifico, in modo da poter sfidare la leadership globale statunitense. Questo, per gli Stati Uniti, è causa di destabilizzazione dell’ordine mondiale e quindi la priorità è diventata la Cina”.
Fontana spiega che “gli Stati Uniti quindi, si trovano nella necessità di riorganizzare le 'regole del gioco' con la Cina. Mi spiego meglio: delineare quali sono i confini di competizione con Pechino e quali le forme di cooperazione. Dall'altra parte, gli americani hanno la necessità di contenere, di fare deterrenza nei confronti della Cina per mantenere la credibilità con le proprie alleanze militari. Insomma, Pechino e Washington si preparano ad una competizione politica, economica e militare di lungo periodo. E questo vale anche per la questione della guerra in Ucraina”.
“La Cina, mira a presentarsi come un attore internazionale – aggiunge - che propone un sistema di relazioni alternativo all’imperialismo statunitense, ponendo l’accento su due parole chiave: sicurezza e stabilità. Sicurezza come fondamento dello sviluppo e stabilità come requisito per la prosperità. Questo è alla base dei 12 punti proposti da Pechino per la risoluzione della guerra russo-ucraina. Ora, tralasciando gli aspetti puramente militari, questa competizione tra Usa e Cina passa anche per il conflitto russo-ucraino. Da parte americana, la Federazione russa è sicuramente vista come una potenza aggressiva capace di destabilizzare l’ordine e la pace in Europa, però non più una potenza capace di sfidare la leadership globale americana”.
“Personalmente - aggiunge -, credo che la Russia uscirà dalla guerra indebolita in termini militari, economici e sicuramente in termini di immagine. Mosca, ha comunque bisogno dell’amicizia cinese per proseguire nel suo disegno di diventare il principale fornitore di gas di tutta l’Asia, questa è l’ampia visione geopolitica di Putin. Washington e Pechino necessitano di riconoscersi rispettivamente come le due potenze mondiali capaci di trovare una soluzione alla guerra in Ucraina (e non solo), insieme all’Europa. Rimane la questione di quali regole e limiti, quali linee rosse da non superare, Cina e Stati Uniti metteranno sul tavolo per gestire i loro rapporti a livello bilaterale e internazionale”.
“Infine – conclude -, augurandomi che la guerra possa finire quanto prima, proviamo a porci qualche domanda sul dopoguerra. Quale futuro per l’Ucraina? Chi la ricostruirà? Sarà un’Ucraina neutrale oppure inserita nel contesto europeo e occidentale? L’adesione come membro effettivo all’Unione Europea, permetterebbe all’Ucraina di rafforzare la propria democrazia, venendo inserita in un contesto di democrazie consolidate, stato di diritto, favorendo anche la proliferazione dei valori europei come riportati nella Carta Europea dei Diritti Fondamentali…e ne gioverebbe sicuramente l’economia grazie al mercato unico. D’altro canto, non possiamo non considerare che l’ingresso di un Paese con 45 milioni di abitanti porrebbe la questione della ridefinizione dei poteri all’interno delle istituzioni europee. E con la Russia? Non dobbiamo dimenticare che le economie europea e russa sono collegate e non mi riferisco solo al gas. Prima della guerra, la Russia importava ogni anno ingenti quantità di macchinari, prodotti finiti e tecnologia dall’Europa. In qualche modo le due economie sono complementari. Vale la pena dunque chiedersi, come si evolveranno i rapporti tra l’Europa, l’Ucraina e la Russia dopo il conflitto.
La lettura di questo articolo fa pensare che si stia riproponendo la logica delle “sfere di influenze” stabilita alla Conferenza di Jalta, nel febbraio 1945, salvo che l’interlocutore orientale di allora era la Russia, mentre oggi sarebbe invece la Cina, e l’altra differenza consiste verosimilmente nel fatto che dopo la seconda guerra mondiale l’appartenenza dei Paesi satelliti all’uno o altro “blocco” venne sostanzialmente decisa dalle tre potenze alleate che stavano ormai prevalendo sulle forze dell’Asse, mentre oggi si tratta piuttosto di decidere autonomamente da che parte stare.
A dire il vero anche nel nostro secondo dopoguerra, c’erano nel Belpaese partiti decisamente atlantisti, ossia convintamente schierati con gli angloamericani, visti anche come i nostri liberatori nel periodo bellico, mentre altre formazioni politiche parteggiavano, al contrario, per i Paesi di oltrecortina, durante gli anni della “guerra fredda”, salvo poi aver casomai rivisto più tardi tale loro posizione, e anche oggi sembra ripetersi in qualche modo quel dualismo, tra chi vuol stare saldamente nell’occidente, senza se e ma, e chi “tergiversa” ancora nel decidere dove collocarsi. .
P.B. 14.10.2023