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Il processo per la morte di Giuseppe Pedrazzini

Il pm chiede 18 anni e 2 mesi per Silvia Pedrazzini e il marito

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Diciotto anni e due mesi. La pena massima, ridotta di un terzo per la scelta del rito Abbreviato (che comporta uno sconto di pena). E’ quanto ha chiesto il pubblico ministero Piera Cristina Giannusa nei confronti della 38enne Silvia Pedrazzini, e del marito, il 43enne Riccardo Guida, in merito alla morte di Giuseppe Pedrazzini, il 77enne residente a Cerrè Marabino, frazione di Toano, ritrovato l’11 maggio del 2022 nel pozzo presente nel giardino della villa di famiglia. La dottoressa Giannusa ha anche chiesto il rinvio a giudizio per la moglie di Pedrazzini, Marta Ghilardini, la quale, in accordo con il suo avvocato difensore, Rita Gilioli, ha scelto di non chiedere l’Abbreviato.

UN’UDIENZA FIUME

E’ stata un’udienza fiume quella di oggi nell’aula presieduta dal Giudice dell’Udienza Preliminare, Andrea Rat, presso il tribunale di Reggio Emilia. Iniziata alle 9.40 e terminata intorno alle 17.45.

L'arrivo in tribunale di Silvia Pedrazzini e Riccardo Guida assieme all'avvocato Ernesto D'Andrea

Un’udienza che è stata occupata per la gran parte dalla requisitoria del pubblico ministero, durata quasi sei ore, in cui è stata ripercorsa l’intera, tragica, vicenda del signor Pedrazzini, e perché, secondo la visione della Procura, Silvia e Riccardo debbano essere considerati responsabili dei reati a loro iscrivibili e la moglie Marta debba sostenere un processo in Corte d’Assise.

Tutti e tre devono rispondere di maltrattamenti aggravati perché hanno portato alla morte del 77enne e perché compiuti in presenza di un minorenne (il nipote); sequestro di persona, per averlo tenuto segregato lungamente in casa ed avergli impedito ogni forma di comunicazione con i parenti e gli amici, omissione di soccorso il giorno della sua morte (il 5 marzo del 2022), soppressione di cadavere, truffa ai danni dell’Inps, per aver continuato ad intascare la pensione.

Durante la requisitoria della dottoressa Giannusa, sono stati proiettati anche due video: quello dei vigili del fuoco di quando è stato riportato in superficie il corpo di Pedrazzini, nei giorni immediatamente successivi alla scoperta del cadavere nel pozzo di casa e l’interrogatorio della signora Ghilardini per cercare di evidenziare le contraddizioni fra quanto emergerebbe dalla documentazione probatoria a seguito delle indagini coordinate dal Pm e la sua posizione difensiva.

L’ARRINGA DEL DIFENSORE E LE RICHIESTE DI PARTE CIVILE

L’avvocato Ernesto D’Andrea che difende di fiducia Silvia Pedrazzini e Riccardo Guida ha chiesto l’assoluzione per tutti i capi d’imputazione, tranne quello relativo alla soppressione di cadavere dove il legale ha chiesto la riqualificazione in occultamento di cadavere e la pena minima.

Claudio Pedrazzini (al centro) assieme alle sorelle Luciana e Floriana oggi in tribunale

Infine, l’avvocato Naima Marconi, che rappresenta il fratello di Giuseppe Pedrazzini, Claudio, costituitosi parte civile, ha depositato una memoria in cui chiede un risarcimento di 102 mila euro per danno da morte parentale.

L’eventuale replica del pubblico ministero e il pronunciamento della sentenza da parte del dottor Rat sono previste per giovedì prossimo, 28 settembre