Eccomi qua, ci sono ancora e so che mi leggerete anche se siete in vacanza.
Oggi vi voglio raccontare di questo borgo. Sì, all’inizio Castelnovo era formato da tante borgate: cominciava con la Montadella che poi erano due case staccate dal paese, Bagnolo e Bagnolo di sopra, poi continuava con la Sarzassa, la Maestà, infine Castelnovo centro con le sue piazze, poi continuava col Buio, Rovina di sopra e di sotto, infine Fontanaguidia, poi naturalmente a far da corona, il Monte e Casalino, Casa di Guerra e un po’ staccato il Tavernello.
Vi racconto di Bagnolo che era la parte del paese più frequentata da noi abitanti della Pietra, era la più vicina e ora vi spiego perché
si chiamava proprio con quel nome.
In cima alla salita che uscendo dal paese va verso Reggio, c’era e
tutt’ora c’è il bivio che porta alla Pieve e dalla parte opposta al cimitero. Lì esisteva una grande fontana e questa l’ho nominata altre volte, “forse il primo acquedotto del paese” chiamata l’Arbiaccio, lì c’erano tre grossi tubi di ferro che fuoruscivano dalla muratura stile “Liberty” fatta con una certa parvenza di signorilità, che buttavano acqua notte e giorno e in grande quantità.
Quest’acqua fuorusciva dal misero abbeveratoio, troppo piccolo per il getto continuo che usciva dai tubi. Una parte di questa era stata incanalata verso i Piani della Pieve, ma non bastava, perciò la maggior parte scendeva formando un torrentello verso Bagnolo e proseguiva nel Dorgola.
Quando in primavera si scioglievano le nevi la piena del torrente si riversava verso l’inizio del paese allagandolo “bagnandolo” e da qui nacque il nome di Bagnolo e i suoi abitanti presero il soprannome di “ranai”, forse perché camminavano nelle pozzanghere, poi prosciugate incanalando l’acqua in grosse cisterne o forse perché si cibavano di rane che in quell’acqua abbondavano.
Hai capito Mirella, perché Guido diceva: “Iò spusà na ranaia” Ho sposato una ranaia.
Torniamo a me bambina che scendevo in paese, allora i bimbi non venivano accompagnati. Lì proprio all’inizio del paese c’erano le scuole elementari nel palazzo ora chiamato polivalente e al piano superiore c’erano le commerciali. Lì di fronte c’era il palazzo degli “Argentini” ora Marconi, ancora da ristrutturare, il bombardamento l’aveva semidistrutto e dove c’erano le stalle i fratelli Benassi avevano aperto la loro falegnameria.
Quella prima parte del borgo era stata colpita dalle bombe come l’ospedale e c’erano stati morti e feriti. Io però voglio raccontare del dopoguerra, quando i Castelnovini cominciavano a rialzare la testa e a ricostruire.
A Bagnolo abitavano tante famiglie e che io sappia non ci sono mai stati litigi o rancori fra di loro e lì io mi sono fatta le prime amicizie poi durate nel tempo. Io che abitavo in una casupola solitaria dovevo scendere in paese per giocare e scambiare pensieri con altri bimbi e a Bagnolo ce n’erano tanti.
Le mie amiche del cuore, Vanna, Mirella, Miranda e la dolce e indimenticabile Marina che se ne è andata troppo presto. Tutti i Barozzi, l’Angiolina, la Lisa la Chica un mucchio di fratelli e cugini che abitavano di là dal “voltone” dove sotto c’era un pozzo, poi nel palazzo Ducale, oltre alla Marina c’erano Roberto Battistessa e sotto l’Antonietta del Rio.
Spostati sulla destra, abitavano Francesco da voi conosciuto come
“Scassa” e suo fratello Luciano le signorinelle Violi, Tea ed Edda la
Nella Santi, l’Ines che si tirava sempre dietro Rolando, allora i bimbi più grandi dovevano occuparsi dei più piccoli, in questo caso si trattava del nipotino.
Poi con affetto ricordo Bruno figlio del casaro che si chiamava Daniele e molti altri che mi perdoneranno se non li ho nominati. Naturalmente in quel periodo di rilassamento sono arrivate nuove vite a rallegrare il borgo e qui devo ricordare la Carmen e Carlo loro erano i piccoli.
Naturalmente c’erano anche i bambini più riservati, perché figli di signori, quelli li frequentavo meno, ma ciò non toglie che loro siano sempre stati molto carini con me, come la Paola Agostini o la Paola Galli, poi quando tornavo a casa dietro la rete dell’ospedale trovavo Stefania e Lorenza Marconi, che mi invitavano ad entrare per giocare con loro, in quel periodo abitavano ancora nella villetta dell’ospedale, ma io chissà perché, forse mi facevano soggezione, mi fermavo solo qualche minuto senza entrare.
Ancora adesso, Stefania mi dice: “Ma perché non volevi giocare con me, io poi mi lamentavo con mia madre e lei mi rispondeva”. “Ma lasa clà vaga” ma lasciala andare.
Crescendo poi sono riuscita a superare questo senso di inferiorità che mi prendeva e siamo diventate ottime amiche, da bambini si vedono le cose in modo diverso.
Torniamo a Bagnolo al mio Bagnolo quello che ho conosciuto io. Allora non ci pensavamo, ma era la parte più importante di Castelnovo, lì c’erano l’ospedale, le scuole, il municipio, il palazzo Ducale, il comando dei carabinieri, il garage delle corriere, l’albergo Tre Re, la Locanda Farinelli ora “Cines” dal nome del figlio che l’ha mandata avanti.
Poi i negozi, gli alimentari degli Zurli, il forno dei Corbelli, la frutta e verdura di “Zvanìn” Baroncini e sua moglie Ines, la macelleria era un borgo completo e lassù in alto la Pieve questa antica chiesa che ci ha visti battezzare, sposare e alla fine ci accompagnerà nell’ultimo viaggio.
Quando la stagione era bella le donne si sedevano sulle panche di marmo davanti al municipio, si portavano dietro il lavoro (la scapinella o la calza o chi faceva asole a una camicia ecc) così non
perdevano tempo e si sentivano delle gran risate uscire dal gruppo, mentre i bambini giocavano nel giardino Ducale lì di fronte. Intanto la gente che passava di lì si fermava a scambiare
quattro parole.
Mai nessun attrito, andavano tutti d’accordo, sembrava una grande famiglia. Quelle panche poi la domenica mattina erano occupate dalle ragazzine che guardavano la sfilata dei signori che si recavano a messa delle undici alla Pieve, loro c’erano già state.
Allora nessuno aveva a disposizione una macchina e quella diventava una vera e propria sfilata di eleganza, scarpe e vestiti all’ultima moda, la più ammirata era la Mirella Capanni figlia della signora Mary.
Col suo portamento altero sopra un tacco da dieci sembrava un’indossatrice.
La gente aveva più tempo o se lo prendeva, erano persone disponibili, erano fatti così i nostri vecchi e ora che siamo noi i vecchi stiamo rintanati in casa per paura, ma di chi? Di che cosa?Parliamo troppo poco, quando lo facciamo abbiamo paura di sbagliare.
Forza usciamo, facciamo vedere che ci siamo ancora e abbiamo ancora voglia di vivere. Al limite se deve succedere l’irreparabile succede anche se siamo in casa imbevuti di notizie false ascoltate in televisione, mettiamoci a sedere al fresco in quel bel giardinetto in centro sotto quella bella fontana, oppure in piazza davanti a qualche bar, un gelato ce lo meritiamo anche noi, oppure proprio a Bagnolo in quel giardinetto che non è proprietà esclusiva dei bambini, anzi vecchi e bambini sono sempre stati bene assieme.
Sì lo so c’è il centro sociale, ma non va bene a tutti ed è molto distante, in un posto arido bruciato dal sole poi non a tutti va di ballare, c’è anche chi vuol solo parlare, col suono della musica non è facile siamo tutti un po’ sordi.
Poi in estate cosa ci sarebbe di più bello che stare fuori all’aperto? Usciamo fin che è estate non stiamo a guardare da dietro i vetri. Non volete dare problemi ai figli? Perché loro non ce ne hanno mai dati? State rintanati per aspettare cosa, tanto “quella” arriva anche senza aspettarla!!
Elda Zannini
E’ una pennellata molto gradevole, e della quale non può sfuggire la maestria, e che ci consegna un accurato quadro del passato, per non dire una sequenza fotografica, tra luoghi, persone, abitudini, atteggiamenti, e che per me trasuda di vitalità, amore per il proprio paese, e le sue abitudini di una volta (ed esprime altresì un sentimento o tratto identitario, ma qui mi fermo perché è soltanto una mia impressione, nel senso che potrei sbagliarmi nell’interpretare lo stato d’animo dell’Autrice).
P.B. 10.08.2023
P.B.
Elda: grande donna! Ho vissuto in parte nel passato alcune piccole esperienze nel luogo delle ” ranaie”. Piccole cose,perché la mamma originale di Castelnuovo ne’Monti.. Casa di guerra mi ci portava per fare la spesa e io vedevo gruppi di bambine e di ragazze parlare e ridere e scherzare con cucito e “scapinella” in mano.Ogni tanto le immagini belle del passato mi tornano in mente nella speranza di poterle rivivere ma adesso è tutto cambiati ma spero che il buon Dio non mi cancelli la memoria perché un passato così bello dove tutti erano una grande famiglia e tutti sapevano di tutti è vero però c’erano nel male ma anche nel bene ed eri felice con poco…grazie Elda!
Mariapia Corsi
grazie infinite e a P.B dico, mio padre faceva il marangone
e di me diceva: sotto la scorza c’è il legno buono, grazie ancora. Elda
Elda Zannini